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Abstract: The judgment in the case Associação Sindical dos Juízes Portugueses (Court of Justice, judgment of 27 February 2018, case C-64/16) offers a significant contribution to the sensitive issue of the role of the Court of Justice in monitoring the respect of the rule of law by the EU Member States. The Insight focuses on the implications deriving from a paragraph of the judgment in which the Court identifies a link between the rule of law, as a common value pursuant to Art. 2 TEU, and Art. 19 TEU. The analysis aims to highlight the contribution given by the judgment in defining the concept of the rule of law within the EU legal order. Moreover, the analysis focuses on the nature and content of the obligation incumbent upon Member States to respect the rule of law, as a common value recognized in the Treaties. The last part of the Insight proposes a reflection about the role that the Court of Justice seems to define for itself in order to ensure compliance with the rule of law by the Member States, seeking to highlight potentials and criticalities.
Keywords: rule of law – EU judicial system – role of national judges – effective judicial review – preliminary reference – infringement procedure.
I. Introduzione
La rilevanza accordata al principio dello Stato di diritto nell’ambito del processo di integrazione europea è cresciuta nel corso del tempo. Al riguardo, basti ricordare come, partendo dal silenzio dei Trattati istitutivi delle Comunità europee, esso è stato infine incluso tra i valori comuni su cui l’UE si fonda.[1] Il suo rispetto è quindi formalmente richiesto sia agli Stati già membri che agli Stati terzi che intendono entrare a fare parte dell’Organizzazione.[2]
Assicurare lo Stato di diritto in ogni Stato membro, infatti, è una condizione necessaria per poter chiedere, anzi esigere, che gli Stati membri si fidino gli uni degli altri e si riconoscano tra loro come Stati membri sicuri, rispettosi dei valori comuni e del diritto dell’Unione tutto. A sua volta, l’osservanza dei principi poc’anzi richiamati è divenuta essenziale per realizzare un’integrazione sempre più profonda e allargata a ben ventotto Stati membri.[3]
Ciononostante, il tentativo di istituire efficaci strumenti volti ad assicurare o ripristinare il rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati già membri dell’UE si è dimostrato particolarmente complesso, anche per le resistenze degli Stati membri stessi, preoccupati per l’estensione di un controllo dell’UE in ambiti tradizionalmente collegati al concetto di sovranità nazionale ed estranei alle sue competenze.
In più di un’occasione l’UE non è così riuscita ad intervenire in maniera adeguata o tempestiva attraverso gli strumenti di cui all’art. 7 TUE per far fronte a provvedimenti legislativi ed esecutivi adottati da taluni Stati membri in contrasto con lo Stato di diritto.[4] Tale situazione ha reso evidente la necessità di una seria riflessione rispetto agli strumenti adottati a tal fine, così come sulla possibilità di impiegare gli strumenti di controllo giurisdizionale previsti dai Trattati istitutivi.[5]
La sentenza resa dalla Corte di giustizia dell’UE il 27 febbraio 2018, in relazione al caso Associação Sindical dos Juízes Portugueses (ASJP)[6], si inserisce nel solco di questo ragionamento e offre sia un contributo nella definizione del concetto di Stato di diritto nell’ambito dell’ordinamento giuridico dell’UE, sia un importante spunto di riflessione per rafforzare il controllo del rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri attraverso il sistema giurisdizionale integrato dell’UE, intendendo con questa espressione la Corte di giustizia dell’UE e i giudici nazionali.
II. La sentenza Associação Sindical dos Juízes Portugueses: i fatti all’origine del rinvio
Il caso all’origine della decisione ha riguardato un ricorso amministrativo speciale proposto dinanzi al Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema portoghese) dall’Associação Sindical dos Juízes Portugueses, agente per conto dei membri del Tribunal de Contas (Corte dei Conti), al fine di ottenere l’annullamento degli atti amministrativi di trattamento delle retribuzioni adottati in base alla legge n. 75/2014,[7] che ha stabilito la riduzione temporanea dell’importo della retribuzione e la modifica delle condizioni di reversibilità, tra gli altri, dei giudici del Tribunal de Contas.
Specificamente, il legislatore portoghese, attraverso la legge n. 75/2014, ha provveduto a ridurre temporaneamente l’importo della retribuzione dei titolari di cariche pubbliche elencati all’art. 2, par. 9, della legge stessa. Dette misure si fondavano su esigenze imperative di riduzione del disavanzo di bilancio dello Stato portoghese nel corso del 2011 e trovavano la loro origine in decisioni assunte dall’UE, la quale fornisce altresì assistenza finanziaria allo Stato membro in questione.
