- 4426 views
Abstract: In its decision of 9 September 2015 in case C-4/14, Bohez v. Wiertz, the CJEU dealt with the enforcement in a Member State of a penalty payment (astreinte) imposed, under Regulation (EC) 2201/2003 on jurisdiction and the recognition and enforcement of judgments in matrimonial matters and the matters of parental responsibility (Brussels IIa), by a judge of another Member State to the parent who holds the right to custody of children to ensure compliance with the rights of access granted to the other parent. Such an issue is very controversial because Brussels IIa Regulation does not include a provision equivalent to that enshrined in Art. 55 of the Brussels Ia Regulation. The CJEU held that a penalty payment imposed by a judgment concerning the right of access must be considered together with the right that it aims to protect and from which it cannot be dissociated. Accordingly, its recovery is part of the same scheme of enforcement as the judgment concerning the rights of access that the penalty safeguards. However, the amount of a periodic penalty payment can be enforced in another State only if its amount has been finally determined by the courts of the Member State of origin. This finding reveals to be hardly reconciled with the legal regime of the astreintes in some of the Member States, among which Italy.
Keywords: Brussels IIa Regulation – parental responsibility – right of access – penalties – enforcement.
I. La rilevanza delle astreintes in materia familiare e il problema della loro circolazione nello spazio giudiziario europeo
Con la decisione del 9 settembre 2015 nella causa C-4/14, Bohez v. Wiertz (Bohez), la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) si è pronunciata sull’esecuzione di una decisione sul diritto di visita ai figli che prevedeva la condanna al pagamento di una penalità in caso di inosservanza, da parte del coniuge affidatario (rectius: collocatario), dell’obbligo di collaborare all’attuazione di tale diritto.[1] La decisione affronta il tema della circolazione transfrontaliera delle astreintes nell’ambito del diritto di famiglia e dunque del regolamento (CE) 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) 1347/2000 (c.d. regolamento Bruxelles II-bis).[2]
Queste misure sono mutuate dal modello giurisprudenziale francese e costituiscono forme di coercizione all’adempimento, in quanto consentono, attraverso la minaccia di sanzioni di carattere pecuniario, di esercitare una pressione finanziaria sul debitore affinché egli proceda volontariamente all’esecuzione di una determinata obbligazione.[3] In altre parole, l’obiettivo di tale provvedimento è quello di vincere l’eventuale resistenza del debitore e di indurlo ad adempiere la propria prestazione. Si parla generalmente di misura di esecuzione indiretta e accessoria, in quanto il pagamento dell’astreinte non libera il debitore dall’adempimento dell’obbligazione principale.[4]
Il tema si rivela particolarmente interessante con riferimento all’attuazione dei provvedimenti relativi al diritto di visita del genitore non affidatario,[5] in quanto gli ordinamenti nazionali non sempre conoscono delle forme processuali adeguate per assicurare l’effettività della tutela in materia di affidamento dei minori a fronte delle – ahimè frequenti – inottemperanze da parte dei genitori.[6] Si tratta infatti di una materia particolarmente delicata, che non si attaglia facilmente alle tradizionali forme di esecuzione coattiva, specialmente in considerazione dell’obiettivo di perseguire – anche nella fase di esecuzione e attuazione dei provvedimenti – l’interesse superiore del minore[7] e dell’impossibilità di trattare quest’ultimo come semplice oggetto della pretesa creditoria forzata. Il carattere infungibile di queste obbligazioni rende infatti le forme di esecuzione diretta spesso inidonee ed inefficaci in assenza della cooperazione da parte del genitore obbligato.[8]
L’importanza delle astreintes al fine di assicurare il rispetto dei provvedimenti adottati in materia familiare è dunque evidente.[9] Il regolamento 2201/2003 non contiene, tuttavia, alcuna disposizione relativamente alla loro esecuzione transfrontaliera. Di tali misure si occupa invece il regime di “Bruxelles I” (dalla convenzione di Bruxelles del 1968 sino al regolamento (CE) 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, c.d. Bruxelles I, e poi al nuovo regolamento (UE) 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, c.d. Bruxelles I-bis)[10] con riferimento alla circolazione delle decisioni che ordinano il pagamento di una penale in materia civile e commerciale.[11] L’art. 55 del regolamento Bruxelles I-bis, però, al pari della disposizione precedente contenuta nel vecchio regolamento, non si occupa della procedura relativa all’adozione di tali misure né delle modalità della loro liquidazione, dovendosi al riguardo rinviare alle legislazioni nazionali. Tale rinvio, peraltro, si rivela molto problematico a causa delle disparità esistenti tra gli Stati membri,[12] le quali invitano ad interrogarsi sulla necessità di un intervento legislativo europeo di armonizzazione in materia.
