La reazione dell’Unione europea di fronte alla crisi del Mediterraneo orientale: tra misure restrittive e la proposizione di “un’agenda politica positiva” alla Turchia

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Abstract: This Insight examines the EU’s reaction to the breaches of the territorial sovereignty of Cyprus and Greece by Turkey in the context of the crisis of the Eastern Mediterranean sea which developed between 2019 and 2020. The EU has reacted by adopting restrictive measures against two Turkish nationals responsible for drilling operations authorised by Turkey in the territorial sea and in the exclusive economic zone of the Republic of Cyprus. The individual restrictive measures examined in this paper are adopted for the first time against a candidate to the EU membership and a NATO member in order to protect the sovereign rights of one its Members, namely the Republic of Cyprus. The territorial dispute between the latter and Turkey, on the exercise of sovereignty over the marine areas around the island of Cyprus has extended to Greece due to the sismic activities carried out by Turkey vessels in waters included in the Greek continental shelf. Turkey, which is not part of the UNCLOS, has also delimited the continental shelf with Libya and has an interest in exploiting the natural resources on the continental shelf of both Greece and Cyprus. This contribution illustrates the various diplomatic initiatives taken to solve the territorial disputes and reflects on the diplomatic role that the EU may play in order to settle the dispute between the Parties.

Keywords: restrictive measures – Turkey – Republic of Cyprus – Greece – continental shelf – EU diplomacy.
 

I. Introduzione

A partire dal maggio 2019 la Turchia ha condotto una serie di attività di perforazione del sottosuolo e di esplorazione nelle zone marittime sulle quali la Repubblica di Cipro esercita la propria sovranità, senza tuttavia avere l’autorizzazione di quest’ultimo Paese. Le iniziative turche sono da collegarsi alla scoperta di giacimenti di gas nel sottosuolo della piattaforma continentale di Cipro. Lo sfruttamento di tali risorse è strategicamente interessante non solo per gli Stati menzionati ma anche per altri Paesi del Mediterraneo, in particolare Italia, Giordania, Israele e Palestina.[1] Come vedremo (infra, par. IV) non è la prima volta che la Turchia decide di avviare simili operazioni in assenza di autorizzazione e in violazione del diritto internazionale. Il presente scritto riguarda i problemi giuridici collegati alla crisi del Mediterraneo orientale che si è sviluppata tra il 2019 e il 2020 e vede coinvolti la Repubblica di Cipro, la Turchia e la Grecia. In aggiunta, intende esaminare la reazione dell’UE rispetto agli illeciti della Turchia e il possibile ruolo di attore diplomatico che l’UE potrebbe svolgere nel contesto della crisi. Più in particolare, il paragrafo II si occupa della divisione dell’Isola di Cipro in due parti. Successivamente, viene illustrata la rete di accordi di delimitazione delle aree marittime che ha portato ad una escalation delle tensioni tra la Turchia, da un lato, e Cipro e la Grecia, dall’altro (paragrafo III). Inoltre, vengono evidenziate le ragioni alla base dell’incompatibilità delle attività turche con le disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1982 (CNUDM) e del diritto consuetudinario. Il paragrafo IV si sofferma sulla reazione dell’Unione e sul contenuto delle misure restrittive adottate, dopo aver descritto rapidamente le recenti attività di perforazione e esplorazione intorno all’Isola di Cipro condotte dalla Turchia. Segue il paragrafo V nel quale sono commentate la particolarità delle sanzioni, ponendole nel contesto della prassi di altre misure PESC dell’UE, stabilite in relazione a violazioni della sovranità territoriale da parte di altri Stati terzi, nonché nel quadro dei rapporti tra l’Unione e la Turchia. Infine, il saggio si chiude con alcune considerazioni riguardanti la posizione ambigua assunta dall’UE nei confronti della Turchia e sottolinea la portata e i limiti del ruolo diplomatico dell’Unione in relazione alla controversia tra la Turchia, Cipro e la Grecia individuati dal Consiglio europeo nella sua recente riunione del 1-2 ottobre 2020.

II. La divisione dell’Isola di Cipro e il non riconoscimento della Repubblica turca di Cipro del nord

Come è noto, l’Isola di Cipro è divisa di fatto in una parte meridionale greco-cipriota, che costituisce la Repubblica di Cipro, e in una parte settentrionale turco-cipriota: solo la prima è governata da un’autorità legittima ed internazionalmente riconosciuta. Invece, la Repubblica turca di Cipro del nord (RTCN), auto-proclamatasi nel 1983,[2] è priva di riconoscimento internazionale, essendo la Turchia l’unico Stato ad aver dichiarato di voler intrattenere relazioni diplomatiche con questa entità. Tale Paese mantiene una presenza militare sul territorio ed è considerato potenza occupante sulla base del diritto internazionale.

Sia il Consiglio di sicurezza[3] che l’Assemblea generale[4] hanno condannato l’invasione di Cipro da parte della Turchia. Inoltre, le risoluzioni nn. 541/1983 e 550/1984[5] del primo organo citato hanno considerato invalida la dichiarazione di secessione da parte delle autorità turco-cipriote e hanno fatto appello a tutti gli Stati delle NU affinché rispettino la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale della Repubblica di Cipro e non riconoscano o offrano sostegno alla RTCN. Gli Stati membri dell’UE[6] non hanno avuto difficoltà a mettere in atto il non riconoscimento collettivo rispetto ad entità stabilite attraverso l’uso della forza e ciò è avvenuto anche rispetto alla RTCN.[7] Peraltro, la stessa Corte di giustizia europea ha avuto occasione di applicare la “politica del non riconoscimento” rispetto alla RTCN nell’interpretazione di un accordo di associazione, concluso dall’allora Comunità europea con la Repubblica di Cipro nel 1972.[8] Il giudice dell’Unione ha interpretato le disposizioni del Trattato bilaterale escludendo che i certificati di origine di merci provenienti dalla RTCN, rilasciati dalle autorità doganali di tale entità, potessero essere accettati dagli Stati membri per applicare il trattamento tariffario favorevole previsto dall’accordo per le merci cipriote.

La Repubblica di Cipro è divenuta membro dell’UE il 1° maggio 2004, nonostante il fallimento di ogni tentativo di giungere alla riunificazione dell’Isola sia da parte dell’Unione che delle Nazioni Unite. Il Protocollo di adesione riferito a Cipro sospende l’acquis communautaire “nelle zone della Repubblica di Cipro sulle quali il Governo della Repubblica di Cipro non esercita un controllo effettivo”.[9] Di fatto, dunque, soltanto la parte meridionale dell’Isola è a tutti gli effetti uno Stato membro UE.

III. Gli accordi di delimitazione della piattaforma continentale e/o della ZEE conclusi da Cipro, Turchia e Grecia e le attività illecite condotte dalla Turchia

Al centro della disputa fra Turchia, Cipro e Grecia c’è la delimitazione delle rispettive aree marine e lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo. Occorre precisare che la Turchia non è membro della CNUDM; inoltre, fino al 2019, anno in cui ha concluso un accordo con il Governo libico, non aveva provveduto né all’istituzione di una ZEE, né alla delimitazione della sua piattaforma continentale in via convenzionale con altri Stati nel contesto del Mediterraneo.[10]

Ai sensi della CNUDM, lo Stato costiero ha il diritto di esplorazione e sfruttamento delle risorse presenti nel fondo e nel sottosuolo marino fino al limite della sua piattaforma continentale e nessun altro soggetto di diritto internazionale può intraprendere tali attività – ivi incluse quelle di perforazione[11] – nell’area senza la sua autorizzazione.[12]

Gli Stati con coste opposte o adiacenti sono tenuti a delimitare le rispettive ZEE e piattaforma continentale in base ad un accordo, al fine di raggiungere una soluzione equa[13] e, nell’attesa, devono compiere ogni possibile sforzo per addivenire a soluzioni provvisorie e per non compromettere o ostacolare l’intesa finale.[14]

La CNUDM stabilisce che il mare territoriale, la ZEE e la piattaforma continentale di un’isola sono determinati conformemente alle disposizioni relative agli altri territori terrestri.[15] Nella prassi, il metodo di delimitazione più frequentemente utilizzato è quello della linea mediana tra le coste opposte. Eppure, in alcuni casi, le isole di piccole dimensioni non sono state considerate rilevanti durante l’operazione di tracciamento delle linee di base ai fini della delimitazione delle aree di giurisdizione.[16]

La Turchia sostiene, fin dai tempi dei negoziati per la conclusione della Convenzione, che le isole “in certe regioni”, in quanto tali, non possiedano una propria piattaforma continentale e non siano dunque legittimate a generare zone marittime complete.[17] Ciò avviene quando queste si inseriscono nel contesto di un’ampia piattaforma continentale – in senso geologico – dello Stato costiero che le fronteggia e, di conseguenza, si trovano totalmente o parzialmente all’interno del cono d’acqua che sovrasta tale zona. Questo è proprio il caso dell’Isola di Cipro e delle Isole greche del Mar Egeo (tra cui Rodi e Creta, ma anche Kos e il gruppo insulare di Castellorizo) rispetto alla Turchia. La prossimità delle Isole greche alle coste turche, in particolare, è motivo di disputa tra i due Stati sia in relazione alla delimitazione del mare territoriale, che a quella della piattaforma continentale.