Nell’ordinanza di rinvio, il giudice rimettente ha osservato che il potere discrezionale di cui dispone lo Stato portoghese per l’attuazione degli orientamenti della sua politica di bilancio, riconosciuto dalle istituzioni dell’UE, non lo esime dall’obbligo di rispettare i principi generali del diritto dell’UE, tra cui quello dell’indipendenza dei giudici, applicabile sia ai giudici dell’UE sia ai giudici nazionali.[8]
A ragione, il giudice a quo ha ritenuto, infatti, che i giudici nazionali assicurano la tutela giurisdizionale effettiva dei diritti derivanti dal diritto dell’UE insieme alla Corte di giustizia e al Tribunale, in virtù dell’art. 19, par. 1, secondo comma, TUE. Egli ha sottolineato come la garanzia di effettività di tale tutela necessiti del rispetto da parte dei giudici nazionali dei principi di indipendenza e di imparzialità enunciati all’art. 47 della Carta. L’indipendenza dei giudici, tuttavia, implica a sua volta la corresponsione di una adeguata e stabile retribuzione, in modo da tutelarli dal rischio di pressioni esterne.
Tutto ciò considerato, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di giustizia se il principio dell’indipendenza dei giudici, come tutelato dall’art. 47 della Carta e implicitamente dall’art. 19 TUE, osti all’applicazione ai membri del potere giudiziario di uno Stato membro di misure generali di riduzione salariale associate ad esigenze di eliminazione di un disavanzo eccessivo di bilancio nonché ad un programma di assistenza finanziaria dell’UE.[9]
III. Il contributo della decisione alla definizione del concetto di Stato di diritto e dei relativi obblighi in capo agli Stati membri
La Corte di giustizia – riunita in Grande Sezione – avrebbe potuto pacificamente esaminare e risolvere la questione incardinandola nell’ambito delle misure di austerità dell’UE, concentrandosi sulla questione del contemperamento tra il rispetto di queste misure e dei diritti fondamentali. Diversamente, essa ha colto l’opportunità fornitale dal giudice rimettente per spostare l’attenzione sulla natura e sul contenuto dell’obbligo degli Stati membri di assicurare il rispetto della rule of law attraverso la tutela giurisdizionale effettiva dei diritti derivanti dal diritto dell’UE.
Nella prima parte della sentenza, la Corte di giustizia si è ampiamente soffermata sull’interpretazione dell’art. 19 TUE, richiamando la sua giurisprudenza secondo cui la garanzia di un controllo giurisdizionale effettivo, idoneo a salvaguardare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati, è affidata alla Corte di giustizia, al Tribunale e ai giudici nazionali.[10] Con la sentenza ASJP, però, la Corte di giustizia è andata oltre alla “tradizionale” interpretazione dell’art. 19 TUE, individuando in quest’ultimo un collegamento diretto con l’art. 2 TUE. Segnatamente, in un passaggio chiave della decisione esaminata, la Corte ha affermato che “l’articolo 19 TUE […] concretizza il valore dello Stato di diritto affermato dall’articolo 2 TUE”.[11]
Tale affermazione comporta interessanti implicazioni in relazione alla fonte e al contenuto dell’obbligo in capo agli Stati membri di garantire un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti idonei ad apprestare un controllo giurisdizionale effettivo nei settori disciplinati dal diritto dell’UE.
Il ruolo dei giudici nazionali nell’assicurare la tutela giurisdizionale effettiva in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, infatti, non è di certo una novità. Quest’ultimo aveva trovato esplicita affermazione nella sentenza Uñion de Pequeños Agricultores,[12] in base alla quale: “spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva”. In seguito, lo stesso è stato costantemente ribadito nelle sentenze della Corte di giustizia aventi ad oggetto la limitata legittimazione attiva delle persone fisiche e giuridiche a ricorrere per annullamento ex art. 264, par. 3, TFUE dinanzi ad essa.[13]
Tuttavia, in base alla sentenza ASJP, la fonte di tale obbligo in capo ai giudici nazionali non deriverebbe soltanto dal principio di leale cooperazione e dagli art. 19 TUE e 47 della Carta (quest’ultimo letto congiuntamente all’art. 51 della stessa), ma sarebbe altresì riconducibile all’art. 2 TUE, in combinato con l’art. 19 TUE.