II. La circolazione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale nel regolamento Bruxelles II-bis: brevi cenni
Ai sensi dell’art. 21 del regolamento 2201/2003, le decisioni in materia di responsabilità genitoriale sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.[13] Per procedere all’esecuzione, ovvero per ottenere il riconoscimento in caso di contestazione, è invece previsto un procedimento di natura monitoria volto ad ottenere nello Stato membro richiesto la dichiarazione di esecutività (c.d. exequatur).[14] Tale procedimento è solo parzialmente disciplinato dagli artt. 29-36 del regolamento, ragion per cui deve farsi ampio riferimento agli ordinamenti nazionali.[15]
Al contrario, per i provvedimenti sul diritto di visita e per alcuni provvedimenti che prescrivono il ritorno del minore[16] è stato introdotto un regime di esecuzione semplificato, che si basa sul principio della fiducia reciproca e realizza uno degli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Tampere nel 1999. Gli artt. 40 e 41 del regolamento prevedono infatti che queste decisioni sono eseguite negli altri Stati membri senza la previa dichiarazione di esecutività,[17] dopo essere state munite di un certificato da parte dell’autorità di origine, volto a garantire il rispetto di alcune garanzie procedurali: in particolare, che (i) tutte le parti interessate abbiano avuto la possibilità di essere ascoltate e che (ii) il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione non sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità.[18] Per le decisioni sul diritto di visita è poi previsto un controllo ulteriore circa il fatto che la domanda giudiziale sia stata notificata al convenuto contumace in tempo utile per fargli presentare le proprie difese ovvero, in alternativa, che questi abbia accettato la decisione inequivocabilmente. Di conseguenza, come chiarisce il considerando n. 24, il rilascio di tale certificato nello Stato membro d’origine è riconosciuto e automaticamente dotato di efficacia esecutiva in un altro Stato membro senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento.[19]
Questa differenza di trattamento tra le decisioni in materia di responsabilità genitoriale e quelle che si occupano invece del diritto di visita e in alcuni casi del ritorno del minore sarà una delle questioni su cui si concentrerà la futura opera di revisione del regolamento 2201/2003.[20] Sembra però difficile che possa giungersi ad una completa abolizione dell’exequatur, vista la necessità di mantenere in questo settore alcune garanzie procedurali a difesa dei diritti dei minori e considerato che già oggi tale abolizione non viene sempre applicata nella prassi nei limitati settori in cui già prevista.[21]
Discorso diverso merita invece il procedimento di esecuzione vero e proprio, che ai sensi dell’art. 47 è disciplinato dalla legge dello Stato membro di esecuzione. Al riguardo il par. 2 stabilisce che le decisioni sul diritto di visita munite di certificato sono eseguite alle stesse condizioni che si applicherebbero per le decisioni nazionali. Considerate le notevoli differenze esistenti tra i diritti nazionali, ciò comporta delle difficoltà rispetto all’obiettivo di garantire un’esecuzione efficace e rapida delle decisioni sulla responsabilità genitoriale.[22] Proprio per questo la Corte di giustizia ha ribadito che l’applicazione delle norme nazionali non può in alcun modo compromettere l’effetto utile del regolamento.[23]
III. La decisione della Corte di giustizia nel caso Bohez
Su questi temi si è recentemente pronunciata la Corte di giustizia, in relazione all’esecuzione di una decisione emessa dal tribunal de première instance belga in materia di affidamento, residenza, visita e mantenimento dei figli.[24] In particolare, tale decisione conteneva una penalità volta a garantire che il diritto di visita del padre venisse “rispettato” dalla madre, fissata in 1.000 euro al giorno per ciascun figlio, per un importo massimo di 25.000 euro.[25]
A seguito degli inadempimenti della moglie, il sig. Bohez agiva dinanzi ai giudici finlandesi chiedendo la condanna della sig.ra Wiertz (nel frattempo trasferitasi con i figli in Finlandia) a versargli la penalità stabilita, ovvero che la condanna del giudice belga fosse dichiarata esecutiva in Finlandia. Sia il giudice di primo grado sia la Corte di appello di Helsinki, seppure su basi differenti, dichiaravano la domanda irricevibile. Nel successivo giudizio davanti alla Corte Suprema, quest’ultima sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte di giustizia dell’Unione europea alcune interessanti questioni pregiudiziali.
La prima questione era volta a determinare se l’esecuzione di una penalità comminata in una decisione relativa al diritto all’affidamento e al diritto di visita dei minori, diretta a garantire il rispetto di tale diritto, rientrasse nel regolamento 44/2001 ovvero nel regolamento 2201/2003.