La Grecia ritiene che le sue isole, per quanto piccole, abbiano gli stessi diritti dei territori terrestri, tra i quali quello allo sfruttamento delle risorse nella propria piattaforma continentale. Secondo la Turchia, nella proclamazione delle rispettive aree marittime, i governi di Atene e Nicosia non potrebbero applicare il criterio dell’equidistanza – che sarebbe in contrasto con il diritto internazionale del mare e con la giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia[18] – ma il principio di equità.[19] Proprio perché la situazione del Mar Egeo costituisce una circostanza speciale dovuta alla sua conformazione geografica unica, dovrebbe essere applicato un insieme di altri criteri che permettano di contemperare le esigenze di tutte le parti interessate.[20]

Se da una parte è vero che in alcuni casi i diritti delle isole di istituire zone marittime sono stati limitati convenzionalmente[21] e che le corti internazionali hanno giudicato che il criterio dell’equidistanza non è l’unico metodo applicabile e che deve essere dimostrato, caso per caso, che la soluzione ottenuta sia equa per le Parti[22], dall’altra parte, la Corte internazionale di giustizia non ha escluso che un’isola possa avere una piattaforma continentale per il solo fatto di essere collocata all’interno di quella di un altro Stato.[23] Secondo chi scrive, anche altre circostanze sono da tenere in considerazione, ovvero il fatto che tra le Parti non è intervenuto alcun accordo di delimitazione, che la Turchia non ha ratificato la CNUDM e che non ha acconsentito a fare ricorso ad alcun meccanismo internazionale di risoluzione delle controversie. In aggiunta, va osservato che l’Isola di Cipro rappresenta un caso particolare, non soltanto per la sua grandezza, ma anche poiché si tratta di uno Stato insulare.

Veniamo alla posizione di quest’ultimo Paese. Esso ha aderito alla CNUDM nel 1988[24] ed ha proclamato la propria ZEE tramite una legge del 2004: in base ad essa, laddove la ZEE si sovrapponga a quella di un altro Stato costiero, in assenza di una delimitazione convenzionale, è applicata la regola della linea mediana – equidistante tra l’Isola di Cipro e lo Stato che la fronteggia.[25] Il suddetto criterio era già stato utilizzato nel 2003 per la suddivisione delle rispettive ZEE nell’accordo concluso tra la Repubblica di Cipro e l’Egitto[26] e contestato dalla Turchia, la quale aveva sostenuto, inter alia, che le autorità greco-cipriote non rappresentano il Paese nel suo complesso (cioè la componente turco-cipriota).[27] Altre intese simili erano state raggiunte con il Libano e Israele rispettivamente nel 2007 e nel 2010 (il secondo Paese non è parte della CNUDM).[28]

Nel settembre 2011 la Turchia e la RTCN hanno firmato un “trattato” bilaterale di delimitazione della rispettiva piattaforma continentale.[29] L’accordo, che interessava alcune aree della ZEE della Repubblica di Cipro,[30] era stato concluso in vista della concessione di licenze per l’esplorazione e lo sfruttamento delle riserve di petrolio e gas presenti intorno all’Isola alla Turkish Petroleum Corporation (TPAO) [31] in reazione all’avvio di simili attività da parte della Repubblica di Cipro.[32] Dopo la stipula di tale atto, infatti, la Turchia ha avviato attività esplorative nella parte nord-orientale dell’Isola di Cipro in aree che essa considera parte della propria piattaforma continentale, o comunque sotto la giurisdizione della RTCN e sulla base di licenze rilasciate da quest’ultima.[33]

Il 25 aprile 2014 la Turchia ha comunicato alle NU le coordinate geografiche della piattaforma continentale turca nel Mediterraneo orientale, così come stabilite di concerto con la RTCN.[34] Tale azione non ha ottenuto il riconoscimento di deposito ufficiale.[35] La Repubblica di Cipro e la Grecia si sono opposte fermamente sia al trattato bilaterale che alla conseguente notifica delle coordinate alle NU da parte della Turchia.[36]

In effetti, non è possibile reputare valido ai sensi del diritto internazionale l’accordo di delimitazione concluso tra la Turchia e la RTCN: ciò in quanto le risoluzioni del CdS nn. 541/1983 e 550/1984 impongono di non riconoscere gli effetti giuridici degli atti posti in essere dalle autorità del territorio occupato. Pertanto, le uniche delimitazioni aventi effetti giuridici sono quelle relative alla ZEE oggetto di accordi bilaterali tra la Repubblica di Cipro, da una parte e l’Egitto ed Israele, dall’altra.[37]

Come già anticipato, un’intesa tra il governo di Nicosia e quello di Ankara non è ancora intervenuta a regolare le aree marittime dei due Stati. Essendo impossibile per le parti raggiungere un accordo pendente la c.d. “questione di Cipro”, ciascuna si è mossa unilateralmente: la Turchia, da una parte, avviando le operazioni di esplorazione non autorizzate e la Repubblica di Cipro, dall’altra, notificando (lo stesso giorno) i limiti esterni settentrionali e nord-occidentali della propria ZEE e piattaforma continentale. La linea di demarcazione degli stessi diverge da quella stabilita anni prima nell’intesa tra Turchia e RTCN, coincidendo invece con la linea mediana tra le coste cipriote e quelle turche e risultando quindi spostata verso la Turchia.[38]

A partire dal 4 maggio 2019 sono quindi cominciate le nuove attività illegali turche nelle acque cipriote. La nave perforatrice Fatih, facente parte della TPAO, ha fatto ingresso nella ZEE cipriota scortata da navi militari.[39] L’8 luglio 2019 la Yavuz, anch’essa appartenente alla TPAO, è entrata addirittura nelle acque territoriali di Cipro, nelle immediate vicinanze della penisola di Karpaz.[40]

Il 13 luglio 2019 il governo turco-cipriota ha avanzato una proposta intesa a stabilire un meccanismo di cooperazione con la Repubblica di Cipro al fine di sfruttare gli idrocarburi presenti attorno all’Isola. Tuttavia, il governo di Nicosia ha rigettato tale iniziativa.[41]

Le attività di perforazione della nave Fatih si sono svolte tra maggio e novembre 2019 nella ZEE ad ovest dell’Isola e da novembre 2019 nelle immediate vicinanze delle acque territoriali cipriote; quelle della nave Yavuz tra luglio e settembre 2019 nelle acque territoriali del Paese europeo e tra ottobre 2019 e maggio 2020 in un’area della ZEE della Repubblica di Cipro istituita e delimitata sulla base degli accordi con l’Egitto ed Israele.[42] La nave turca Barbaros Hayreddin Paşa ha effettuato, a partire da gennaio 2019, indagini sismiche nei blocchi nn. 1, 8, 9 e 12 della piattaforma continentale meridionale della Repubblica di Cipro.[43] Il 17 settembre 2019 anche la nave turca Oruç Reis ha fatto ingresso nella ZEE di Cipro per effettuare ulteriori indagini sismiche.[44]

Nel dicembre 2019 Nicosia ha invitato ufficialmente Ankara a concludere un accordo al fine di adire la Corte internazionale di giustizia in merito alla delimitazione della rispettiva giurisdizione nel Mediterraneo orientale.[45] Come anticipato, il Governo turco ad oggi non ha acconsentito a ricorrere a strumenti di risoluzione delle controversie, né ha cessato le attività esplorative.

A partire da novembre 2019, la Turchia è andata ad interferire con le zone marittime sotto la giurisdizione della Grecia[46]. Dopo essere intervenuta a supporto del Governo di accordo nazionale libico, ha concluso con tale Paese un memorandum di delimitazione delle rispettive piattaforme continentali e ZEE.[47] Così facendo, ha offerto alla Libia un confine più settentrionale rispetto a quello proposto dalla Grecia, anche a seguito del fallimento delle trattative di delimitazione tra i due Stati.[48] Tuttavia, tale documento ignora la presenza, tra le altre, delle Isole greche di Rodi e di Creta, posizionate tra le coste della Turchia e della Libia.[49] Il menzionato memorandum è considerato arbitrario dal Consiglio europeo ed è riconosciuto come valido soltanto dai due Paesi firmatari.[50] Nonostante ciò, il Ministro dell’energia turco ha recentemente dichiarato che la TPAO avvierà degli studi sismici alla ricerca di idrocarburi sulla base di licenze rilasciate in forza di tale trattato bilaterale.[51] Tutto ciò ha inasprito ulteriormente le tensioni con la Grecia e con Cipro, in quanto tale intesa viola i diritti sovrani dei due Stati membri UE e il diritto del mare.

