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Abstract: The Insight focuses on the judgement delivered by the Court of Justice on 19 December 2019 in case C-390/18, Airbnb Ireland. The analysis will be mainly conducted with a view to exploring the notion of essential procedural requirement, developed in the previous case law, and the legal consequences flowing from this notion. In Airbnb, the CJEU has significantly enlarged its scope with the consequent enlargement of the power of individuals to invoke, in their horizontal relations, the failure by a State to notify a measure to the Commission. The last part of the Insight discusses the practical and theoretical implications of this development in case law and concludes.
Keywords: information society service – essential procedural requirements – direct effects – Directive 2000/31/CE – short-term rental regulations – CIA Security International.
I. Introduzione
Nella sentenza Airbnb Ireland[1] la Corte è tornata sul problema dell’opponibilità ad un individuo di una misura statale adottata in violazione di un obbligo derivante dal diritto secondario e, in particolare, da una direttiva, di previa notifica alla Commissione. Nel caso di specie, si trattava di verificare se lo Stato francese potesse far valere nei confronti della società Airbnb la violazione di una normativa nazionale, la legge Hoguet, che prevedeva l’obbligo di dotarsi di licenza professionale per esercitare l’attività di intermediazione immobiliare.[2] Tuttavia, la Francia non aveva notificato la legge alla Commissione, secondo quanto previsto dalla direttiva 2000/31/CE.[3]
La sentenza ha concluso nel senso che gli obblighi stabiliti dalla legge Hoguet non fossero opponibili ad Airbnb in quanto tale misura restrittiva, adottata prima della direttiva 2000/31/CE,[4] era stata mantenuta in vigore in violazione di un obbligo procedurale sostanziale.[5] Pur se tale decisione è stata chiaramente ispirata dal precedente della sentenza CIA Security,[6] che riguardava, peraltro, misure aventi natura di regole tecniche, la soluzione della Corte non appare del tutto persuasiva, sia per quanto riguarda la portata della nozione di “obblighi procedurali sostanziali”, sia per quanto riguarda le conseguenze riconnesse alla violazione di tali obblighi. Nelle pagine seguenti si seguirà, quindi, la linea argomentativa della sentenza Airbnb, verificandone la congruità con le conclusioni della precedente giurisprudenza. Converrà soffermarsi, inoltre, sulla conclusione della pronuncia, la quale ha stabilito che la mancata notifica di una misura la renda inopponibile anche nelle controversie tra privati.[7] Tale conclusione solleva peraltro il problema di determinare se l’inopponibilità costituisca una conseguenza dell’esistenza di effetti diretti orizzontali spiegati dalla direttiva ovvero se essa sia l’effetto di un regime speciale concernente i soli obblighi procedurali sostanziali.
II. La violazione di obblighi procedurali sostanziali
Prevede l’art. 3, par. 4, della direttiva 2000/31/CE che uno Stato, il quale intenda adottare una misura in deroga, debba assicurare che la misura soddisfi una serie di requisiti sostanziali: la presenza di un interesse generale (ordine pubblico, pubblica sicurezza, tutela della salute pubblica, tutela dei consumatori); l’esistenza di un pregiudizio o di un rischio concreto di un pregiudizio per l’interesse generale considerato; la proporzionalità tra la finalità perseguita ed il tipo di misura adottata. Tali requisiti vanno soddisfatti cumulativamente e non alternativamente, Inoltre, la norma impone di soddisfare un requisito procedurale, consistente nella previa notifica della volontà di adottare la misura alla Commissione e allo Stato membro dove l’ISS ha stabilito la propria sede.
Nella sentenza, la Corte ha, quindi, qualificato quest’obbligo di notifica come un obbligo procedurale sostanziale (“essential procedural requirement”[8]), la cui violazione comporta che la misura viziata non possa essere opposta al soggetto che ne sarebbe pregiudicato, alla stessa maniera di come, ai sensi della precedente giurisprudenza, non sia opponibile una misura tecnica non previamente notificata ai sensi della direttiva 83/189/CEE.[9]
II.1. La nozione di obbligo procedurale sostanziale
Allo scopo di analizzare se la Corte abbia correttamente qualificato l’obbligo in questione, occorre preliminarmente ricostruire la sua giurisprudenza in tema di obblighi procedurali sostanziali imposti agli Stati membri nell’attuazione del diritto europeo.