La giurisprudenza della Corte sulla determinazione dell’ambito di applicazione del regolamento 44/2001 e in particolare sulla nozione di “materia civile e commerciale” è ormai consolidata. La Corte si era pronunciata con riferimento ai provvedimenti cautelari già in tempi risalenti, affermando che l’appartenenza all’ambito di applicazione del regolamento non è determinata dalla natura di tali provvedimenti, ma dalla natura dei diritti che essi devono tutelare.[26] Tale principio è stato poi sviluppato al di fuori della materia cautelare, nel senso che l’ambito di applicazione del regolamento è determinato in ragione degli elementi che caratterizzano la natura dei rapporti giuridici in causa o l’oggetto della lite.[27]
Pertanto, in considerazione del carattere accessorio della penalità, nel caso di specie non potevano sorgere dubbi sul fatto che il diritto soggettivo per la cui violazione essa era stata disposta fosse strettamente connesso all’esercizio del diritto di visita accordato al padre, ovvero alla salvaguardia di un diritto che rientra nell’ambito di applicazione del regolamento 2201/2003.[28]
In secondo luogo, il giudice del rinvio chiedeva se la riscossione di una tale penalità rientrasse nell’ambito del processo di esecuzione della decisione sul diritto di visita, che come abbiamo visto nel paragrafo precedente è disciplinato – ai sensi dell’art. 47 del regolamento 2201/2003 – dal diritto nazionale (nel caso di specie quello finlandese), ovvero se la penalità dovesse essere dichiarata esecutiva secondo il regime previsto dall’art. 28 (attraverso la dichiarazione di esecutività) e, con riguardo alle decisioni relative al diritto di visita e al ritorno del minore nei casi di sottrazione, dell’art. 41 dello stesso regolamento (esecuzione diretta della decisione).[29]
Anche in questo caso il ragionamento della Corte è convincente. Nonostante il regolamento 2201/2003 non contenga alcuna norma sulla circolazione delle penalità, è infatti evidente che il principio dell’effet utile impone di trovare una loro collocazione all’interno del regolamento, in quanto tali misure sono indissociabili dal diritto di visita di cui garantiscono la salvaguardia.[30] Ne consegue pertanto che il loro regime di esecuzione deve essere analogo a quello previsto per il diritto di visita ai sensi dell’art. 41 del regolamento 2201/2003. In questo ambito, il rinvio al diritto nazionale operato dall’art. 47 consentirebbe al giudice dello Stato richiesto di valutare in modo autonomo le circostanze del caso alla base del provvedimento, in violazione di un principio fondamentale su cui si basa il regime uniforme di esecuzione: il divieto di riesame del merito.[31]
L’aspetto più interessante della decisione riguarda senza dubbio la terza questione, con la quale il giudice finlandese chiedeva se i provvedimenti che dispongono il pagamento di una penalità possano essere considerati esecutivi nello Stato membro richiesto solo se la misura di quest’ultima sia stata definitivamente fissata dai giudici dello Stato membro di origine.[32] Tale condizione è infatti richiesta dall’art. 55 del regolamento 1215/2012 che, al netto di alcune modifiche formali, presenta la stessa restrizione già prevista dalla convenzione di Bruxelles e dal regolamento 44/2001.[33] L’abolizione dell’exequatur realizzata dal nuovo regolamento non sembra infatti aver inciso in alcun modo sulla questione, in quanto la liquidazione dell’ammontare non attiene al momento in cui viene richiesta l’esecuzione, ma al momento in cui la misura diviene esecutiva nello Stato membro di origine.
Per contro, il regolamento 2201/2003 non contiene alcuna disposizione analoga a quella da ultimo citata. Tuttavia, la Corte riconosce il carattere sensibile che contraddistingue la materia familiare ed in particolare il diritto di visita e giunge così ad affermare che la mancanza di un tale requisito consentirebbe al giudice dello Stato richiesto di intervenire nella determinazione dell’importo finale che deve essere versato dalla persona che aveva il minore in affidamento e soprattutto nella valutazione dei motivi delle inadempienze alla base della penalità. Se ne deduce dunque che il controllo sugli eventuali inadempimenti commessi dal soggetto cui è stato affidato il minore può essere svolto esclusivamente dall’autorità giurisdizionale dello Stato di origine che ha emesso la decisione sul diritto di visita.[34]
IV. I problemi relativi alla liquidazione delle astreintes negli ordinamenti nazionali: l’esempio italiano
Secondo il ragionamento della Corte di giustizia, la necessità che l’ammontare della misura sia definitivamente fissato nello Stato di origine implica che tale liquidazione debba essere compiuta da una autorità giurisdizionale.[35] È dunque possibile constatare che il modello preso in considerazione dal legislatore dell’Unione, nella materia civile e commerciale, e dalla Corte di giustizia, in materia familiare, non coincide necessariamente con le misure previste dai singoli ordinamenti nazionali, alcuni dei quali non richiedono che l’ammontare della sanzione pecuniaria sia fissata al momento in cui viene emesso il provvedimento (si pensi, ad esempio, all’astreinte provisoire francese).