IV. La reazione coesa dell’Unione europea alle attività illecite turche

Il 9 maggio 2019 i capi di Stato o di governo degli Stati membri dell’Unione sono stati informati da Cipro riguardo allo svolgimento delle attività turche in una riunione informale, svoltasi in Romania (Paese che deteneva la Presidenza del Consiglio) e il consesso ha sostenuto la posizione cipriota in modo unanime.[52] Nel giugno 2019 il Consiglio europeo ha condannato fermamente le attività illecite turche condotte nel Mar Mediterraneo orientale e ha rivolto un invito alla Commissione europea e all’Alto Rappresentante affinché adottassero misure appropriate.[53] Nel luglio 2019 il Consiglio affari esteri ha invitato la Turchia a negoziare in buona fede con Cipro al fine di delimitare la zona economica esclusiva e la piattaforma continentale; ha anche adottato alcune misure di ritorsione nei confronti di tale Paese:[54] in particolare, ha sospeso i negoziati in corso con la Turchia per la conclusione di un accordo globale sul trasporto aereo e ha deciso di non tenere né il consiglio di associazione, e neppure le ulteriori riunioni in programma nel contesto dei dialoghi politici ad alto livello UE-Turchia. Contestualmente, il Consiglio ha approvato la proposta della Commissione di ridurre l’assistenza di preadesione europea alla Turchia per l’anno 2020 e ha invitato la Banca europea per gli investimenti a riesaminare le sue attività di prestito in Turchia.[55]

Avendo constatato che le menzionate misure non hanno condotto alla cessazione dell’illecito, nel novembre 2019 il Consiglio dell’UE ha istituito un quadro di sanzioni[56] a carattere economico tramite una decisione PESC[57] ai sensi dell’art. 29 TUE e su proposta dell’Alto rappresentante UE. Ha instaurato tali misure in modo autonomo rispetto alle Nazioni Unite (NU).[58] Le sanzioni vanno a colpire le persone fisiche o giuridiche responsabili e/o coinvolte[59] nelle attività illegali di trivellazione in cerca di idrocarburi, o che forniscono sostegno finanziario, tecnico o materiale al compimento delle suddette attività o che sono associate a tali persone o entità. Le misure in questione, che sono state approvate quando ancora il Regno Unito partecipava in qualità di Stato membro alle riunioni del Consiglio affari esteri, consistono in un divieto di ingresso e di transito all’interno del territorio degli Stati membri UE – c.d. visa ban – e nel congelamento delle risorse economiche – c.d. asset freeze – nei confronti di due persone fisiche della Turkish Petroleum Corporation, ritenute responsabili della pianificazione, direzione e attuazione delle attività di ricerca di idrocarburi offshore.[60]

Gli strumenti adottati dall’Unione a titolo di Politica estera di Sicurezza Comune (PESC) sono particolarmente interessanti poiché per la prima volta sono intesi a reagire ad un’attività illecita, consistente nella violazione della sovranità territoriale di uno Stato membro su porzioni di aree marine sul relativo sottosuolo e hanno il fine di sostenere le sue pretese. Inoltre, sono le prime misure restrittive contro la Turchia, un Paese membro della NATO, formalmente candidato alla membership europea, che ha da tempo rapporti tesi con l’Unione: non a caso in un rapporto del 2018 la Commissione e l’Alto rappresentante definiscono la Turchia come distante dall’Unione.[61] In effetti, il processo di allargamento è di fatto sospeso a causa, inter alia, degli ostacoli posti in essere da tale Stato, a partire dal 2006, al funzionamento dell’Unione doganale proprio in relazione alla Repubblica di Cipro.[62] Anche l’intervento militare turco in Libia, pur essendo avvenuto su richiesta del Governo di unità nazionale, ha destato le preoccupazioni dell’AR.[63]

Quanto alle attività illegali svolte dalla Turchia nel Mediterraneo orientale[64] sin dal 2014 erano state condannate dall’Unione. A partire dal 2018 il Consiglio europeo aveva protestato rispetto alle operazioni condotte da tale Paese nelle acque cipriote e in quelle del Mar Egeo ed aveva chiesto alla Turchia di cessare tali attività e di agire nel rispetto dei diritti sovrani dell’Isola di Cipro riguardanti l’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse naturali.[65]

In effetti, le esplorazioni turche si sono svolte nella porzione di mare che, in base al diritto internazionale, è sottoposta alla giurisdizione della Repubblica di Cipro o in aree non ancora oggetto di accordi di delimitazione conclusi da Cipro con gli Stati di costa opposta e, dunque, sulle quali la Turchia non detiene diritti sovrani. Secondo tale ultimo Stato, le attività sono lecite in quanto avvenute nella sua piattaforma continentale o sulla base di licenze rilasciate in forza dell’accordo del 2011 con la RTCN. Tuttavia, come già detto nel paragrafo III, a tale accordo non può essere riconosciuto alcun effetto giuridico.

Esaminando più da vicino la decisione PESC n. 2019/1894 del novembre 2019, si può notare come essa definisca in modo ampio la nozione di “attività illegali” ricomprendendovi anche quelle “suscettibili di compromettere od ostacolare il raggiungimento di un accordo di delimitazione” nei casi in cui la ZEE o la piattaforma continentale non siano state delimitate in conformità del diritto internazionale con uno Stato avente una costa opposta. Sembrerebbero essere comprese tra queste un’ampia gamma di decisioni assunte dalla leadership politica turca nello sviluppo dei rapporti con la Repubblica di Cipro in relazione alla delimitazione delle aree marittime. Tra le varie attività, quelle di trivellazione non autorizzate, portate avanti dalle navi battenti bandiera turca, ostacolano in particolar modo la composizione della controversia e impediscono che la delimitazione territoriale in via convenzionale tra le Parti possa essere realizzata.

Essendo stata violata la sovranità territoriale di uno Stato membro ed esistendo una minaccia concreta alla sicurezza internazionale della Grecia, non è stato difficile raggiungere una decisione PESC all’unanimità per istituire le misure restrittive. Anche quando le trivellazioni hanno luogo in aree in cui la ZEE non è stata delimitata da Cipro tramite accordo internazionale con uno Stato avente costa opposta, cionondimeno ostacolano il raggiungimento di un accordo di delimitazione.[66] L’Unione ha dunque considerato le operazioni turche come una minaccia diretta ai suoi interessi e alla sua sicurezza.

Va osservato che l’allegato I alla decisione PESC, che aveva istituito il quadro di sanzioni nel novembre 2019, non conteneva alcun soggetto destinatario delle misure restrittive. Tuttavia, l’adozione di tali misure era un segno evidente che esisteva una volontà comune degli Stati membri UE di sanzionare gli illeciti compiuti dalla Turchia, laddove questi fossero continuati. Infatti, qualche mese dopo, il 27 febbraio 2020, è stata pubblicata la decisione PESC[67] che designa due alti funzionari dell’impresa TPAO che aveva condotto le trivellazioni.[68] La motivazione alla base delle sanzioni è che tali persone hanno pianificato, partecipato, diretto e dato attuazione alle attività di ricerca di idrocarburi offshore della TPAO non autorizzate dalla Repubblica di Cipro.

V. Le particolarità delle misure restrittive dell’Unione contro uno Stato candidato all’adesione all’UE ma distante da essa

Nel corso del tempo, l’Unione ha fatto ricorso a misure restrittive per il perseguimento di molteplici finalità, intervenendo in situazioni anche molto diverse fra loro e con l’intento di realizzare gli obiettivi della sua azione esterna, che si basa sul rispetto del diritto internazionale[69] e dei principi della Carta delle NU.[70] Attraverso lo strumento delle sanzioni, e, in particolare, di quelle autonome dalle NU, l’UE si propone sul piano internazionale quale soggetto economicamente e politicamente influente, capace di proiettare i propri valori verso l’esterno. Nella prassi delle misure restrittive adottate, la decisione di approvare tali atti è legata non solo alla commissione di un illecito internazionale compiuto da parte di uno Stato terzo, ma anche alla volontà degli Stati membri di salvaguardare i valori dell’Unione, quali il rispetto della democrazia, dei diritti dell’uomo e della rule of law.[71]

Le misure in esame costituiscono una reazione ad una violazione di norme internazionali di importanza fondamentale, quelle che tutelano la sovranità territoriale di uno Stato. L’Unione ha adottato sanzioni autonome in altri contesti di violazione della sovranità e dell’indipendenza di uno Stato terzo. Ad esempio, si possono richiamare le misure adottate nel 2014 contro la leadership crimeana a seguito dello svolgimento del referendum per l’indipendenza e dell’annessione della Crimea, nonché le misure restrittive adottate nei confronti della Russia in ragione delle azioni di destabilizzazione della situazione nell’Ucraina dell’Est e contro la leadership politica e militare delle Repubbliche di Donetsk e Luhansk a seguito della secessione di queste ultime dall’Ucraina.[72]

Tuttavia, le misure restrittive adottate nei confronti della Turchia costituiscono un caso di intervento sanzionatorio “sui generis” per tre ragioni: in primo luogo, sono adottate al fine di tutelare la sovranità territoriale di uno Stato membro dell’UE e sono per la prima volta giustificate dal Consiglio sulla base del principio della solidarietà tra Stati membri,[73] su cui si fonda la PESC, ex art. 24 c. 2 TUE. Di recente, è stato elevato al rango di “principio generale alla base di tutto il sistema dell’Unione” in una sentenza del Tribunale[74] relativa alla politica energetica che ha portato all’annullamento di un atto di diritto secondario proprio per aver violato tale principio. Nelle misure restrittive in esame lo troviamo invocato per la prima volta a titolo di giustificazione di un atto PESC.