La Corte di giustizia, infatti, ha affermato che “l’esistenza di un controllo giurisdizionale effettivo atto ad assicurare il rispetto del diritto dell’UE è intrinseca ad uno Stato di diritto”.[14] Pertanto, nell’apprestare una tutela giurisdizionale effettiva ai singoli entro i rispettivi sistemi giurisdizionali, i giudici nazionali assicurano altresì il rispetto dello Stato di diritto.
Con riguardo al contenuto dell’obbligo, la Corte di giustizia ha ribadito che il principio di tutela giurisdizionale effettiva disposto dall’art. 19, par. 1, secondo comma, TUE, “costituisce un principio generale di diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito dagli art. 6 e 13 della della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali […] e che è attualmente affermato all’art. 47 della Carta”.[15]
Il ragionamento della Corte di giustizia in questo passaggio si discosta sensibilmente dalle argomentazioni sviluppate nelle conclusioni presentate dall’Avvocato generale.[16] Quest’ultimo, infatti, ha letto nell’art. 19, par. 1, secondo comma, TUE un obbligo di carattere squisitamente procedurale.[17] Di conseguenza, il dovere di apprestare una tutela giurisdizionale effettiva di cui alla disposizione richiamata non avrebbe dovuto essere confuso con il principio dell’indipendenza dei giudici. A sostegno di tale lettura, l’Avvocato generale richiamava l’art. 47 della Carta, che dissocerebbe i due diritti. La medesima distinzione, inoltre, si ricaverebbe dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il diritto a un ricorso effettivo all’art. 13, mentre prevede il diritto a un equo processo all’art. 6. Alla luce di tali considerazioni, l’Avvocato generale terminava le proprie conclusioni affermando che l’art. 19, par. 1, secondo comma, TUE non sancisce un principio generale di diritto che impone la garanzia dell’indipendenza degli organi giurisdizionali degli Stati membri.[18] Diversamente, l’obbligo in capo agli Stati di assicurare l’indipendenza del potere giudiziario, anche attraverso la corresponsione di una retribuzione adeguata, trarrebbe origine dall’art. 47 della Carta, letto congiuntamente all’art. 51 della medesima.[19]
La Corte di giustizia, invece, non ha distinto il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva dal diritto a un giudice indipendente e imparziale, rilevando, invece, l’esistenza di uno stretto nesso tra i due.[20] In conclusione, quindi, l’obbligo in capo ai giudici degli Stati membri di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva di cui all’art. 19 TUE include sia gli elementi di carattere procedurale, che quelli di tipo sostanziale, quali l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici.[21]
Detta lettura appare in linea con il collegamento individuato dalla Corte di giustizia tra l’art. 19 TUE e lo Stato di diritto, inteso come valore comune di cui all’art. 2 TUE. Infatti, pur mancando una definizione precisa di Stato di diritto nell’ambito del diritto dell’UE, la giurisprudenza della Corte di giustizia ne ha progressivamente individuato i caratteri, includendovi sia garanzie di carattere formale/procedurale, sia tutele di natura sostanziale, tra le quali vanno incluse l’indipendenza e l’imparzialità del potere giudiziario.[22]
Sulla base di questo ragionamento, la Corte di giustizia ha quindi stabilito che, nel caso di specie, l’art. 19, par. 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che il principio dell’indipendenza dei giudici non osta all’applicazione ai membri del Tribunal de Contas di misure generali di riduzione salariale, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, potendosi queste accostare a misure generali e temporanee dirette a far sì che un insieme di membri del pubblico impiego nazionale contribuisca allo sforzo di austerità dettato dalle esigenze imperative di riduzione del disavanzo di bilancio eccessivo dello Stato portoghese.[23]
IV. Osservazioni conclusive: verso un controllo giurisdizionale del rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri
Come osservato in apertura, la sentenza Associação Sindical dos Juízes Portugueses fornisce un interessante spunto di riflessione in relazione alla necessità di rafforzare il controllo del rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri attraverso il sistema giurisdizionale integrato dell’UE. A prescindere dalla conclusione raggiunta dalla Corte di giustizia in relazione al caso di specie, infatti, ciò che emerge dal suo ragionamento è che qualora un giudice nazionale ritenga che una misura nazionale contrasti con il valore dello Stato di diritto, come concretizzato all’art. 19 TUE, potrà (talvolta, dovrà)[24] sollevare una questione pregiudiziale interpretativa dinanzi a essa.
In questo modo, la Corte di giustizia coinvolge attivamente i giudici nazionali nella protezione dello Stato di diritto come valore comune tutelato dall’art. 2 TUE. Così facendo, peraltro, la Corte offre loro, almeno indirettamente, la possibilità di reagire di fronte a eventuali misure nazionali idonee a ledere la funzione giudiziaria di cui sono titolari.