Alla luce di questa giurisprudenza, gli aspetti relativi alla liquidazione delle astreintes negli ordinamenti nazionali sono certamente quelli che sollevano le difficoltà maggiori, specialmente in una materia delicata come quella familiare e in cui gli strumenti di tutela esecutiva indiretta si rivelano particolarmente importanti. Proprio per evidenziare tali difficoltà vale la pena svolgere alcune considerazioni con riferimento all’ordinamento italiano: l’istituto introdotto all’art. 614-bis c.p.c. ad opera della legge di riforma del processo civile n. 69 del 18 giugno 2009, e poi recentemente modificato con la legge n. 132 del 6 agosto 2015,[36] costituisce infatti un evidente esempio delle problematiche sopra accennate.
La norma, certamente applicabile anche alle controversie in materia di famiglia,[37] prevede che, con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, il giudice può fissare – su richiesta di parte – la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento.[38] Tale provvedimento costituisce titolo esecutivo idoneo per l’esecuzione forzata. Se ne ricava dunque che l’ammontare complessivo dovuto non viene liquidato dal giudice, ma è fissato autonomamente dal creditore nell’atto di precetto sulla base dei parametri fissati dall’autorità giurisdizionale e dunque di un calcolo matematico di moltiplicazione di tali parametri per le unità di inadempimento o ritardo. In altre parole, la liquidazione avviene unilateralmente alla luce di un’autovalutazione circa la sussistenza dei presupposti della nascita dell’obbligo di corrispondere le somme, ovvero la violazione del comando giudiziale.[39]
Di conseguenza, esclusa la possibilità che la liquidazione della somma totale dovuta possa essere richiesta al giudice dell’esecuzione dello Stato richiesto, si dovrebbe concludere che il meccanismo di cui all’art. 614-bis c.p.c., in linea di principio, non preveda la possibilità di ottenere l’esecuzione in un altro Stato membro ai sensi del regime semplificato di circolazione previsto dai regolamenti Bruxelles I-bis e II-bis.[40] Infatti, se così non fosse e l’ammontare della penalità potesse essere ricavato attraverso un mero calcolo matematico o in ogni caso seguendo le indicazioni contenute nel provvedimento, in assenza di un controllo da parte dell’autorità giurisdizionale, ciò si porrebbe in contrasto con la pronuncia della Corte di giustizia sopra illustrata. In particolare, si verrebbe a creare un’evidente violazione del principio della certezza del diritto e dei diritti di difesa del convenuto.[41]
Ciononostante, con riguardo alla materia civile e commerciale alcuni autori pongono l’accento sul fatto che, a seguito della violazione del comando giudiziale, il provvedimento diviene una “mera condanna pecuniaria da usare come titolo esecutivo” e sostengono che le misure pronunciate ex art. 614-bis c.p.c. possono circolare anche in assenza del requisito della definitiva quantificazione giudiziale. In particolare, ciò sarebbe possibile solo nel caso in cui il diritto processuale dello Stato richiesto preveda un atto assimilabile al precetto, ovvero un momento anteriore a quello dell’esecuzione propriamente intesa in cui consentire al creditore di quantificare la somma dovutagli.[42]
Tale interpretazione è certamente condivisibile negli intenti alla luce delle perplessità sopra accennate circa la possibilità e l’opportunità – anche e soprattutto nell’interesse del minore – di ottenere l’esecuzione coattiva diretta delle decisioni in materie di responsabilità genitoriale. Essa però non sembra trovare un riscontro nell’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, che ha affermato in modo chiaro la necessità che il controllo degli inadempimenti dedotti dal titolare del diritto di visita sia compiuto dal giudice dello Stato di origine, al quale compete altresì la liquidazione definitiva della penalità. Per ovviare a tale problema, la soluzione più efficace sembra essere quella di ricorrere agli strumenti di coercizione indiretta contemplati nello Stato membro richiesto, dove deve essere attuata l’obbligazione o dove è abitualmente residente la persona obbligata.[43] Ad esempio, con riguardo ad una decisione francese sul diritto di visita da eseguirsi nei confronti del genitore affidatario residente in Italia, la parte interessata potrebbe richiedere una misura coercitiva indiretta al giudice italiano, di modo che in caso di inadempimento egli potrebbe iniziare l’esecuzione subito dopo la notifica del precetto, senza dover coinvolgere in alcun modo l’autorità giurisdizionale di origine che ha emesso la decisione sul diritto di visita.[44]