Proprio perché al confine tra prerogative degli Stati membri e delle istituzioni, nonché per la sua intrinseca indeterminatezza, la nozione di “obbligo procedurale sostanziale”[10] rappresenta un vero e proprio ossimoro linguistico e appare di difficile interpretazione. Ad accentuare tale difficoltà contribuisce l’assenza di una sua elaborazione in giurisprudenza e in dottrina.[11]
Ai fini di avviare la presente analisi, si adotterà una nozione molto generale e intuitiva di tale figura giuridica. Un obbligo procedurale potrà potenzialmente avere natura sostanziale se impone agli Stati membri obblighi “di esperire, in via preventiva o successiva all’adozione di un atto o di un comportamento sul piano interno, una procedura di informazione o di comunicazione all’indirizzo delle istituzioni comunitarie”.[12]
Uno dei primi ad aver intuito che non tutti gli obblighi procedurali imposti agli Stati membri comportavano le stesse conseguenze è stato l’Avvocato Generale Jacobs nelle sue conclusioni relative al caso Enichem Base (1989).[13] La vicenda riguardava l’obbligo imposto agli Stati membri di comunicare in tempo utile alla Commissione i progetti per l’adozione delle normative aventi lo scopo di restringere l'utilizzazione e la vendita di recipienti non biodegradabili ai sensi dell’art. 3, par. 2, della direttiva 75/442/CEE.[14]
Secondo l’Avvocato Generale, tale obbligo non poteva rendere illegittimo un provvedimento non notificato perché carente del requisito della essenzialità. Non essendo assistito né da una procedura di controllo comunitario né da una condizione che sospendesse l’applicabilità della misura che aveva ad oggetto (alla quale ci si potrà riferire d’ora in avanti come “obbligo di standstill”), esso costituiva un obbligo di mera informazione che, regolando esclusivamente i rapporti tra Stati membri e istituzioni, non risultava invocabile nei giudizi interni.[15]
La Corte ha successivamente accolto questa impostazione stabilendo che, in assenza delle condizioni evidenziate dall’Avvocato Generale, “la menzionata disposizione riguarda le relazioni tra gli Stati membri e la Commissione, [...] essa non attribuisce invece ai singoli alcun diritto atto ad essere leso in caso di violazione, da parte di uno Stato membro, dell'obbligo di previa comunicazione alla Commissione dei suoi progetti di normativa”.[16]
L’opinione dell’AG Jacobs ha rappresentato uno spartiacque nella giurisprudenza relativa alle conseguenze giuridiche degli obblighi di comunicazione, fornendo alla Corte un criterio ulteriore per valutare l’esistenza di violazioni procedurali incidenti anche negli ordinamenti interni degli Stati membri. Precedentemente la Corte era solita, invero, negare radicalmente la rilevanza sul piano domestico del rispetto degli obblighi procedurali, in particolare di quelli di notifica; e per fare ciò utilizzava principalmente un approccio casistico che privilegiava l’analisi delle singole norme secondo la loro finalità e capacità di conferire diritti individuali.[17]
Una prima inversione di tendenza rispetto al primo orientamento giurisprudenziale si può rintracciare nella sentenza Direct Cosmetics (1985).[18] In quel caso, la Corte stabilì che il Regno Unito non poteva opporre ad una ditta di produzione di cosmetici un provvedimento che derogasse al sistema di calcolo della base imponibile ai fini dell’IVA se prima non lo avesse notificato alla Commissione e sottoposto all’autorizzazione del Consiglio, come previsto dall’art. 27 della direttiva 77/388/CEE.[19]
È solo però con riferimento agli obblighi procedurali imposti per l’adozione di norme tecniche dalla direttiva 83/189/CEE[20] che le istituzioni hanno definitivamente sviluppato un’attenzione significativa per gli obblighi procedurali sostanziali.
La Commissione ha, a tal riguardo, indicato in una comunicazione interpretativa che “se uno Stato membro vara una regolamentazione tecnica che rientra nel campo di applicazione della direttiva 83/189/CEE senza notificarne il progetto alla Commissione e senza rispettare l'obbligo di sospensione, tale regolamentazione tecnica non è applicabile nei confronti di parti terze nel sistema giuridico dello Stato membro di cui si tratta. La Commissione giudica pertanto che i litiganti possano con diritto aspettarsi dalle corti nazionali che esse rifiutino di applicare le regolamentazioni tecniche nazionali che non sono state notificate contrariamente a quanto previsto dal diritto comunitario”.[21]
Coerentemente con questo indirizzo della Commissione, la Corte di giustizia, nella sentenza CIA Security,[22] ha stabilito che una normativa tecnica non previamente notificata alla Commissione ai sensi degli articoli 8 e 9 della direttiva 83/189/CEE fosse inapplicabile e tale inapplicabilità fosse direttamente invocabile dagli individui. È in questa sentenza che la Corte ha, per la prima volta, utilizzato la definizione di “vizio procedurale sostanziale” (“substantial procedural defect”).[23]
Il ragionamento della Corte in tale sentenza si snoda lungo un filo che lega la finalità della direttiva con le conseguenze della mancata notifica. La Corte ha infatti indicato che se “la finalità della direttiva è la tutela della libera circolazione delle merci mediante un controllo preventivo [...] l’obbligo di notifica costituisce un mezzo essenziale per l’attuazione del detto controllo comunitario”; traendone la conseguenza che “[l]’efficacia di tale controllo sarà ancora maggiore se la direttiva viene interpretata nel senso che l’inadempimento dell’obbligo di notifica costituisce un vizio procedurale sostanziale atto a comportare l’inapplicabilità ai singoli delle regole tecniche di cui è causa”.[24]
Richiamando la distinzione in Enichem Base, la Corte ha implicitamente ribadito che la sanzione dell’inapplicabilità discendeva non dalla violazione di un qualunque obbligo procedurale ma soltanto dalla violazione di un obbligo procedurale sostanziale.[25]
Le soluzioni della sentenza CIA Security, sottolineando il rapporto funzionale tra obbligo procedurale e le finalità della direttiva, e distinguendo gli obblighi procedurali essenziali in base ad un elemento oggettivo, la presenza di una procedura di controllo complessa rafforzata dall’obbligo di standstill, hanno avuto il merito di svincolare il ragionamento dalle logiche strettamente pertinenti alle dinamiche degli effetti diretti. In tale dimensione, esse sono state consolidate ad opera di una giurisprudenza coerente.[26]
L’importanza della funzionalità dell’obbligo procedurale rispetto agli obiettivi della direttiva traspare in misura anche maggiore dalla successiva sentenza Johannes Martinus Lemmens (1998), nella quale la Corte ha escluso che la mancata previa notifica di una regolamentazione tecnica potesse essere invocata per desumere l’inapplicabilità della normativa tecnica per scopi differenti da quelli enunciati dalla direttiva di riferimento.[27]
Tale orientamento giurisprudenziale si è infine coagulato nella sentenza Unilever (2000); in essa la Corte ha precisato gli effetti che derivano dall’inapplicabilità della misura tecnica adottata in pendenza dell’obbligo di standstill chiarendone, in particolare, i rapporti con la dottrina degli effetti diretti. Secondo la Corte, l’invocabilità della mancata notifica nelle controversie tra privati non sarebbe conseguita ad un effetto diretto orizzontale della direttiva, dato che la norma disponeva un obbligo meramente procedurale senza definire in alcuna maniera il contenuto sostanziale della controversia tra i privati.[28]
II.2. La violazione di un obbligo procedurale sostanziale nella sentenza Airbnb
Conviene ora identificare gli elementi innovativi della sentenza Airbnb rispetto alla precedente giurisprudenza.