Non di meno, il ruolo stesso della Corte di giustizia nel controllo del rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri risulta sensibilmente rafforzato atteso che, attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale, essa potrà pronunciarsi sulla compatibilità o meno di misure nazionali con il valore dello Stato di diritto, come declinato all’art. 19 TUE, a prescindere dall’esistenza di altri collegamenti con il diritto dell’UE. Nel caso di specie, ad esempio, se i provvedimenti nazionali in questione fossero stati adottati arbitrariamente dall’esecutivo, avrebbero potuto essere considerati incompatibili con il principio dell’indipendenza del potere giudiziario, il quale, oltre ad essere parte integrante del concetto di Stato di diritto, è essenziale per il buon funzionamento del sistema di cooperazione giudiziaria costituito proprio dal rinvio pregiudiziale.[25]
Alla luce di quanto precede, merita dunque un’attenta riflessione il ruolo che la Corte di giustizia va delineando per sé stessa.[26] Il contesto storico-politico attuale ha visto in più di un’occasione il rispetto dei valori comuni essere messo in discussione da alcuni Stati membri senza che gli strumenti esistenti abbiano consentito di porvi rimedio.
La sentenza in commento può essere quindi interpretata come una presa di posizione della Corte stessa dettata dalla volontà di proteggere il processo di integrazione europea utilizzando strumenti giurisdizionali già in essere, ossia il meccanismo del rinvio pregiudiziale e il ricorso per infrazione, al fine di assicurare il rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri.
La Corte di giustizia, infatti, potrebbe aver offerto alla Commissione lo spunto per impiegare la procedura di infrazione ex art. 259 TFUE per fronteggiare violazioni dell’art. 19 TUE (in combinato con l’art. 2 TUE) da parte di uno Stato membro, nel caso in cui quest’ultimo adottasse misure idonee a pregiudicare la garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva, compromettendo il funzionamento del sistema giurisdizionale dell’Unione. Non di meno, la Corte sembra supportare altresì la citata iniziativa della Commissione con cui essa ha creato un nuovo quadro giuridico per la tutela della rule of law, riconoscendole di fatto il potere di agire in tal senso.
In conclusione, il collegamento individuato tra gli art. 2 e 19 TUE nella sentenza ASJP, unitamente ai possibili impieghi del rinvio pregiudiziale e della procedura di infrazione che da essa potrebbero derivare, porta a ritenere (o, almeno, auspicare) che il controllo del rispetto della rule of law negli Stati membri possa essere intensificato, oltrepassando gli ostacoli e i limiti di efficacia incontrati nell’applicazione dell’art. 7 TUE e delle procedure di soft law, senza dover modificare i Trattati.
Ciò posto, in un clima di diffuso euroscetticismo, non si può non considerare che l’impiego dei suddetti strumenti giurisdizionali per proteggere lo Stato di diritto potrebbe essere percepito da taluni Stati membri come una forma di esercizio illegittimo di potere da parte della Commissione e della Corte di giustizia, rivelandosi così controproducente. Se simili obiezioni non possono essere escluse a priori, è significativo osservare che l’impiego di tali strumenti e il coinvolgimento della Corte di giustizia avrebbero l’importante vantaggio di consentire allo Stato membro in questione di esercitare pienamente il proprio diritto alla difesa.
Di conseguenza, sarà molto interessante seguire gli sviluppi che auspicabilmente deriveranno da tale decisione a livello istituzionale e giurisprudenziale.
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European Papers, Vol. 3, 2018, No 2, European Forum, Insight of 20 July 2018, pp. 985-992
ISSN 2499-8249 - doi: 10.15166/2499-8249/233
* Assegnista di ricerca in diritto dell’Unione europea, Università degli Studi di Torino, docente a contratto di diritto dell’Unione europea, Università degli Studi di Firenze, monica.parodi@unito.it.
[1] Cfr. art. 2 TUE.
[2] Per un’analisi sul ruolo invece previsto in tal senso nei lavori preparatori del fallito Trattato sulla Comunità Politica Europea (CPE), si veda G. De Burca, The Road Not Taken: The EU as a Global Human Rights Actor, in American Journal of International Law, 2011, p. 649 e ss.
[3] L’art. 3, par. 2, TUE recita: “L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima”.
[4] Si pensi, ad esempio, alla crisi dello Stato di diritto avviatasi in Ungheria con l’adozione di una nuova Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 2012, unitamente ad altre riforme correlate. Cfr. Editorial Comment, Hungary’s New Constitutional Order and “European Unity”, in Common Market Law Review, 2012, p. 871 et seq.