Da ultimo, vale la pena sottolineare che, indipendentemente dalla possibilità che i provvedimenti emessi dai giudici italiani ex art. 614-bis c.p.c. possano circolare in altri Stati membri ai sensi del regolamento 2201/2203, possibilità che nonostante l’interpretazione di parte della dottrina pare debba essere per il momento esclusa, una questione affatto diversa è quella del riconoscimento in Italia di astreintes pronunciate in altri Stati membri. Una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha infatti affermato la compatibilità di un’astreinte emanata in Belgio con l’ordine pubblico italiano.[45] In particolare, merita di essere segnalata l’affermazione della Corte, secondo cui l’astreinte tutela il diritto del creditore alla prestazione principale e dunque mira ad assicurare il rispetto di fondamentali e condivisi principi, quali il giusto processo civile e l’effettività della tutela giurisdizionale.[46]
--------------------
European Papers, Vol. 1, 2016, No 2, European Forum, Insight of 10 June 2016, pp. 679-689
ISSN 2499-8249 - doi: 10.15166/2499-8249/42
* Dottorando di ricerca in International Law and Economics, Università Commerciale “Luigi Bocconi”, nicolo.nisi@phd.unibocconi.it.
[1] Per un primo commento della decisione v. E. di Napoli, La circolazione in Europa delle decisioni che prevedono una penalità (astreintes): uno sguardo al caso italiano, in Immigrazione.it, 1° novembre 2015.
[2] Per un’analisi della giurisprudenza della Corte di giustizia su tale regolamento, v. A. Dutta, A. Schulz, First Cornerstones of the EU Rules on Cross-Border Child Cases: The Jurisprudence of the Court of Justice of the European Union on the Brussels IIa Regulation From C to Health Service Executive, in Journal of Private International Law, 2014, p. 1 et seq.
[3] In chiave storica, v. S. Chiarloni, Misure coercitive e tutela dei diritti, Milano: Giuffrè, 1980.
[4] Corte europea dei diritti umani, sentenza del 25 gennaio 2000, n. 31679/96, Ignaccolo - Zenide c. Romania, par. 111, parla di “an indirect and exceptional method of execution”.
[5] Sulla disciplina europea del diritto di visita, v. L. Carpaneto, Il diritto di visita nel diritto dell’Unione europea, in F. Preite (a cura di), Atti notarili. Diritto comunitario e internazionale, Milano: Utet Giuridica, 2011, p. 85 et seq.; M.C. Baruffi, Il diritto di visita nel diritto internazionale privato e comunitario, Padova: CEDAM, 2005, p. 133 et seq.; E.M. Magrone, La disciplina del diritto di visita nel regolamento (CE) n. 2201/2003, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2005, p. 339 et seq.
[6] In un’ottica comparatistica, v. T.M.C. Asser Institut, Comparative Study on Enforcement Procedures of Family Rights, JLS/C4/2005/06, Synthesis report, The Hague, 19 Dicembre 2007, p. 11 et seq.
[7] Su tale principio, v. recentemente O. Lopes Pegna, L’interesse superiore del minore nel regolamento n. 2201/2003, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2013, p. 357 et seq.
[8] In questo senso A. Graziosi, M. Scarpa, L’esecuzione forzata dei provvedimenti riguardanti i figli minori, in M. Sesta, A. Arceri (a cura di), L’affidamento dei figli nella crisi della famiglia, Torino: Utet Giuridica, 2014, p. 936 et seq. Discorso diverso vale invece per il caso in cui sia il minore a rifiutarsi di seguire il genitore affidatario o titolare del diritto di visita: cfr. M.C. Baruffi, Osservazioni sul regolamento Bruxelles II-bis, in S. Bariatti (a cura di), La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, Milano: Giuffrè, 2007, p. 211.
[9] Si pensi ad esempio alla sezione 110 della legge austriaca sui procedimenti non contenziosi (Außerstreitgesetz), che esclude la possibilità di ricorrere agli strumenti tradizionali previsti in materia di esecuzione e rinvia espressamente alla sezione 79, par. 2, per l’utilizzo di misure coercitive quali ad esempio “Geldstrafen, auch um vertretbare Handlungen zu erzwingen”. In particolare, per quanto riguarda le decisioni relative al diritto di visita, non sono previsti mezzi di esecuzione diretta: cfr. Comparative study on enforcement procedures of family rights, cit., Annex 5, National Report Austria.