Si può, in via preliminare, constatare come la Corte non abbia ritenuto di dover far chiarezza sui presupposti e sulla portata della nozione di obbligo procedurale sostanziale. Essa ha invece considerato preferibile evidenziare i punti di contatto della vicenda con quella della sentenza CIA Security, per valutare se fosse possibile applicarne analogicamente la ratio decidendi.[29]
Sulla base di un ragionamento progressivo, la Corte ha quindi indicato che l’obbligo di notifica di cui all’art. 3, par. 4, costituisce un obbligo procedurale sostanziale. Il punto di partenza di tale ragionamento è dato dall’analisi della norma, sufficientemente chiara, precisa e incondizionata, tale quindi da possedere efficacia diretta.[30]
In secondo luogo, la Corte ha indicato come l’obbligo di notifica contribuisca al raggiungimento degli scopi perseguiti dalla direttiva, segnatamente quello di promuovere e garantire la libera prestazione dei servizi della società dell’informazione. In questo senso, il meccanismo di controllo svolto dalla Commissione e dagli Stati membri, di cui l’obbligo di notifica costituisce un tassello fondamentale, permette di evitare che vengano adottate o mantenute misure potenzialmente pregiudizievoli per il mercato interno.[31]
Come ultimo e decisivo argomento, la Corte ha sottolineato come la procedura di controllo fornisca alla Commissione un potere di intervento, da utilizzare allorché essa ritenga che la misura proposta sia incompatibile con il diritto europeo. In tal caso, la Commissione ha il potere di richiedere allo Stato membro di astenersi dall’adottarla o di terminarne l’applicazione.[32]
Anche in questo caso, dunque, viene enfatizzato che un obbligo procedurale sostanziale si distingue per la sua funzione centrale nel raggiungere gli scopi della direttiva e per la contestuale circostanza di permettere alla Commissione, attraverso una procedura di controllo, di intervenire sulla misura.
La Corte ha anche aggiunto che l’obbligo in questione tutela le rispettive sfere di competenza degli Stati membri, di modo che uno Stato non possa in via potestativa incidere sui requisiti necessari per prestare un servizio della società dell’informazione, potere che in linea generale spetta allo Stato dove l’ISS ha stabilito la propria sede.[33]
Nonostante questa precisazione, pare possibile dubitare che l’obbligo di notifica di cui all’art. 3, par. 4, differisca da un semplice obbligo informativo.
In riferimento alle particolarità della procedura di controllo in esame, la Corte infatti, sembra trascurare il rilievo assunto nella giurisprudenza precedente dalla presenza dell’obbligo di standstill, assente, invece, nella direttiva 31/2000/CE. L’art. 3, par. 6, dispone espressamente che, una volta effettuata la notifica, ciascuno Stato membro possa in ogni caso procedere ad applicare la misura.[34]
Non essendo quindi l’applicabilità della misura formalmente sottoposta ad una condizione sospensiva, la Commissione ha un potere di incidenza minore rispetto a quanto accade in presenza di un obbligo di standstill, che inibisce la misura ritardandone ipso facto, dal momento della notifica, l’adozione.[35]
La Corte si è limitata a interpretare la direttiva nel senso che essa, nonostante l’assenza di un formale obbligo di sospensione, prevedesse un obbligo chiaro e preciso; infatti in ogni caso e al di fuori dai casi d’urgenza “lo Stato membro interessato deve notificare preliminarmente alla Commissione, così come allo Stato membro sul cui territorio il fornitore del servizio in questione è stabilito, la sua intenzione di adottare un provvedimento del genere”.[36]
È vero che, secondo le formulazioni della giurisprudenza precedente, le condizioni oggettive perché si possa correttamente trattare di un obbligo procedurale sostanziale, ovvero la presenza di un obbligo di notifica con contestuale meccanismo di controllo comunitario e di una condizione sospensiva dell’applicabilità della misura da adottare, non sono specificatamente indicate come cumulative. Eppure, molti elementi inducono a questa conclusione.
Intuitivamente, non sembra agevole definire un obbligo di notifica come essenziale allorché lo Stato possa, in ogni caso, procedere con l’applicazione della misura, al di là dell’esito del meccanismo di controllo avviato con la notifica. A maggior ragione se l’obbligo procedurale in esame ha lo scopo di prevenire l’applicazione di misure restrittive della liberà circolazione degli ISS incompatibili con la direttiva.
Sembra ancor più difficile tralasciare l’importanza dell’obbligo di standstill alla luce del fatto che nei precedenti casi in cui sono stati accertati esplicitamente obblighi procedurali sostanziali tale condizione sospensiva era sempre presente.[37]
In aggiunta, in altri obblighi procedurali in cui la clausola di standstill era assente, la Corte l’ha ricostruita implicitamente se aveva ritenuto di dover conferire maggiore efficacia alla procedura di controllo.[38]
Come già ricordato, la norma di cui all’art. 108, par. 3, TFUE, che rappresenta il paradigma su cui è stata modellata la maggior parte delle norme procedurali che regolano i rapporti tra Stati e Commissione, prevede sia l’obbligo di standstill che l’obbligo di notifica. Ed anzi la Corte, fin da Costa, ha escluso l’invocabilità del mancato obbligo di notifica e stabilito la diretta applicabilità del solo obbligo di standstill,[39] sottolineando così il particolare rilievo di tale clausola al fine di definire l’obbligo di notifica come sostanziale.