In secondo luogo, gli atti dell’Unione che qui si commenta sono adottati nei confronti di uno Stato europeo che ha lo status di Paese candidato dal 2005; peraltro, la progressione del processo di allargamento è condizionata dal 2006 alla positiva risoluzione della “questione di Cipro”[75] e quest’ultimo Paese è l’ispiratore delle misure restrittive adottate. Come è noto, in occasione dell’adesione del 2004 l’UE ha cercato di favorire la composizione della disputa tra la Repubblica di Cipro e la Turchia senza tuttavia riuscirci: come evidenziato (v. supra, par. II), l’Isola rimane divisa in due parti e quella settentrionale è soggetta al controllo di Ankara. Il Paese candidato non sembra propenso alla cooperazione finalizzata alla composizione del conflitto; la tensione con Cipro dovuta alla ricerca e allo sfruttamento dei giacimenti di gas è solo l’ultima manifestazione dell’atteggiamento turco.

Ora, la violazione della sovranità territoriale di uno Stato membro dell’Unione costituisce un pericolo importante per la stabilità dell’organizzazione, tant’è vero che quest’ultima richiede agli Stati europei che fanno domanda di adesione ex art. 49 del TUE di non avere dispute territoriali né con i Paesi vicini, in violazione di un principio che può essere definito di “buon vicinato”, e neppure con gli Stati membri dell’Unione. Anche nel contesto dell’attuale processo di allargamento, sia la Serbia che la Macedonia hanno adottato misure intese a normalizzare le relazioni con il Kosovo e la Macedonia rispettivamente.[76] Inoltre, al fine di incrementare l’efficacia delle misure restrittive, l’UE si aspetta che i Paesi candidati alla membership europea si allineino agli indirizzi politici e agli atti di politica estera dell’Unione, tra cui rientrano le sanzioni.[77] Il caso in esame appare quindi particolarmente anomalo proprio perché la Turchia, anziché cooperare al rafforzamento della politica estera dell’Unione, è diventata un polo di attrazione delle misure restrittive europee. È evidente che la posizione espressa dall’Unione con l’adozione degli atti PESC in esame è ontologicamente incompatibile con la prospettiva dell’allargamento alla Turchia; in ogni caso, anche laddove tale prospettiva fosse definitivamente accantonata, le misure restrittive adottate sono suscettibili di pregiudicare il quadro delle future relazioni con tale Paese. Non va poi dimenticato che la Turchia è parte della NATO e quindi le tensioni con i membri dell’UE, a loro volta in prevalenza membri anche dell’ organizzazione militare, aggravano anche quelle all’interno di quest’ultima. A questo proposito, va segnalato che il Regno Unito – altro membro dell’Alleanza, con interessi sull’Isola di Cipro – non ha ancora chiarito se, una volta terminato il periodo transitorio che vede tale Paese vincolato al rispetto delle norme dell’UE – ivi incluse quelle in materia di misure restrittive – continuerà a sanzionare la Turchia per le attività illecite condotte nel Mediterraneo orientale, oppure deciderà di non allinearsi alla politica estera dell’UE.[78]

Infine, la terza ragione di particolarità delle sanzioni in esame è che pur avendo la Turchia compiuto varie violazioni di norme internazionali, l’Unione è intervenuta con misure restrittive solo quando detto Stato ha violato la sovranità territoriale della Repubblica di Cipro. Le occasioni per sanzionare la Turchia per le violazioni di diritti umani non sono mancate negli ultimi anni. Si segnalano, ad esempio, la privazione della libertà agli oppositori del regime a seguito del fallito colpo di Stato del 2015, ma anche il trattamento della minoranza curda. Ciò mette in discussione la coerenza dell’azione esterna dell’UE. L’assenza di misure restrittive è senz’altro legata alle tendenze al pragmatismo che si sono consolidate a partire dalla primavera araba e che, pur essendosi attenuate con la reazione complessivamente coesa assunta dall’Unione nei confronti dell’aggressività russa a partire dal 2014, si sono risvegliate con la crisi migratoria del 2015. Va detto che se da un lato, la distanza tra i due partners è aumentata dopo il fallito colpo di stato contro il Governo di Erdogan del 2015, tuttavia, ciò non ha impedito all’Unione di sviluppare una cooperazione bilaterale, basata sulla Dichiarazione UE-Turchia del marzo 2016,[79] con riguardo alla riammissione di migranti irregolari e al reinsediamento di rifugiati siriani nell’UE. Occorre inoltre sottolineare che la Turchia rimane un partner fondamentale per l’Unione in molti altri settori, quali la lotta al terrorismo, l’economia e il commercio.[80]

È pur vero che la violazione del principio di sovranità di un suo Stato membro è certamente una violazione di norme internazionali sufficientemente grave da giustificare un cambiamento di atteggiamento nei confronti della Turchia, soprattutto nell’attuale fase di deterioramento prolungato delle relazioni bilaterali con l’Unione. Adottando le misure in esame, l’UE sembrerebbe sospendere la strategia del pragmatismo adottata fino ad oggi nei confronti del governo turco e manifestatasi nella decisione di non adottare sanzioni. Certamente, non va sottaciuto che le misure restrittive individuali adottate fino ad oggi non possono essere definite come una reazione particolarmente forte di fronte alla violazione della sovranità territoriale di Cipro. Infatti, l’Unione avrebbe potuto adottare sanzioni contro il Paese come ha fatto, ad esempio, nei confronti della Russia per la mancata osservanza del pacchetto di misure sull’implementazione degli accordi di Minsk del 12 febbraio 2015. Invece, le misure adottate sono rivolte contro le persone che materialmente hanno permesso alla Turchia di realizzare le attività illegali internazionali. Di fronte alla modestia della sua reazione, Cipro ha deciso di bloccare le sanzioni contro la Bielorussia come strumento di pressione sugli altri Stati membri per convincerli ad adottare misure di più ampia portata nei confronti della Turchia. Ciò rende particolarmente attuale il dibattito sull’abolizione del requisito dell’unanimità in relazione ad alcune misure incluse le misure restrittive al fine di aumentare l’efficacia e la credibilità dell’Unione europea sullo scenario internazionale.[81] Le condizioni politiche non sono mai state più propizie per fare un balzo in avanti e rinunciare ad una delle specificità della PESC che costituisce uno degli elementi più importanti del metodo intergovernativo e cioè l’unanimità all’interno del Consiglio. Tuttavia, va sottolineato che, di recente, l’opposizione di Cipro è stata superata e l’Unione ha potuto imporre sanzioni mirate contro la Bielorussia.

VI. Quale ruolo diplomatico per l’Unione europea nel contesto della crisi del Mediterraneo orientale?

Fino ai primi di luglio 2020 sembrava che la disputa riguardante lo sfruttamento delle risorse naturali del sottosuolo marino nel Mar Mediterraneo orientale avrebbe potuto anche risolversi attraverso mezzi diplomatici addirittura con l’intervento dell’AR. Infatti, se da un lato il Consiglio aveva annunciato che si stava preparando all’adozione di ulteriori misure restrittive individuali in caso di altre azioni unilaterali turche,[82] allo stesso tempo, Borrell, dopo aver incontrato il Ministro degli esteri di tale Paese, aveva rilasciato una dichiarazione che faceva pensare ad una possibile soluzione diplomatica alla tensione tra Cipro e la Turchia. Infatti, l’AR faceva riferimento alla possibilità di raggiungere un accordo tra le due comunità cipriote presenti sull’Isola quanto alla condivisione dei proventi legati allo sfruttamento degli idrocarburi.[83]

Invece, il 6 agosto 2020 si è assistito ad un ulteriore aggravamento della tensione nel Mediterraneo orientale a causa della conclusione da parte della Grecia dell’accordo sulla delimitazione della ZEE con l’Egitto; infatti, quest’ultima si sovrapponeva a quella individuata nell’accordo turco-libico. Va sottolineato che l’iniziativa greca era collegata all’atteggiamento provocatorio assunto dalla Turchia sin dalla fine di maggio. In quel periodo erano state rese note le richieste di concessione di licenze dalla TPAO per poter svolgere attività di esplorazione alla ricerca di idrocarburi in aree marittime sottoposte alla giurisdizione greca.[84] Nel mese di luglio la Turchia aveva violato la sovranità territoriale di quest’ultimo Paese facendo scortare da navi militari la Oruç Reis, che aveva condotto attività di trivellazione sulla piattaforma continentale greca provocando le proteste della Grecia.[85] Infine, il 16 e 18 agosto 2020 altre navi turche, la Yavuz e la Barbaros, erano entrate nelle acque cipriote.