[10] Sulle novità contenute nel nuovo regolamento si rinvia a A. Malatesta (a cura di), La riforma del regolamento Bruxelles I, Milano: Giuffrè, 2016.
[11] Come dimostrano le sentenze della Corte di giustizia del 12 aprile 2011, causa C-235/09, DHL Express France SAS, e del 18 ottobre 2011, causa C-406/09, Realchemie Nederland BV, tali misure si rivelano particolarmente importanti in materia di proprietà industriale, al fine di rafforzare le inibitorie “di merito” di una contraffazione: tra molti, v. M. Ricolfi, Le misure compulsorie, in L. Nivarra (a cura di), L’enforcement dei diritti di proprietà intellettuale. Profili sostanziali e processuali, Milano: Giuffrè, 2005, p. 91 et seq.
[12] In un’ottica comparatistica, v. P. Pucciariello, G. Fanelli, L’esperienza straniera dell’esecuzione forzata indiretta, in B. Capponi (a cura di), L’esecuzione processuale indiretta, Milano: Ipsoa, 2011, p. 43 et seq.
[13] Sul funzionamento di queste norme, v. Commissione europea, Guida pratica all’applicazione del regolamento Bruxelles II-bis, 2014, p. 40 et seq.
[14] Sul punto v. D. McClean, Art. 28, in U. Magnus, P. Mankowski (eds), Brussels IIbis Regulation, Munich: Sellier, 2012, p. 293 et seq.; T. Rauscher, Art. 28, in T. Rauscher (Hrsg.), Europäisches Zivilprozess-und Kollisionsrecht: Brüssel IIa-VO, 4., München: Otto Schmidt, 2015, p. 298 et seq.
[15] Sulle difficoltà sollevate da tale regime di esecuzione, v. Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo concernente l’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, COM(2014) 225 final, 15 aprile 2014, pp. 9-11.
[16] Le decisioni che impongono il ritorno di un minore sono immediatamente esecutive solo se successive ad un provvedimento che nega il ritorno sulla base dell’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Al riguardo v. C. Honorati, La prassi italiana sul ritorno del minore sottratto ai sensi dell’art. 11 par. 8 del regolamento Bruxelles II-bis, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2015, p. 275 et seq.
[17] Come sottolineato da G. Biagioni, Il nuovo regolamento comunitario sulla giurisdizione e sull’efficacia delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità dei genitori, in Rivista di diritto internazionale, 2004, p. 1030, la parziale soppressione dell’exequatur è probabilmente l’aspetto più innovativo del regolamento.
[18] Cfr. U. Magnus, Art. 41, in U. Magnus, P. Mankowski (eds), Brussels IIbis Regulation, cit., p. 353 et seq.
[19] Cfr. Corte di giustizia, sentenza del 22 dicembre 2010, C-491/10 PPU, Aguirre Zarraga, par. 48.
[20] Così T. Kruger, L. Samyn, Brussels II bis: Successes and Suggested Improvements, in Journal of Private International Law, 2015, p. 160. Per una sintesi dei problemi emersi nella prassi, v. T. Rauscher, Art. 40, in T. Rauscher (Hrsg.), Europäisches Zivilprozess-und Kollisionsrecht: Brüssel IIa-VO, cit., p. 330 et seq.
[21] Cfr. Commissione europea, Study on the assessment of Regulation (EC) No 2201/2003 and the policy options for its amendment, Final Report, Analytical annexes, maggio 2015, p. 75.
[22] Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo concernente l’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, cit., p. 15 et seq.
[23] Corte di giustizia, sentenza dell’11 luglio 2008, C-195/08 PPU, Inga Rinau, par. 82.
[24] La decisione non precisa su quale norma il giudice belga abbia fondato la propria competenza in materia di responsabilità genitoriale. Considerato che i minori risiedevano in Finlandia con la madre, l’unica norma che potrebbe venire in rilievo sembra essere l’art. 12 del regolamento, ai sensi del quale, a determinate condizioni, le autorità dello Stato in cui viene esercitata la competenza sulle domande di divorzio sono competenti anche per quelle relative alla responsabilità genitoriale. Nel caso di specie, però, sorgono dei dubbi poiché il procedimento sul divorzio si era già concluso due anni prima e non viene fatto alcun cenno all’accettazione della competenza del giudice belga da parte della sig.ra Wiertz.