Già parte della dottrina aveva espresso l’auspicio che i requisiti indicati da CIA Security fossero letti in maniera congiunta,[40] in quanto la ratio degli obblighi procedurali sostanziali non sembra tanto quella di rispettare un’astratta procedura di controllo ma quella di salvaguardare le prerogative delle istituzioni comunitarie nel valutare la compatibilità con il mercato interno di atti degli Stati membri potenzialmente lesivi del processo di integrazione.[41]
La Corte in Airbnb non indugia in queste considerazioni, ma invece ne attenua la rilevanza nella misura in cui allarga le maglie della nozione di obbligo procedurale sostanziale anche a quei doveri di comunicazione non assistiti da standstill, ritenendo, evidentemente, che la mera esistenza di un obbligo di notifica rappresenti un momento essenziale del meccanismo di controllo in linea con le finalità della direttiva. Questo criterio funzionale, assistito da uno solo dei due elementi oggettivi, sembra decisamente troppo debole per marcare una differenza rispetto alla generalità degli obblighi procedurali. Un criterio funzionale puro, inoltre, potrebbe allargare oltre misura le conseguenze del mancato obbligo di notifica. Non è facile, infatti, rinvenire un obbligo procedurale che non sia funzionale agli scopi della direttiva che lo dispone.
Né sembra convincente l’equiparazione tra le procedure previste dalle direttive 1535/2015/UE e 31/2000/CE tracciata dalla Corte.
Nel controllo sull’adozione di misure tecniche, la Commissione ha un ruolo prevalente rispetto a quello degli Stati, con l’obbiettivo di valutare non solo la compatibilità delle misure con il diritto europeo ma anche eventuali iniziative di integrazione attiva: come l’opportunità di adottare provvedimenti di armonizzazione nonché quella di indirizzare l’attività legislativa Statale verso gli obbiettivi di interesse comunitario, quali maggiore informazione e sicurezza per gli operatori economici del mercato.[42]
La procedura istituita dalla direttiva sul commercio elettronico, invece, prevede in primis che lo Stato, il quale voglia adottare una misura restrittiva, contatti lo Stato competente a disciplinare l’ISS di riferimento, e che successivamente notifichi l’intenzione di prendere provvedimenti sia allo Stato membro che alla Commissione. Essa regola, in altre parole, e come la stessa Corte ha riconosciuto,[43] i rapporti di competenza tra Stati membri. Nonostante nella sentenza Airbnb questo fatto venga considerato motivo ulteriore per estendere la ratio decidendi di CIA Security, ad opinione di chi scrive esso sembra invece deporre in senso contrario, sottolineando come l’obbligo procedurale, attenendo principalmente ai rapporti tra Stati, non possa essere invocato dagli individui.
Traspare invece esplicitamente dalla giurisprudenza della Corte che le regolamentazioni tecniche e le misure in deroga sono, in linea teorica, concettualmente diverse e quindi dovrebbero essere destinatarie di un controllo diverso.[44] Nella sentenza Sapod Audic, ad esempio, in tema di libera circolazione delle merci, è stato stabilito che norma che imponga l’apposizione di un contrassegno alle merci può essere interpretata come normativa tecnica, e quindi venire disapplicata se non previamente notificata;[45] mentre un obbligo generico di indicare gli imballaggi affidati, ai fini del loro smaltimento, ad un'impresa autorizzata può essere qualificato, in quanto modalità di vendita, come misura in deroga e quindi non ha bisogno di essere previamente notificato ma potrà eventualmente venire disapplicato dal giudice sulla base di altri parametri.[46]
Questa linea argomentativa è confermata da altre sentenze recenti della Corte che, per quanto riguarda i servizi della società dell’informazione, hanno escluso che le disposizioni nazionali che assoggettino l'esercizio di un'attività professionale ad un previo atto autorizzativo, come un obbligo di licenza per organizzare il gioco d’azzardo, possano costituire regole tecniche, con la conseguenza che esse non vadano notificate ai sensi della direttiva 1535/2015. La Corte avrebbe comunque dovuto concludere nel senso dell’obbligo di notifica se avesse residualmente qualificato queste misure come adottabili in deroga, in analogia ad Airbnb.[47]
Non è chiaro, dunque, quale sia stato l’argomento che ha spinto la Corte ad equiparare in questa sentenza le due procedure di controllo, visto che misure tecniche e misure in deroga sembrano essere trattate in maniera differente sia in tema di libera circolazione delle merci che di libera circolazione dei servizi dell’informazione. Proprio perché entrambe le misure sono formalmente sottoposte all’obbligo di notifica, un elemento distintivo potrebbe essere proprio rintracciato negli effetti da ricollegare alla procedura di controllo, in contrasto a quanto afferma la Corte in Airbnb.
Se la Corte confermasse l’equiparazione degli effetti conseguenti alla mancata notifica di norme tecniche e a quella di norme in deroga della libera circolazione degli ISS, tra le due procedure rimarrebbero in ultima analisi soltanto delle differenze minime; non sembrerebbe allora giustificato mantenere una duplicità nel controllo.