La Germania, che detiene la presidenza dell’Unione, aveva tentato una mediazione tra le Parti poco prima che la Grecia concludesse il Trattato menzionato. Tuttavia, l’acuirsi della tensione nei mesi estivi aveva reso vano ogni sforzo diplomatico.[86]

Di recente, la nave turca presente nelle acque greche si è ritirata e la Turchia sembra essere al momento aperta a trattare con la Grecia. L’Unione e in particolare il suo AR che, sulla base dell’art. 27, comma 2, TUE, conduce il dialogo politico con gli Stati terzi, si trova ad avere un’occasione preziosa per svolgere un ruolo diplomatico di rilievo. L’AR potrebbe agire in modo autonomo o al massimo coordinandosi con lo Stato che detiene la Presidenza dell’Unione, cercando di favorire da un lato, la composizione della controversia relativa alla delimitazione delle aree marine e dall’altro, di normalizzare i rapporti tra i due Stati e riunificare l’Isola di Cipro. Occorre però che gli Stati membri dell’Unione siano disposti a lasciare a Borrell uno spazio diplomatico (esclusivo o condiviso con la Germania) e che la stessa Turchia sia favorevole all’intervento dell’AR. Al momento, tuttavia, tutte le iniziative diplomatiche sono state prese dallo Stato che esercita la presidenza dell’Unione. Si può costatare come spesso siano gli stessi Stati membri a non permettere all’AR di assumere la leadership diplomatica nel contesto di crisi e conflitti europei. L’unico caso in cui l’UE sembra aver contribuito a costruire il percorso verso la normalizzazione delle relazioni diplomatiche grazie all’intervento dell’allora AR Ashton, riguarda Serbia e Kosovo, due Stati candidati all’adesione che, anche di recente, hanno ribadito la centralità dell’Unione per il loro avvicinamento.[87] Viceversa, nei rapporti con gli Stati del vicinato orientale, ad esempio, nel contesto del conflitto tra la Moldavia e la Transnistria e tra l’Ucraina e la Russia, sono altre organizzazioni internazionali, cioè, l’OSCE, in cooperazione con la Francia (nel primo caso) e con la Germania (nel secondo caso) ad aver fino ad oggi assunto un ruolo di mediatore. La tendenza a svolgere un ruolo diplomatico di secondo piano da parte dell’Unione è confermata anche in relazione al conflitto, che si è di recente riacceso, tra l’Azerbaijan e l’Armenia per il Nagorno-Karabakh. Rimane da vedere se l’Unione potrà e vorrà affermarsi come soggetto diplomatico attivo nella normalizzazione dei rapporti tra la Turchia e i due Stati europei Mediterranei ovvero se sarà addirittura l’intervento diplomatico della NATO, che ultimamente ha dimostrato un certo attivismo,[88] a permettere un avvicinamento nella posizione delle Parti.

Gli sviluppi più recenti sono costituiti dalla riunione straordinaria del Consiglio europeo del 1° ottobre. Nelle sue conclusioni l’istituzione europea condanna le violazioni dei diritti sovrani da parte della Turchia nei confronti di Cipro e saluta con favore l’impegno della Turchia e della Grecia a negoziare una soluzione con riguardo alla delimitazione della loro piattaforma continentale e della ZEE.[89] Inoltre, minaccia di ricorrere ad ogni strumento e azione a disposizione dell’UE, alludendo, con tutta probabilità, all’imposizione di sanzioni nei confronti della Turchia, qualora nuove azioni unilaterali vengano intraprese da tale Paese. Infine, il Consiglio europeo promuove “l’avvio di un’agenda politica positiva UE-Turchia che ponga l’enfasi sull’ammodernamento dell’unione doganale e sull’agevolazione degli scambi, sui contatti interpersonali, sui dialoghi di alto livelli e sui proseguo della cooperazione in materia di immigrazione”.[90] La realizzazione di tale progetto viene affidata al Presidente del Consiglio europeo, in cooperazione con la Presidente della Commissione europea e il sostegno dell’AR. A quest’ultimo è anche attribuito il compito di organizzare una conferenza multilaterale sul Mediterraneo orientale che affronti temi sui quali occorrono soluzioni multilaterali, tra i quali la delimitazione marittima, la sicurezza, l’energia, la migrazione e la cooperazione economica.

Dalle conclusioni sopra sinteticamente riassunte emerge l’interesse dell’UE ad assumere una posizione di rilievo nello smorzare le tensioni nel Mediterraneo orientale, che hanno origine da violazioni di norme internazionali di importanza fondamentale, come il principio della sovranità territoriale. Proponendo “un’agenda politica positiva” alla Turchia, sembra voler svolgere con decisione questo ruolo. Tuttavia, l’iniziativa è al contempo criticabile in quanto è impregnata del pragmatismo e dell’ambivalenza che ha alimentato i rapporti tra l’UE e la Turchia dal 2015 in poi. Va comunque dato atto del fatto che l’UE sia propensa ad esercitare un ruolo diplomatico di primo piano in relazione alla delimitazione delle aree marittime e/o del suolo o sottosuolo marino nei rapporti tra Grecia, Turchia e Cipro. Del resto, se non in questa occasione, quando l’UE potrebbe agire come attore diplomatico nei rapporti tra le tre Parti? Invece, con riguardo alla risoluzione della questione cipriota, emerge chiaramente l’intenzione dell’Unione di svolgere un ruolo diplomatico complementare rispetto a quello dell’ONU. Infatti, il Consiglio europeo appoggia la ripresa dei negoziati tra Cipro e la Turchia, sotto l’egida delle NU; l’unico compito che l’Unione si attribuisce consiste meramente nel nominare un rappresentante presso la missione dei buoni uffici delle Nazioni Unite, dopo che i negoziati saranno ripresi.[91]

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European Papers, Vol. 5, 2020, No 3, European Forum, Insight of 4 November 2020, pp. 1511-1530
ISSN 2499-8249 - doi: 10.15166/2499-8249/399

* Professore ordinario di diritto dell’Unione europea, Università di Pisa, sara.poli@unipi.it.
** Dottoranda, Università di Pisa, anna.pau@phd.unipi.it. Il presente Insight si basa sul lavoro congiunto delle due autrici: Anna Pau è autrice dei paragrafi 1-3, Sara Poli ha scritto i paragrafi 4-6. L'Insight è stato scritto nell'ambito del progetto Erasmus+Jean Monnet network: The EU in international diplomatic relations (EUDIPLO, 2020-2023).

[1] Essi hanno costituito il c.d. “East Mediterranean gas forum” nel gennaio 2020. V. The Economist, Angst in the Aegean, A row between Turkey and Greece over gas is raising tension in the eastern Mediterranean, in The Economist, 22 agosto 2020, www.economist.com.

[2] Dichiarazione di indipendenza da parte del Parlamento della comunità turco-cipriota del 15 novembre 1983.

[3] Consiglio di sicurezza: risoluzione n. 365 del 13 dicembre 1974, UN Doc. S/RES/365 (1974), par. 1; risoluzione n. 367 del 12 marzo 1975, UN Doc. S/RES/367 (1975), par. 2; risoluzione n. 541 del 18 novembre 1983, UN Doc. S/RES/541 (1983), par. 2 e 7; risoluzione n. 544 del 15 dicembre 1983, UN Doc. S/RES/544 (1983); risoluzione n. 550 dell’11 maggio 1984, UN Doc. S/RES/550 (1984), par. 3.

[4] Assemblea generale, risoluzione n. 3212 (XXIX) del 1° novembre 1974, UN Doc. A/RES/3212 (XXIX), par. 1.

[5] Consiglio di sicurezza, risoluzione 541 (1983), cit., e risoluzione 550 (1984), cit.; Assemblea generale, risoluzione n. 3212 (1974), cit., par. 2.

[6] Dichiarazione comune di 10 Stati membri della Comunità europea sulla situazione nella Repubblica di Cipro del 16 novembre 1983, S/16155, Allegato, 17 novembre 1983; Risoluzione del Parlamento europeo del 17 novembre 1983 sulla «dichiarazione di indipendenza» della parte turco-cipriota a Cipro.

[7] E. Denza, European Practice on the Recognition of States, in European Law Review, 2011, p. 333.

[8] V. Corte di giustizia: sentenza del 5 luglio 1994, causa C-432/92, R c. Minister of Agriculture, Fisheries and Food, ex parte SP Anastasiou;sentenza del 30 settembre 2003, causa C-140/02, Anastasiou and Others, par. 28.

[9] Protocollo n. 10 su Cipro, Atto relativo alle condizioni di adesione 2003, art. 1, par. 1.

[10] Senza considerare l’altro “accordo” tra la Turchia e la RTCN (v. infra, par. III). La Turchia ha invece provveduto ad altre delimitazioni conformente al diritto consuetudinario nel Mar Nero con Bulgaria, Georgia, Russia, Ucraina. Cfr. Nazioni Unite, Maritime Space: Maritime Zones and Maritime Delimitation – Turkey, www.un.org e F. Caffio, Come cambia lo status quo degli spazi marittimi mediterranei, in Rivista Marittima, 2020, p. 28 et seq.

[11] CNUDM, art. 81. Per un’analisi della più autorevole dottrina sulle norme del diritto internazionale del mare v. L. Pineschi, T. Treves, The Law of the Sea: The European Union and Its Member States, Leiden: Martinus Nijhoff, 1996; R.R. Churchill, A. Lowe, The Law of the Sea, Manchester: Manchester University Press, 1999; T. Scovazzi, Elementi di diritto internazionale del mare, Milano: Giuffré, 2002.