[25] Sull’ammissibilità di tali provvedimenti a fronte della mancata osservanza delle decisioni in materia di affidamento e diritto di visita, v. Corte di giustizia del Benelux, sentenza del 11 maggio 1982, n. A 81/3, in Benelux Gerechtshof. Jurisprudentie, 1981-82, p. 1 et seq. In generale, sulle misure coercitive previste dal diritto processuale belga, v. M. Storme, L’astreinte nel diritto belga: sei anni di applicazione, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1986, p. 602 et seq.; M. Vitali, L’introduzione delle astreintes in Belgio, in Rivista di diritto processuale, 1983, p. 272 et seq.
[26] Corte di giustizia, sentenza del 27 marzo 1979, causa 143/78, de Cavel I, par. 8; Corte di giustizia sentenza del 17 novembre 1998, causa C-391/95, Van Uden, par. 33. Sul punto v. meglio A. Layton, H. Mercer (eds), European Civil Practice, London: Sweet & Maxwell, 2004, par. 23.022.
[27] Tra le sentenze più recenti, v. Corte di giustizia, sentenza del 18 maggio 2006, causa C-343/04, ČEZ, par. 22; Corte di giustizia, sentenza del 15 febbraio 2007, causa C-292/05, Lechouritou, par. 30; Corte di giustizia sentenza del 20 aprile 2007, causa 420/07, Apostolides, par. 42; Realchemie Nederland BV, cit., par. 39.
[28] Bohez, cit., par. 39.
[29] Sul funzionamenti di tali procedure, v. Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo concernente l’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003, cit., p. 10 et seq.
[30] Bohez, cit., par. 49.
[31] Bohez, cit., par. 52. Al riguardo v. art. 26 del regolamento 2201/2003.
[32] Ai sensi dell’art. 1385-quater del codice di procedura civile belga, il beneficiario della penalità non è tenuto a chiedere al giudice di fissare l’importo definitivo di quest’ultima prima di procedere all’esecuzione della stessa. In dottrina, è considerato pacifico che la “definitività” sia da riferire al quantum liquidato e non alla stabilità della decisione: v. H. Gaudemet-Tallon, Compétence et exécution des jugements en Europe, Issy-les-Moulineaux: LGDJ, 2015, p. 597 et seq.; J. Fitchen, The Enforcement of Penalty Provisions in Member State Judgments (Art 55), in A. Dickinson, E. Lein (eds), The Brussels I Regulation Recast, Oxford: Oxford University Press, 2015, p. 512 et seq. Contra v. invece Oberlandesgericht Naumburg, sentenza del 3 agosto 2007, n. 6 W 74/07, in Zeitschrift für Rechtsentwicklung und Rechtsprechung, 2007, p. 557.
[33] Su questi problemi, per tutti v. E. Guinchard, Nécessité et possibilité d’une astreinte européenne dans l’espace judiciaire civil, in Droit et procédures, Mars 2010, suppl. Droit des procédures internationales, p. 2 et seq. Il nuovo regolamento non ha recepito la proposta della Commissione circa l’estensione del regime di libera circolazione delle decisioni anche a quelle misure il cui ammontare non fosse ancora stato definitivamente fissato dal giudice di origine: cfr. G. Payan, Les astreintes dans le règlement Bruxelles I bis: Permanence et perspectives, in E. Guinchard (dir), Le nouveau règlement Bruxelles I-bis, Bruxelles: Bruylant, 2013, p. 249 et seq.
[34] Al riguardo, l’A.G. Szpunar proponeva un’applicazione analogica dell’art. 49 del regolamento 44/2001: v. par. 70 et seq. delle sue conclusioni.
[35] In questo senso, con riguardo al regolamento Bruxelles I, v. L. Pålsson, Art. 49, in U. Magnus, P. Mankowski (eds), Brussels I Regulation, Munich: Sellier, 2012, p. 682.
[36] Prima di quest’ultimo intervento legislativo, la rubrica della norma specificava che tali misure erano finalizzate ad assicurare l’adempimento degli obblighi di fare infungibili o di non fare e dunque di quegli obblighi non suscettibili di esecuzione forzata diretta. Il requisito dell’infungibilità è stato però eliminato dalla recente novella che, attraverso la modifica dell’intestazione della norma e una diversa collocazione sistematica, ha attribuito una portata generale a questo tipo di provvedimenti.
[37] Tra molti, v. A. Ronco, L’art. 614 bis c.p.c. e le controversie in materia di famiglia, in Giurisprudenza italiana, 2014, p. 758 et seq.