III. Gli effetti della violazione di un obbligo procedurale sostanziale
In Airbnb la Corte ha indicato che la violazione di un obbligo procedurale sostanziale comporta l’inopponibilità di una misura statale restrittiva delle libertà fondamentali non solo nei confronti dello Stato inadempiente, ma anche “nelle dispute tra individui”.[48]
Non è peraltro chiaro cosa la Corte intenda con questa locuzione. Se intesa in senso assoluto, essa solleva il problema di verificarne la compatibilità con la dottrina giurisprudenziale che limita gli effetti diretti delle direttive ai soli rapporti verticali.
Secondo consolidata giurisprudenza, le direttive infatti non possono avere effetti diretti nelle relazioni tra privati.[49] Come indicato anche recentemente, infatti l’Unione avrebbe la possibilità di imporre direttamente obblighi e garantire diritti agli individui utilizzando uno strumento differente da quello del regolamento,[50] mentre le direttive per loro natura si rivolgono soltanto agli Stati membri.[51]
Rispetto a tale ben nota dottrina, peraltro, la sentenza Airbnb si caratterizza per una linea argomentativa non nitida. La Corte sembra fondare l’effetto della disapplicazione della misura statale non già sulla esistenza di posizioni soggettive dell’individuo lese dalla direttiva, quanto piuttosto sulla violazione da parte dello Stato di un obbligo procedurale sostanziale, dalla quale deriverebbe una sanzione obbiettiva. Non mancano, tuttavia, elementi che rivelano un ragionamento condotto secondo le logiche soggettive proprie degli effetti diretti.
In particolare, nei paragrafi 90 e 91 della pronuncia, la Corte sembra prospettare una ricostruzione dell’art. 3, par. 4, della direttiva come una norma avente un contenuto chiaro, preciso, incondizionato che conferisce agli individui un interesse al corretto funzionamento del meccanismo di controllo preventivo, al fine di tutelare la libera circolazione dei servizi dell’informazione. Vi sarebbe allora, in altri termini, un interesse individuale a ché lo Stato membro, nell’attuazione del diritto dell’Unione europea, rispetti tutti gli obblighi procedimentali imposti, quasi fosse un organo amministrativo decentrato, con l’evidente obiettivo di tutelare, in ultima istanza, una posizione soggettiva individuale.
Questa osservazione potrebbe spiegare l’apparente tensione fra le due possibili ricostruzioni. La norma della direttiva, infatti, pur non conferendo all’individuo un diritto alla disapplicazione, potrebbe prestare ad esso solo la legittimazione a far valere, nei confronti dello Stato, un obbligo procedurale il cui inadempimento impedisca la valida efficacia dell’atto statale. Tale inadempimento, quindi, escluderebbe per lo Stato la possibilità di applicare la misura, con la conseguenza di incidere solo in maniera indiretta nei rapporti individuali.[52] Nel caso in esame l’impossibilità di opporre ad Airbnb l’obbligo di possedere una licenza per esercitare l’attività d’intermediazione immobiliare destituiva di fondamento sia il procedimento penale che le contestuali pretese della costituita parte civile.
Questa ricostruzione collocherebbe, quindi, la sentenza nell’ambito della dottrina giurisprudenziale degli effetti “indiretti”[53] o “incidentali”[54] delle direttive, di cui le pronunce CIA Security e Unilever sono alcuni degli esempi più noti.[55] In queste sentenze la Corte ha infatti escluso che la disapplicazione di norme statali conseguisse ad un fenomeno di efficacia diretta orizzontale, in quanto la violazione riguardava una norma procedurale essenziale che non definiva “in alcun modo il contenuto sostanziale della norma giuridica sulla base della quale il giudice nazionale deve risolvere la controversia dinanzi ad esso pendente”.[56]
Una maggiore elaborazione della soluzione sarebbe stata comunque auspicabile, dato che la sentenza non si limita a ribadire il principio affermato nelle sentenze CIA Security e Unilever, ma sviluppa questa giurisprudenza applicandola alle misure restrittive che comportano un ostacolo alla libertà di circolazione dei servizi. Airbnb sembra quindi allargare l’ambito di applicazione della dottrina relativa agli obblighi procedurali sostanziali e le conseguenze della loro violazione. Peraltro, si può dubitare con qualche fondamento che la soluzione offerta dalla Corte fosse necessaria ai fini delle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice nazionale.[57] Anche alla luce di tale circostanza, il carattere innovativo della sentenza appare evidente e, con esso, la volontà della Corte di estendere alle misure statali aventi l’effetto di ostacolare le libertà di circolazione una dottrina originata dalla problematica delle regolamentazioni tecniche, finora rigorosamente confinata a tale ambito.
Tale ampliamento sembra, peraltro, amplificare i problemi relativi al rispetto del principio della certezza del diritto, già rilevati rispetto alla precedente giurisprudenza.[58] Né si può escludere che la soluzione adottata dalla Corte possa generare possibili vuoti di tutela del pubblico interesse che l’adozione della misura restrittiva intendeva salvaguardare.[59] In questo caso, infatti, la sentenza pronunciata dalla Corte finisce per sancire l’inapplicabilità di una legge dello Stato francese che ha lo scopo in ultima istanza di tutelare i consumatori,[60] con il rischio di fornire, al contrario, una vera e propria “carte blanche”[61] ai portali telematici di affitti brevi.
IV. Conclusioni
La sentenza Airbnb ha ampliato la portata della dottrina degli obblighi procedurali sostanziali, trasponendola dall’ambito delle regolamentazioni tecniche a quello dell’adozione di misure restrittive in deroga. Peraltro, la Corte di giustizia non ha del tutto chiarito i profili tecnici di questa operazione di trasposizione; né essa ha chiarito le sue implicazioni sistematiche, pur non di poco momento.