[12] CNUDM, art. 76 et seq.

[13] Ivi, art. 74 e 83.

[14] Ivi, art. 74, par. 3, e 83, par. 3.

[15] Ivi, art. 121, par. 2. Alcune disposizioni della CNUDM codificano regole già esistenti nel diritto internazionale consuetudinario mentre altre hanno introdotto nuovi principi, diventati parte del diritto consuetudinario, come quello riguardante l’istituzione della ZEE. La Corte internazionale di giustizia ha riconosciuto che il regime giuridico stabilito per le isole all’art. 121 ha raggiunto lo status di diritto consuetudinario, insieme ai principi di cui agli artt. 74 e 83; cfr. Corte internazionale di giustizia: Territorial and Maritime Dispute (Nicaragua v. Colombia), sentenza del 19 novembre 2012, par. 139, e Case Concerning Maritime Delimitation and Territorial Questions between Qatar and Bahrain (Qatar v. Bahrain), sentenza del 16 marzo 2001, par. 167, 185 e 195.

[16] Cfr. Corte internazionale di giustizia, Case concerning the continental shelf (Libyan Arab Jamahiriya v. Malta), sentenza del 3 giugno 1985, par. 63, 69 e 71; Corte permanente di arbitrato, decisione del 17 dicembre 1999, Sovereignty and Maritime Delimitation in the Red Sea (Eritrea v. Yemen), par. 132; Corte internazionale di giustizia, Territorial and Maritime Dispute between Nicaragua and Honduras in the Caribbean Sea (Nicaragua v. Honduras), sentenza dell’8 ottobre 2007; Corte internazionale di giustizia, Maritime delimitation in the Black Sea, (Romania v. Ukraine), sentenza del 3 febbraio 2009, par. 149. Cfr. C. Schofield, Islands or Rocks – Is that the Real Question? The Treatment of Islands in the Delimitation of Maritime Boundaries, in M.H. Nordquist, J. Norton Moore, A.H.A. Soons, H.-S. Kim (eds), The Law of the Sea Convention: US Accession and Globalization, Leiden: Martinus Nijhoff, 2012, p. 334 e Y.E. Acikgonul, Reflections on the Principle of Non-Cut Off: A Growing Concept in Maritime Boundary Delimitation Law, in Ocean Development & International Law, 2016, p. 52 et seq.

[17] Cfr. Corte internazionale di giustizia, Aegean Sea Continental Shelf Case (Greece v. Turkey), sentenza del 19 dicembre 1978, in cui la Turchia ha definito le Isole greche come “mere protuberances on the Turkish continental shelf” (par. 87); cfr. J.M. Van Dyke, An Analysis of the Aegean Disputes under International Law, in Ocean Development & International Law, 2005, p. 63 et seq.

[18] Lettera del Rappresentante permanente della Turchia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 17 giugno 2016, UN Doc. A/70/945–S/2016/541; Lettera del Rappresentante permanente della Turchia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 18 marzo 2020, UN Doc. A/74/757; Lettera del Rappresentante permanente della Turchia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 7 luglio 2020, UN Doc. A/74/936.

[19] Comunicazione del Rappresentante permanente della Turchia presso le Nazioni Unite al Segretario generale datata 12 marzo 2013 in risposta alla nota verbale inviata dal Rappresentante permanente della Grecia datata 20 febbraio 2013. Cipro ha dichiarato che la Turchia “attempts to delimit its maritime zones with opposite continental States on the basis of the median line, as if any existing islands were completely ‘erased’ from the map” (cfr. lettera del Rappresentante permanente di Cipro presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 20 gennaio 2020, UN Doc. A/74/660–S/2020/50).

[20] Tra questi vi sarebbero sia criteri di tipo geografico che di tipo economico e ambientale. V. J.M. Van Dyke, An Analysis of the Aegean Disputes, cit., pp. 83 e 88.

[21] V. ad esempio l’Accordo di delimitazione della piattaforma continentale concluso dall’Italia e dalla Tunisia il 28 agosto 1971 e la prassi di delimitazione con la quale alcuni Stati hanno applicato un metodo convenzionale divergente dalle regole della CNUDM, tracciando due linee mediane (una che prende come punto di riferimento la costa continentale dello Stato opposto e l’altra l’isola in questione) e adottando poi la linea che si trova a metà tra le precedenti. Cfr. decisione del 30 giugno 1977, United Nations Reports of international arbitral awards, Case concerning the delimitation of continental shelf between the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland, and the French Republic (UK v. France), par. 251.

[22] Cfr. Territorial and Maritime Dispute between Nicaragua and Honduras in the Caribbean Sea, cit. e Maritime delimitation in the Black Sea, cit., par. 211; v. decisione del 14 febbraio 1985, United Nations Reports of international arbitral awards, Delimitation of the maritime boundary between Guinea and Guinea-Bissau (Guinea v. Guinea-Bissau), par. 94-95. Cfr. D. Anderson, Islands and Rocks In the Modern Law of the Sea, in M. H. Nordquist, J. Norton Moore, A.H.A. Soons, H.-S. Kim (eds), The Law of the Sea Convention, cit., pp. 315-317.

[23] V. Territorial and Maritime Dispute between Nicaragua and Honduras in the Caribbean Sea, cit. Proprio perché l’art. 121 ha raggiunto lo status di diritto consuetudinario, “It inevitably follows that a comparatively small island may give an entitlement to a considerable maritime area” (par. 176) e la Corte non ha mai compresso il diritto di uno Stato a stabilire il limite delle 12 mn per il mare territoriale di una sua isola a causa della sovrapposizione di esso con la piattaforma continentale e la ZEE di un altro Stato (par. 178).

[24] Legge di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1988, entrata in vigore il 16 novembre 1994.

[25] Legge n. 64/04 (I) del 2 aprile 2004, www.un.org. Anche la Grecia applica tale criterio, come stabilito all’art. 2, par. 1 della Legge n. 2289/2005 “On Prospecting, Exploration and Exploitation of Hydrocarbons and Other Provisions", modificata dalla l. n. 4001/2011 (cfr. Bollettino del diritto del mare n. 79, 2012, p. 14). Cfr. inoltre E.R. Eissler, G. Arasil, Maritime Boundary Delimitation in the Eastern Mediterranean, A New Conflict between Cyprus, Turkey, Greece and Israel?, in The RUSI Journal, 2014, p. 75 et seq.

[26] Accordo tra la Repubblica di Cipro e la Repubblica araba d’Egitto sulla delimitazione della zona economica esclusiva del 17 febbraio 2003 (cfr. Bollettino del diritto del mare n. 52, 2005, p. 45).

[27] La Turchia non ha riconosciuto gli effetti giuridici della delimitazione, contestando la sovrapposizione tra ZEE e piattaforme continentali; v. Note verbali della Turchia n. 2004/Turkuno DT/4739, 2 marzo 2004, e n. 2013/14136816/22273, 12 marzo 2013. Cfr. Bollettino del diritto del mare n. 54, 2004, p. 127.

[28] Accordo tra il Governo della Repubblica del Libano e il Governo della Repubblica di Cipro sulla delimitazione della zona economica esclusiva del 17 gennaio 2007 e Accordo tra il Governo dello Stato di Israele e il Governo della Repubblica di Cipro sulla delimitazione della zona economica esclusiva firmato a Nicosia il 17 dicembre 2010. Per quanto riguarda l’intesa con il Libano, quest’ultimo non l’ha ratificata poiché ha contestato accordo concluso tra Cipro ed Israele, affermando la sua contrarietà alle coordinate precedentemente concordate tra Libano e Cipro (v. lettera del Ministro degli affari esteri del Libano al Segretario generale riguardante l’Accordo tra il Governo dello Stato di Israele e il Governo della Repubblica di Cipro sulla delimitazione della zona economica esclusiva firmato a Nicosia il 17 dicembre 2010).

[29] Accordo di delimitazione della piattaforma continentale tra la Turchia e la Repubblica turca di Cipro del nord del 21 settembre 2011, firmato da Recep Tayyip Erdoğan e da H.E. Derviş Eroğlu.

[30] Annesso alla Lettera del 15 giugno 2012 del rappresentante permanente di Cipro alle Nazioni Unite indirizzata al Segretario generale delle Nazioni Unite, documento dell’UNGA n. A/66/851 del 19 giugno 2012, p. 3.

[31] V. Gazzetta Ufficiale turca n. 28276, decisioni nn. 2012/2802, 2012/2973 e 2012/2968.

[32] Nell’autunno del 2011, ad esempio, la Noble Energy, Inc. avviò attività di trivellazione al largo di Cipro, nonostante gli avvertimenti da parte della Turchia che tale iniziativa avrebbe minato i dialoghi di pace tra le parti. Cfr. A. Gürel, F. Mullen, H. Tzimitras, The Cyprus Hydrocarbons Issue: Context, Positions and Future Scenarios in PRIO Cyprus Centre, PCC Report n. 1, 2013, www.prio.org; v. anche Repubblica di Turchia, Ministro degli affari esteri, Press Release Regarding the Greek Cypriot Administration’s Gas Exploration Activities in the Eastern Mediterranean, n. 181 del 5 agosto 2011.