[5] A livello istituzionale, si pensi, in particolare, alla comunicazione COM(2014) 158 final dell’11 febbraio 2014 della Commissione, A new EU Framework to strengthen the Rule of Law, attivata nei confronti della Polonia. In commento, si rinvia a E. Cimiotta, La prima volta per la procedura di controllo sul rispetto dei valori dell’Unione prevista dall’art. 7 TUE? Alcune implicazioni per l’integrazione europea, in European Papers, 2016, Vol. 1, No 3, www.europeanpapers.eu, p. 1253 et seq.; D. Kochenov, L. Pech, K.L. Scheppele, The European Commission’s Activation of Article 7: Better Late than Never?, in Verfassungsblog, 23 dicembre 2017, verfassungsblog.de. In dottrina, tra molti studi, si ricordi C. Closa, Reinforcing EU Monitoring of the Rule of Law, in C. Closa, D. Kochenov (eds), Reinforcing the Rule of Law Oversight in the European Union, Cambridge: Cambridge University Press, 2016, p. 13 et seq.; P. Mori, Strumenti giuridici e strumenti politici di controllo rispetto del rispetto dei diritti fondamentali da parte degli Stati membri dell’Unione europea, in A. Tizzano (a cura di), Verso i 60 anni dai Trattati di Roma: Stato e prospettive dell’Unione euroepa, , Torino: Giappichelli, 2016, p. 199 et seq.; A. von Bogdandy, M. Kottmann, C. Antpohler, J. Dickschen, S. Hentrei, M. Smrkoli, Reverse Solange – Protecting the Essence of Fundamental Rights against EU Member States, in Common Market Law Review, 2012, p. 490 et seq.
[6] Corte di giustizia, sentenza del 27 febbraio 2018, causa C-64/16, Associação Sindical dos Juízes Portugueses.
[7] Lei n. 75/2014 del 12 settembre 2014, Estabelece os mecanismos das reduções remuneratórias temporárias e as condições da sua reversão.
[8] Associação Sindical dos Juízes Portugueses, cit., par. 15.
[9] Ivi, par. 27.
[10] Ivi, par. 32.
[11] Ibid.
[12] Cfr. Corte di giustizia, sentenza del 25 luglio 2002, causa C-50/00, Union de Pequeños Agricultores, par. 41.
[13] Così ad esempio, Corte di giustizia, sentenza del 3 ottobre 2013, causa C-583/11 P, Inuit Tapiriit Kanatami; sentenza del 28 aprile 2015, causa C-456/13 P, T&L Sugars.
[14] Associação Sindical dos Juízes Portugueses, cit., par. 36.
[15] Ivi, par. 35 e giurisprudenza richiamata.
[16] Conclusioni dell’Avvocato generale Saugmandsgaard Øe, rese il 18 maggio 2017, causa C-64/16, Associação Sindical dos Juízes Portugueses.
[17] Ivi, par. 63.
[18] Ivi, par. 67.
[19] Ivi , par. 77.
[20] Il primo diritto, infatti, non potrebbe essere assicurato ove non venisse preservata l’indipendenza degli organi giurisdizionali. Cfr. Associação Sindical dos Juízes Portugueses, cit., par. 41.
[21] Ivi, par. 42.
[22] Circa il concetto di Stato di diritto nell’ambito dell’ordinamento giuridico dell’UE si vedano gli studi di D. Kochenov, The EU Rule of Law: Cutting Paths through Confusion, in Erasmus Law Review, 2009, p. 7 et seq.; L. Pech, The Rule of Law as a Constitutional Principle of the European Union, in Jean Monnet Working Paper 04/2009, jeanmonnetprogram.org.
[23] Associação Sindical dos Juízes Portugueses, cit., par. 49 e 52.
[24] Cfr. art. 267, par. 3, TFUE.
[25] Associação Sindical dos Juízes Portugueses, cit., par. 43.
[26] In proposito si rinvia altresì alle riflessioni di M. Krajewski, Associação Sindical dos Juízes Portugueses: The Court of Justice and Athena’s Dilemma, in European Papers, 2018, Vol. 3, n. 1, www.europeanpapers.eu, p. 395 et seq.; N. Lazzerini, Le recenti iniziative delle istituzioni europee nel contesto della crisi dello Stato di diritto in Polonia: prove di potenziamento degli “anticorpi” dei Trattati?, in Osservatorio sulle fonti, 2018, www.osservatoriosullefonti.it.