In particolare, desta preoccupazione la conseguenza che la Corte ha sinteticamente tratto da tale ampliamento; vale a dire l’invocabilità della violazione da parte dei privati, con la conseguente inapplicabilità nei giudizi interni delle norme interne adottate senza il rispetto di tali obblighi. Evidentemente, tale conseguenza contribuirà sensibilmente all’ampliamento del corpus di pronunce sugli effetti indiretti di esclusione di una norma in contrasto con un obbligo procedurale sostanziale.
Le soluzioni raggiunte da questa pronuncia appaiono controverse anche in quanto esse allargano la portata del dovere del giudice nazionale di disapplicare regole interne adottate in violazione di obblighi procedurali pur se non completati dalla clausola di standstill, vale a dire obblighi che non condizionino l’efficacia della misura notificata alla conclusione positiva del procedimento di controllo.
Nell’enfatizzare la natura procedurale di tali obblighi, la Corte di giustizia ha inteso verosimilmente trovare una soluzione pratica che salvaguardasse i providers, quali Airbnb, nell’attesa di una compiuta riforma della normativa di riferimento,[62] senza doversi pronunciare sul rispetto da parte della normativa francese delle altre condizioni sostanziali previste dalla direttiva e-commerce, valutazioni che avrebbero comportato delicate considerazioni di politica giudiziaria.
Una soluzione generale modellata su un caso particolare rischia però di creare incongruenze a livello sistematico. I nodi lasciati irrisolti dalla sentenza Airbnb rendono ben difficile valutare compiutamente la sua portata. È auspicabile che, nell’ambito del crescente contenzioso tra gli Stati membri e i portali di home-sharing, la Corte trovi l’occasione per riconsiderare tali nodi, definendo quindi la portata sistematica degli obblighi procedurali sostanziali.[63]
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European Papers, Vol. 5, 2020, No 1, European Forum, Insight of 4 April 2020, pp. 433-446
ISSN 2499-8249 - doi: 10.15166/2499-8249/345
* Dottorando in diritto internazionale e diritto dell’Unione europea, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, giulio.fedele@uniroma1.it.
[1] Sentenza adottata in seguito al rinvio pregiudiziale promosso dal Tribunal de grande instance di Paris. Corte di giustizia, sentenza del 19 dicembre 2019, causa C-390/18, Airbnb Ireland, di seguito anche solo Airbnb.
[2] Vi era anche un’altra questione pregiudiziale, riguardante la qualificazione della piattaforma online Airbnb come “servizio della società dell’informazione” (d’ora in avanti anche “information society services” o “ISS”) ai sensi della direttiva 2000/31/CE. Su di essa la Corte ha deciso sostanzialmente ricalcando le posizioni dell’AG Szpunar (G. Menegus, Uber test” Revised? Remarks on Opinion of AG Szpunar in Case Airbnb Ireland, in European Papers, Vol. 4, 2019, No 2, www.europeanpapers.eu, p. 603 et seq.), stabilendo che
Airbnb, non esercitando un’influenza decisiva sulle condizioni d’offerta dei servizi di alloggio, rientri nella definizione di ISS, in quanto fornisce un servizio a distanza, utilizzando un mezzo elettronico, a richiesta individuale e dietro remunerazione.
[3] Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2000 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (“Direttiva sul commercio elettronico”).
[4] La legge Hoguet è infatti stata adottata il 2 gennaio 1970, precedentemente all’entrata in vigore della direttiva 2000/31/CE. Ciononostante, secondo la Corte, la direttiva non autorizzava espressamente gli Stati a mantenere misure preesistenti senza averle notificate, cfr. Airbnb, cit., par. 87.
[5] Airbnb, cit., par. 94: “l’obbligo di previa notifica istituito dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 costituisce [...] un obbligo procedurale sostanziale che giustifica l’inopponibilità ai privati dei provvedimenti non notificati che limitino la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione”.
[6] Corte di giustizia, sentenza del 30 aprile 1996, causa C-194/94, CIA Security.
[7] Airbnb, cit., par. 97.
[8] Ivi, par. 94.
[9] Ibid.; CIA Security, cit., par. 49-50.
[10] La dicitura inglese “essential procedural requirement” appare forse più corretta perché più generica, anche se la Corte utilizza indifferentemente la locuzione “substantial procedural defect” per indicarne la violazione, cfr. CIA Security, cit., par. 48.
[11] Più corposa è invece l’attenzione sugli obblighi procedurali sostanziali nei rapporti tra le istituzioni europee, su cui si veda per tutti K. Lenaerts, I. Maselis, K. Gutman, EU Procedural Law, Oxford: Oxford University Press, 2014.
[12] Così S. Amadeo, Diritto comunitario ed efficacia diretta degli obblighi statuali di carattere procedimentale, in Il Foro Italiano, 1998, p. 108. Tale nozione si fonda sugli elementi strutturali indicati dalla scarsa giurisprudenza della Corte di giustizia. Essa non comprende, quindi, quegli obblighi procedurali che non comportano doveri di comunicazione o una previe autorizzazione delle istituzioni europee, quali ad esempio quello di compiere una valutazione di impatto ambientale ai sensi della direttiva 85/337/CE.
[13] Conclusioni dell’AG Jacobs presentate il 16 marzo 1989, causa C-380/87, Enichem Base.
[14] Direttiva 75/442/CEE del Consiglio del 15 luglio 1975 relativa ai rifiuti.
[15] Conclusioni dell’AG Jacobs, Enichem Base, cit., par. 14, 17 e 20.
[16] Corte di giustizia, sentenza del 13 luglio 1989, causa C-380/87, Enichem Base, par. 23.