[33] Lettera del Rappresentante permanente della Turchia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 29 aprile 2014, UN Doc. A/68/857.

[34] Ibid.

[35] Cfr. Maritime Space: Legislation and Treaties – Turkey, cit.

[36] Lettera del Rappresentante permanente di Cipro presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 19 giugno 2012, UN Doc. A/66/851 e del 20 maggio 2014, UN Doc. A/68/883; Comunicazione del Rappresentante permanente della Grecia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 20 febbraio 2013 e Lettera del Rappresentante permanente della Grecia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 23 maggio 2016, UN Doc. A/70/900–S/2016/474.

[37] Si ricorda che l’accordo tra Cipro e Libano non è mai entrato in vigore.

[38] Comunicazione da parte del Ministro degli affari esteri della Repubblica di Cipro ai sensi dell’art. 3, par. 3 delle Leggi sulla zona economica esclusiva e sulla piattaforma continentale (versione consolidata delle Leggi nn. 64(1)/2004 e 97(1)/2014), Gazzetta ufficiale della Repubblica di Cipro n. 5158, comunicazione n. 152 del 6 maggio 2019, p. 1057. V. il Deposito da parte di Cipro di una lista di coordinate geografiche di punti, accompagnata da una mappa illustrativa, concernente i limiti esterni settentrionali e nord-occidentali della zona economica esclusiva e della piattaforma continentale (disponibile presso www.un.org).

[39] Lettera dell’incaricato d’affari ad interim della missione permanente di Cipro presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 12 luglio 2019, Doc. A/73/944–S/2019/564.

[40] Ibid.

[41] Annesso alla Lettera del 10 gennaio 2020 dell’incaricato d’affari della missione permanente della Turchia al Segretario generale delle Nazioni Unite, UN Doc. n. A/74/648–S/2020/28, p. 3.

[42] Decisione (PESC) 2020/275 del Consiglio del 27 febbraio 2020 che modifica la decisione (PESC) 2019/1894 concernente misure restrittive in considerazione delle attività di trivellazione non autorizzate della Turchia nel Mediterraneo orientale, Allegato I.

[43] Lettera del Rappresentante permanente di Cipro presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 20 febbraio 2019, UN Doc. A/73/753–S/2019/160. Già nel 2013 Cipro denunciava le attività esplorative della stessa nave Barbaros in un’area che includeva una parte della ZEE, della piattaforma continentale e, in seguito, anche del mare territoriale dell’Isola (cfr. Lettera del Rappresentante permanente di Cipro presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 29 ottobre 2013, UN Doc. A/68/555–S/2013/634; Lettera del 5 dicembre 2013, UN Doc. A/68/644–S/2013/720; Lettera del 18 febbraio 2014, UN Doc. A/68/759). Nel 2014 la suddetta nave ha effettuato indagini sismiche per la prima volta in blocchi specifici situati a sud di Cipro (cfr. Lettera del Rappresentante permanente di Cipro presso le Nazioni Unite al Segretario generale dell’8 ottobre 2014, UN Doc. A/69/425–S/2014/723).

[44] Lettera del Rappresentante permanente di Cipro presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 15 novembre 2019, UN Doc. A/74/549–S/2019/881.

[45] Cfr. Lettera del Rappresentante permanente di Cipro presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 20 gennaio 2020, cit. Per la notizia v., fra i tanti, Brief Team, Anastasiades aims to appeal to The Hague to defend Cyprus’ rights, 5 dicembre 2019, www.brief.com.cy.

[46] Per un’immagine che riassume le attività di trivellazione turche si rinvia all’Allegato II della Lettera datata 30 aprile 2020 e inviata al Segretario generale da parte del Rappresentante permanente di Cipro presso le Nazioni Unite del 1° maggio 2020, UN Doc. A/74/832–S/2020/350.

[47] Memorandum d’intesa tra il Governo della Repubblica di Turchia e il Governo di accordo nazionale dello Stato di Libia sulla delimitazione delle aree di giurisdizione marittima nel Mediterraneo del 27 novembre 2019. V. anche la lettera del Rappresentante permanente della Turchia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 2 marzo 2020, UN Doc. A/74/727 e Lettera del 18 marzo 2020, cit. che comunica le coordinate della retta FE tracciata a divisione delle piattaforme continentali libica e turca. Per il testo dell’accordo v. www.resmigazete.gov.tr.

[48] Cfr. lettera dell’incaricato d’affari ad interim della missione permanente della Libia presso le Nazioni Unite al Segretario generale da parte del 27 dicembre 2019, UN Doc. A/74/634.

[49] Cfr. F. Caffio, Come cambia lo status quo degli spazi marittimi mediterranei, cit., pp. 32-33. Cfr. in particolare la Lettera datata 20 aprile 2020 e inviata al Segretario generale da parte del Rappresentante permanente della Grecia presso le Nazioni Unite, UN Doc. A/74/819.

[50] Conclusioni del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019, punto 19, www.consilium.europa.eu. Per un’analisi sulla situazione in Libia, v. W. Pusztai, Turkey and Russia’s Libyan Adventure Is a European Problem, in ISPI Online, 2 luglio 2020, www.ispionline.it. A seguito di un incontro tenutosi al Cairo l’8 gennaio 2020, i Ministri degli esteri di Egitto, Francia, Cipro e Grecia hanno dichiarato: “the Turkey-Libya Memorandum of Understanding purporting to delimit maritime jurisdictions in the Mediterranean Sea infringes upon the sovereign rights of third States, does not comply with the Law of the Sea and cannot produce any legal consequences. Additionally, the Ministers reiterated the necessity of full respect of the sovereignty and the sovereign rights of all States in their maritime zones in the Mediterranean”. Testo disponibile su www.diplomatie.gouv.fr.

[51] V., fra gli altri, Arab News, Turkey says may begin oil exploration under Libya deal in 3-4 months, 29 maggio 2020, www.arabnews.com.

[52] Comunicato stampa del Consiglio europeo, Osservazioni del presidente Donald Tusk alla conferenza stampa del vertice informale di Sibiu, 9 maggio 2019, www.consilium.europa.eu.

[53] Conclusioni del Consiglio europeo del 20 giugno 2019.

[54] Consiglio “Affari esteri”, riunione del 15 luglio 2019, documento n. 11260/19, p. 10 e Comunicato stampa del Consiglio dell’UE, Turkish drilling activities in the Eastern Mediterranean: Council adopts conclusions del 15 luglio 2019.

[55] Consiglio “Affari esteri” del 15 luglio 2019, p. 10 e Comunicato stampa del Consiglio dell’UE del 15 luglio 2019.

[56] I termini “sanzioni” e “misure restrittive” sono utilizzati come sinonimi.

[57] Decisione (PESC) 2019/1894 del Consiglio dell’11 novembre 2019 concernente misure restrittive in considerazione delle attività di trivellazione non autorizzate della Turchia nel Mediterraneo orientale; cfr. anche Consiglio dell’Unione europea, Esito della 3720esima riunione del Consiglio “Affari esteri”, tenutosi a Lussemburgo il 14 ottobre 2019, n. 13066/19, p. 5, in cui il Consiglio ha deciso di mettere a punto un quadro di misure restrittive rivolte alle persone fisiche e giuridiche responsabili o coinvolte nelle attività illegali di trivellazione nel Mediterraneo orientale in cerca di idrocarburi; cfr. anche Conclusioni del Consiglio europeo del 17/18 ottobre 2019, p. 2, con le quali il Consiglio europeo ha approvato le conclusioni del Consiglio del 14 ottobre 2019.

[58] Decisione (PESC) 2019/1894, cit., e Regolamento (UE) 2019/1890 del Consiglio dell’11 novembre 2019 concernente misure restrittive in considerazione delle attività di trivellazione non autorizzate della Turchia nel Mediterraneo orientale.

[59] Anche pianificando, preparando, partecipando, dirigendo o prestando assistenza (cfr. considerando n. 10 e art. 1 e 2, Decisione (PESC) 2019/1894, cit.).

[60] La sanzione consistente nel congelamento dei beni è stata attuata, ex art. 215 TFUE, mediante Regolamento (UE) 2019/1890 del Consiglio adottato lo stesso giorno sulla base di una proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione.

[61] Documento di lavoro della Commissione europea, Rapporto sulla Turchia del 2018, che accompagna il documento “Comunicazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni, Comunicazione 2018 sulla politica di allargamento dell'UE, SWD(2018) 153 final del 17 aprile 2018, p. 3. Le parole esatte sono le seguenti: “Turkey has been moving away from the Union”.

[62] La Turchia ha infatti imposto un embargo aereo e marittimo nei confronti di Cipro a partire dal 2006, impedendo alle navi cipriote di attraccare nei porti turchi ed ostacolando di fatto il corretto funzionamento dell’Unione doganale europea. V. Documento di lavoro della Commissione europea, Rapporto sulla Turchia del 2019, che accompagna la Comunicazione COM(2019) 260 final del 29 maggio 2019 della Commissione sulla politica di allargamento dell'UE, pp. 7-8; v. inoltre il Rapporto sul 36th incontro del comitato misto dell’unione doganale UE-Turchia, Bruxelles, 8-9 luglio 2019, trade.ec.europa.eu.