[38] Sulla natura di tali misure, v. G. Mondini, L’attuazione degli obblighi infungibili, Milano: Giuffrè, 2014, p. 97 et seq. Discorso a parte meritano invece i mezzi di esecuzione indiretta di cui all’art. 709-ter c.p.c., che non hanno carattere preventivo ma punitivo, in quanto adottati a posteriori, dopo che le inadempienze si sono verificate.
[39] Cfr. F.P. Luiso, Diritto processuale civile: Il processo esecutivo, 2015, p. 248. Su tale liquidazione, dunque, non si avrà altro controllo se non quello meramente formale dell’ufficiale giudiziario, generando in questo modo il rischio di un elevato numero di opposizioni all’esecuzione: cfr. C. Consolo, Art. 614-bis, in C. Consolo (a cura di), Codice di procedura civile commentato, Milano: Ipsoa, 2013, p. 2585 et seq.
[40] Un’analisi della più recente giurisprudenza straniera non sembra lasciare dubbi al riguardo: cfr. Cour d’appel Amiens (FR), sentenza del 22 marzo 2007, n. 06/02362, in Dalloz.fr ; Cour d’appel Colmar (FR), sentenza del 23 gennaio 2006, n. 3_A_03/03446, in Banca dati Unalex FR-402; Tribunale Federale (CH), sentenza del 18 marzo 2004, n. 5P.252.2003, consultabile su www.bger.ch; Oberlandesgericht Köln (DE), sentenza del 17 marzo 2004, n. 16W2.04, in Recht der internationalen Wirtschaft, 2004, p. 868 et seq.; Tribunal civil Liège (BE), sentenza del 17 settembre 2003, in Banca dati Unalex BE-4; Cour d’appel Versailles (FR), sentenza del 29 giugno 2000, n. 99-6004, in Dalloz.fr.
[41] Al riguardo, v. F. Gerhard, The Extraterritorial Judicial Penalty – New Instruments for the Transnational Enforcement of Extraterritorial Injunctions?, in Yearbook of Private International Law, 2001, p. 279 et seq.
[42] In questo senso v. E. D’Alessandro, La circolazione della condanna ex art. 614 bis c.p.c. nello spazio europeo, in Giurisprudenza italiana, 2014, p. 1023 et seq. e gli autori ivi citati. Secondo tale interpretazione, eventuali contestazioni circa la quantificazione della somma totale dovuta dovrebbero essere fatte valere attraverso l’opposizione all’esecuzione prevista dall’ordinamento dello Stato membro richiesto.
[43] Con riferimento ai regolamenti Bruxelles I e I-bis, v. M. De Cristofaro, Esecuzione in personam, principio di territorialità e misure coercitive indirette nello spazio giudiziario europeo, in Int’l Lis, 2003/2004, p. 421 et seq.; J. Kropholler, J. von Hein, Europäisches Zivilprozessrecht, 8. Aufl., Frankfurt am Main: Verlag Recht und Wirtschaft, 2011, p. 667 et seq.; P. Mankowski, Art. 55, in T. Rauscher (Hrsg.), Europäisches Zivilprozess-und Kollisionsrecht, cit., p. 1166 et seq.
[44] In questo senso G. Finocchiaro, E. Poli, Esecuzione dei provvedimenti di affidamento dei minori, in Digesto delle discipline privatistiche – Sezione civile, Torino: Utet Giuridica, 2007, p. 538 et seq.
[45] Corte di Cassazione, Sez. Unite, sentenza del 15 aprile 2015, n. 7613. Per un commento della decisione, v. G. Mondini, Astreintes, ordine pubblico interno e danno punitivo, in Foro italiano, 2015, I, p. 3966 et seq..; G. Corsi, Il sì della Suprema Corte all’astreinte straniera, in Danno e responsabilità, 2015, p. 1158 et seq.
[46] Sull’applicabilità di tali principi in materia di esecuzione forzata, si è espressa anche la Corte europea dei diritti dell’uomo: v. tra molte la sentenza del 19 marzo 1997, n. 18357/91, Hornsby c. Grecia, par. 40; sentenza del 28 luglio 1999, n. 22774/93, Immobiliare Saffi c. Italia, par. 63; sentenza 13 luglio 2006, n. 10055/03, SC Magna Holding c. Romania, par. 30. In dottrina v. L. Marazia, Astreintes e altre misure coercitive per l’effettività della tutela civile di condanna, in Rivista dell’esecuzione forzata, 2004, p. 333 et seq., e più in generale G.E. Kodek, The Impact of the European Convention on Human Rights and Fundamental Liberties on Enforcement Practices, in M. Andenas, B. Hess, P. Oberhammer (eds), Enforcement Agency Practice in Europe, London: British Institute of International and Comparative Law, 2005, p. 303 et seq.