[17] Già da Costa (Corte di giustizia, sentenza del 15 luglio 1964, causa 6/64) la Corte rilevò che l’obbligo di notifica dei progetti di nuovi aiuti di Stato non aveva effetti diretti perché lo Stato membro si era vincolato solamente verso gli altri Stati e la Comunità, non creando quindi alcun diritto per gli individui. In Rasham (Corte di giustizia, sentenza del 3 ottobre 1978, causa C-27/78), la violazione dell’obbligo di notificare di una misura di salvaguardia nel campo della politica commerciale comune ai sensi dell’ex art. 115, par. 2, CE, non rendeva inefficace la misura non notificata, in quanto non era possibile desumere il contrario dal testo della norma. Le stesse conclusioni sono state raggiunte in Bulk Oil (Corte di giustizia, sentenza del 18 febbraio 1986, causa C-174/84) in merito ad un obbligo procedurale stabilito in una decisione del Consiglio, in forza del quale lo Stato che intendesse modificare il livello di liberalizzazione del commercio con i paesi terzi doveva informare gli altri Stati membri e la Commissione. Sono rintracciabili invero alcune pronunce di segno contrario (e.g. Corte di giustizia: sentenza del 8 marzo 1978, causa C-130/78, Salumificio di Cornuda SpA; sentenza del 16 dicembre 1981, causa C-269/80, Regina c. Tymen), in cui la Corte desume l’inapplicabilità di un atto di uno Stato membro dalla sua incompatibilità con norme procedurali del diritto europeo, ma in realtà si trattava di un vizio sostanziale pregresso, già registrato dalla Commissione nella procedura di controllo, che finiva per inficiare anche la misura finale.
[18] Corte di giustizia, sentenza del 13 febbraio 1985, causa C-5/84, Direct Cosmetics, segnatamente par. 37-38.
[19] Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari.
[20] Direttiva 83/189/CEE del Consiglio del 28 marzo 1983 che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, non più in vigore; è stata sostituita prima dalla direttiva 98/34/CE poi dalla direttiva 2015/1535/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione. D’ora in avanti nel testo ci si riferirà indistintamente a tutte le direttive.
[21] Comunicazione della Commissione concernente l'inosservanza di alcune disposizioni della direttiva 83/189/CEE del Consiglio che prevede una procedura d' informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, adottata il 28 marzo 1983.
[22] CIA Security, cit.
[23] Ivi, p. 48.
[24] Ibid.
[25] Ivi, p. 49.
[26] Corte di giustizia: sentenza del 16 giugno 1998, causa C-226/97, Johannes Martinus Lemmens, par. 37-40; sentenza del 26 settembre 2000, causa C-443/98, Unilever, par. 49-51; sentenza del 6 giugno 2002, causa C-159/00 Sapod Audic, par. 49; sentenza del 8 settembre 2005, causa C-303/04, Lidl Italia, par. 23; sentenza del 15 aprile 2010, causa C-433/05, Sandström, par. 43; sentenza del 19 luglio 2012, causa C-26/11, Belgische Petroleum Unie, par. 50; sentenza del 10 luglio 2014, Ivansson, causa C-307/13, par. 47-50; sentenza del 16 aprile 2015, causa T-402/12, Carl Schlyter, par. 37-38; sentenza del 16 luglio 2015, causa C-95/1, UNIC e Uni.co.pel., par. 29-30; sentenza del 4 febbraio 2016, causa C-336/1, Ince, par. 6; sentenza del 21 aprile 2016, causa C-285/15, Beca Engineering, par. 4; sentenza del 1 febbraio 2017, causa C-144/16, Município de Palmela, par. 35-38.
[27] Nel caso di specie la Corte ha stabilito che un privato non poteva opporsi all’utilizzo ai fini penali di rilevamenti ottenuti attraverso un etilometro tarato secondo una regolamentazione tecnica non precedentemente notificata alla Commissione. Quest’utilizzo non era contrario alla finalità dalla direttiva, che era infatti la libera circolazione delle merci. Cfr. Lemmens, cit., par. 27-37.
[28] Unilever, cit., par. 49-51.
[29] Airbnb, cit., par. 88.
[30] Ivi, par. 90.
[31] Ivi, par. 91.
[32] Ivi, par. 92-93.
[33] Ivi, par. 95.
[34] Il paragrafo 6 dell’articolo 3 recita: “Salva la possibilità degli Stati membri di procedere con i provvedimenti in questione, la Commissione verifica con la massima rapidità la compatibilità dei provvedimenti notificati con il diritto comunitario”.
[35] Cfr. art. 9, direttiva 83/189/CEE, cit.
[36] Airbnb, cit., par. 94.
[37] Cfr. art. 9, direttiva 83/189/CEE nei casi CIA Security e Unilever.
[38] Ad esempio in Francia c. Commissione CE la Corte ha ricostruito che in base all’art. 114 del TFUE, pur senza la previsione esplicita di una condizione sospensiva, “uno Stato membro è autorizzato ad applicare disposizioni nazionali notificate solo dopo aver ottenuto una decisione di conferma da parte della Commissione”, cfr. Corte di giustizia, sentenza del 17 maggio 1994, causa C-41/93, Francia c. Commissione CE, par. 30.
[39] Costa, cit.; Corte di giustizia, sentenza del 11 dicembre 1973, causa C-120/73, Gebr. Lorenz Gmbh, p. 8.
[40] Cfr. O. Porchia, L’efficacia della direttiva n. 83/189 in materia di regole tecniche: un raffronto con l’art. 93,3 del trattati, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1996, p. 553; Conclusioni dell’AG Elmer presentate il 24 settembre 1995, causa C-194/94, CIA Security, par. 57.
[41] Cfr. Conclusioni dell’AG Tesauro presentate il 19 settembre 1989, causa C-142/87, Belgio c. Commissione, par. 7.