[63] V. le osservazioni dell’Alto Rappresentante/Vice Presidente alla conferenza stampa del Consiglio “Affari esteri” del 13 luglio 2020, eeas.europa.eu.

[64] Cfr. Conclusioni del Consiglio europeo del 23-24 ottobre 2014, p. 15. Più precisamente, nelle Conclusioni si chiedeva già alla Turchia di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale di Cipro all’interno della sua ZEE.

[65] Conclusioni del Consiglio europeo del 22 marzo 2018, p. 5.

[66] Decisione (PESC) 2019/1894, cit., considerando n. 9.

[67] Decisione (PESC) 2020/275 del Consiglio e Regolamento di esecuzione (UE) 2020/274 del Consiglio del 27 febbraio 2020 che attua il regolamento (UE) 2019/1890 concernente misure restrittive in considerazione delle attività di trivellazione non autorizzate della Turchia nel Mediterraneo orientale.

[68] V. Decisione (PESC) 2020/275 e Regolamento di esecuzione (UE) 2020/274.

[69] Art. 3, par. 5, TUE e art. 21, TUE.

[70] Consiglio dell’Unione europea, Orientamenti sull'attuazione e la valutazione delle misure restrittive (sanzioni) nel contesto della politica estera e di sicurezza comune dell'UE, 4 maggio 2018. Mi si permetta di rimandare a S. Poli, Le misure restrittive autonome dell’Unione europea, Napoli: Editoriale scientifica, 2019.

[71] Cfr. C. Morviducci, Le misure restrittive dell’Unione europea e il diritto internazionale: alcuni aspetti problematici, in Eurojus, 2019, www.eurojus.it, p. 77 et seq.; M. Sossai, Sanzioni delle Nazioni Unite e delle Organizzazioni Regionali, Roma: Roma TrE-Press, 2020.

[72] Le misure restrittive autonome individuali sono state prorogate fino al 15 settembre 2020 dalla Decisione (PESC) 2020/399 del Consiglio del 13 marzo 2020 che modifica la decisione 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. Le altre sanzioni sono state recentemente prorogate fino al 23 giugno 2021 dalla Decisione (PESC) 2020/850 del Consiglio del 18 giugno 2020 che modifica la decisione 2014/386/PESC concernente misure restrittive in risposta all’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli e fino al 31 gennaio 2021 dalla Decisione (PESC) 2020/907 del Consiglio del 29 giugno 2020 che modifica la decisione 2014/512/PESC concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina. V. anche M. Shagina, EU Sanctions Policy Towards Post-Soviet Conflicts: Cases of Crimea, Eastern Ukraine, South Ossetia and Abkhazia, in UNISCI Journal, 2017, p. 73 et seq.

[73] Decisione (PESC) 2020/275 del Consiglio, considerando n. 2 e Decisione (PESC) 2019/1894 del Consiglio, considerando nn. 6 e 8. Il principio di solidarietà opera nell’ambito della politica di immigrazione e asilo (art. 80 TFUE), della politica economica, in particolare per far fronte a situazioni di crisi che comportano difficoltà per uno Stato membro, in relazione, inter alia, all’approvigionamento energetico (art. 122 c. 1 del TFUE) e, infine, nell’ambito della politica energetica dell’Unione (art. 194 c. 1 TFUE). Assume invece in rilievo autonomo la clausola di solidarietà (art. 222 TFUE) a cui gli Stati membri ricorrono in caso di calamità naturale o provocata dall’uomo e di attacco terroristico.

[74] Tribunale, sentenza del 10 settebre 2019, T-883/16, Commissione c. Polonia, par. 69.

[75] Negotiating Framework, Lussemburgo, 3 ottobre 2005, Principi che governano i negoziati, n. 6, ec.europa.eu. Una delle condizioni per l’ottenimento della membership europea per la Turchia è anche la risoluzione della disputa con la Grecia sul Mar Egeo; K. Ifantis, Conditionality, Impact and Prejudice in EU-Turkey Relations: A View from Greece, in N. Tocci (ed.), Conditionality, Impact and Prejudice in EU-Turkey Relations, Quaderni Istituto Affari Internazionali, 2007, p. 58 et seq.

[76] V. Accordo definitivo sulla composizione delle controversie descritte nelle risoluzioni 817 (1993) e 845 (1993) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la risoluzione dell'accordo interinale del 1995 e l'istituzione di un partenariato strategico tra la Grecia e l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, noto anche come accordo di Prespa, del 17 giugno 2018 e il cosiddetto “First agreement of principles governing the normalisation of relations”, tra Serbia e Kosovo, del 19 aprile 2013.

[77] Conclusioni del Consiglio “Affari generali” su “Allargamento e processo di stabilizzazione e di associazione” del 18 giugno 2019, par. 36 in cui il Consiglio “ribadisce il suo invito alla Turchia ad allinearsi progressivamente alla politica estera e di sicurezza comune dell'UE e a invertire in via prioritaria la persistente tendenza negativa”, www.consilium.europa.eu.

[78] Letter from the Chair to the Minister of State at the Foreign & Commonwealth Office (Nigel Adams), 18 marzo 2020, EU sanctions against Turkey, publications.parliament.uk.

[79] V. Dichiarazione UE-Turchia, 18 marzo 2016, www.consilium.europa.eu.

[80] Cfr. Interrogazioni parlamentari, Risposta del Vicepresidente Josep Borrell a nome della Commissione europea, E-004587/2019, 4 marzo 2020, www.europarl.europa.eu; Conclusioni del Consiglio Affari generali del 18 giugno 2019, cit.

[81] La Commissione europea nel 2018 aveva proposto di ricorrere alla clausola passerella per assumere talune decisioni PESC a maggioranza qualificata. Comunicazione COM (2018) 647 final del 12 settembre 2018 della Commissione “A stronger global actor: a more efficient decision-making for EU Common Foreign and Security Policy”. La Presidente della Commission Von der Leyen sembra essersi dichiarata a favore di questa prospettiva nel suo discorso sullo stato dell’Unione. V. il discorso del Presidente della Commissione Junker, The State of the Union, 13 settembre 2017, europa.eu.

[82] Dichiarazione dell’Alto Rappresentante/Vice Presidente Jopep Borell al Consiglio “Affari esteri” del 13 luglio 2020, www.avrupa.info.tr.

[83] V. Turchia: Osservazioni dell’Alto Rappresentante/Vice-Presidente della Commissione europea Josep Borrell alla conferenza stampa successiva al suo incontro con il Ministro degli affari esteri Mevlut Çavuşoğlu, 06 luglio 2020, eeas.europa.eu.

[84] Il 30 maggio 2020 la Turchia ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica le richieste della TPAO di concessione di licenze per l’esplorazione alla ricerca di idrocarburi in aree marittime sottoposte alla giurisdizione greca (cfr. la lettera datata del Rappresentante permanente della Grecia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 4 giugno 2020, UN Doc. A/74/872).

[85] Lettera del Rappresentante permanente della Grecia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 12 agosto 2020, UN Doc. A/74/988–S/2020/795, nella quale la Grecia denuncia le trivellazioni della Oruç Reis e richiama la nota verbale dell’8 maggio 2012 con la quale era stata notificata alle Nazioni Unite la legislazione nazionale di definizione dei limiti della piattaforma continentale greca (cfr. anche il Bollettino del diritto del mare n. 79, p. 14).

[86] Cfr. a proposito la lettera del Rappresentante permanente della Turchia presso le Nazioni Unite al Segretario generale del 24 agosto 2020, UN Doc. A/74/997–S/2020/826 in cui la Turchia evidenzia di aver sospeso di fatto le trivellazioni a partire dal 21 luglio 2020 al fine di dare una “chance” alle iniziative diplomatiche, denunciando l’azione unilaterale della Grecia ed annunciando la ripresa delle attività esplorative turche.

[87] “President Aleksandar Vučić and Prime Minister Avdullah Hoti confirmed to EU High Representative for Foreign Affairs and Security Policy/Vice-President of the European Commission, Josep Borrell, that they attach the highest priority to EU integration and to continuing the work on the EU-facilitated Belgrade-Pristina Dialogue which is a key element of their respective EU paths.” V. Belgrade-Pristina Dialogue: Joint Statement by President A.Vučić and Prime Minister A.Hoti ahead of their meeting in Brussels, 7 settembre 2020.

[88] Nell’ambito della NATO, il 1° ottobre 2020 è stato attivato un meccanismo di consultazione tra Cipro e la Turchia volto ad evitare una escalation delle tensioni tra i due Paesi. V. www.nato.int. Inoltre, il 5 e il 6 di ottobre 2020 è prevista una visita del Segretario della NATO in Turchia e a Cipro.

[89] V. Conclusioni del Consiglio europeo adottate nella riunione straordinaria del 1-2 ottobre 2020, punti 17-18.

[90] Ivi, punto 20.

[91] Ivi, punto 19.

 

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