[42] Cfr. A guide to the procedure for the provision of information in the field of technical standards and regulations and of rules on Information Society services, European Commission, 2005, www.ec.europa.eu.
[43] Airbnb, cit., par. 95: “l’obbligo di notifica previsto dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 tende [...] ad evitare lo sconfinamento, da parte di uno Stato membro, nelle competenze di principio dello Stato membro in cui è stabilito il fornitore del servizio della società dell’informazione interessato”.
[44] Douglas parla ad esempio di “policy decision” riguardo la scelta discrezionale della Corte di rafforzare l’efficacia della procedura di controllo della direttiva 83/189/CE. Cfr. M. Douglas, The “Disguised” Vertical Direct Effect of Directives?, in Cambridge Law Journal, 2000, p. 586 et seq.
[45] Sapod Audic, cit., par. 39-46.
[46] Ivi, par. 71 et seq.
[47] In particolare, in Falbert alla Corte è stato richiesto, analogamente ad Airbnb, di chiarire se una legge danese che estendeva il divieto di organizzare e pubblicizzare il gioco d’azzardo senza preventiva licenza anche ai servizi della società dell’informazione dovesse essere qualificata come norma tecnica e conseguentemente notificata. La Corte si è limitata, complice la struttura delle questioni pregiudiziali, soltanto ad escludere questa possibilità. Non si è però pronunciata sulla possibilità che la misura dovesse in ogni caso essere notificata, rientrando nell’ambito di applicazione dell’art. 3, par. 4 della direttiva 31/2000. Vedi Corte di giustizia: sentenza del 2 febbraio 2016, causa C-336/14, Ince, par. 75-76; sentenza del 30 dicembre 2017, causa C-255-16, Falbert, par. 27-30.
[48] Airbnb, cit., par. 97.
[49] Ex multis, Corte di giustizia, sentenza del 9 febbraio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori. Anche più recentemente, con molta nettezza, v. Corte di giustizia: sentenza del 7 agosto 2018, causa C-122/17, Smith; sentenza del 24 giugno 2019, causa C-573/17, Poplawski.
[50] Smith, cit., par. 42; Corte di giustizia, sentenza del 22 gennaio 2019, causa C-193/17, Cresco Investigation, par. 72.
[51] Poplawski, cit., par. 65-66.
[52] V. ex multis, S. Prechal, Directives in EC Law, Oxford: Oxford University Press, 2005, p. 261; R. Kral, Questioning the Limits of Invocability of EU Directives in Triangular Situations, in European Public Law, 2010, p. 239 et seq.; C. Timmermans, Community Directives Revisited, in Yearbook of European Law, 1997, p. 17.
[53] E. Cannizzaro, Il diritto dell’integrazione europea, Torino: Giappichelli, 2018, p. 126.
[54] P. Craig, G. De Burca, EU Law: Text, Cases, and Materials, Oxford: Oxford University Press, 2011, p. 207.
[55] Per approfondire, oltre a S. Prechal, Directives in EC Law, cit., R. Kral, Questioning the Limits of Invocability of EU Directives in Triangular Situations, cit., C. Timmermans, Community Directives Revisited, cit., vedi M. Lenz, D. Tynes, L. Young, Horizontal What? Back to Basics, in European Law Review, 2000, p. 509 et seq.; T. Tridimas, Black, White, and Shades of Grey: Horizontality of Directives Revisited, in Yearbook of European Law, 2002, p. 327 et seq.
[56] Unilever, cit., par. 51. In dottrina, cfr. O. Porchia, L’efficacia della direttiva n. 83/189 in materia di regole tecniche, cit., p. 544 et seq.; S. Amadeo, Diritto comunitario ed efficacia diretta degli obblighi statuali di carattere procedimentale, cit., p. 110.
[57] V. la seconda questione pregiudiziale: “[chiarisca la Corte] se le norme restrittive relative all’esercizio della professione di agente immobiliare in Francia, previste dalla legge Hoguet, siano opponibili alla Airbnb Ireland”.
[58] Cfr. Conclusioni dell’AG Jacobs presentate il 27 gennaio 2000, causa C-443/98, Unilever, par. 112.
[59] Sulla possibilità che si creeino “legal vacuums”, ex multis M. Dougan, Primacy and the Remedy of Disapplication, in Common Market Law Review, 2019, pp. 1484-1485.
[60] Questa la finalità indicata dallo Stato francese, cfr. conclusioni dell’AG Szpunar presentate il 30 aprile 2019, causa C-390/18, Airbnb Ireland, par. 123.
[61] Tale preoccupazione è stata registrata dai sindaci della città di Amsterdam e di altre dieci città europee. V. Gemeente Amsterdam, Cities alarmed about European protection of holiday rental, in www.amsterdam.nl, marzo 2019.
[62] V. la consultazioni pubblica lanciata dalla Commissione europea, Public consultation on the regulatory environment for platforms, online intermediaries, data and cloud computing and the collaborative economy in www.ec.europa.eu.
[63] V. la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia) il 30 settembre 2019, causa C-723/19, Airbnb Ireland UC, Airbnb Payments UK Ltd/Agenzia delle Entrate. In particolare alla Corte sono state richieste due questioni analoghe a quelle della sentenza esaminata: se possano essere imposti obblighi informativi e fiscali, consistenti nella trasmissione alle autorità dei dati relativi ai contratti e della ritenuta sui pagamenti conclusi tramite il portale telematico, senza che essi siano stati previamente notificati alla Commissione; e se più in generale il diritto europeo, con riferimento alle norme sulla libera circolazione dei servizi e alla direttiva e-commerce, osti all’introduzione dei succitati obblighi.