Le misure restrittive dell’Unione europea per sviamento di fondi pubblici alla luce della sentenza Azarov

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Abstract: This Insight concerns a special category of EU restrictive measures: those freezing funds and economic resources of former members of the political leadership (and/or their families) of countries falling within the European Neighbourhood Policy. These measures are addressed to persons responsible for the misappropriation of state funds. When individuals are subject to investigation for the crimes mentioned above in their country of origin, the EU freezes their resources, at the request of the concerned third countries’ authorities. The focus of the paper are restrictive measures enacted in view of the situation in Ukraine and General Court’s judgment in the case of the former prime minister of Ukraine, Azarov, who is subject to an investigation for misappropriation of funds. This case is described and placed in the context of other challenges to restrictive measures against persons identified as responsible for misappropriation of state funds (such as Al Matri and Ezz). Mr Azarov’s action was successful. Few months before the latter judgment was released, the General Court had upheld another annulment action against the same measure; this time it was introduced by another key figure of Yanukovich’s government, Mr Portnov. The judgment in Azarov is interesting since it details the circumstances in which the Council may adopt restrictive measures against persons responsible for misappropriation of public funds. The General Court certainly does not question the Council’s freedom to decide to cooperate with the national authorities of neighbour countries in order to support third countries’ new governments to recoup state funds, misappropriated by the former ruling class. Yet, the Council is required to verify that national authorities, requesting the EU’s assistance, provide details concerning either the facts alleged against the person responsible for misappropriation of funds and its responsibility in that regard. Thus, the General court by contrast with the judgement in Ezz, imposes on the Council to be very cautious when it decides to accept the request of a third country’s authority to freeze the assets of a person who is the subject of an investigation concerning the misappropriation of state funds.

Keywords: restrictive measures – EU external relations – Common Foreign and Security Policy – misappropriation of State funds – European Neighbourhood Policy.
 

I. Le misure restrittive per sviamento di fondi pubblici

Spesso le misure restrittive dell’Unione europea (UE) sono utilizzate come strumento di politica estera per far pressione sulla leadership politica di uno Stato terzo affinché questa cessi un certo comportamento in violazione di obblighi internazionali. Il congelamento delle risorse economiche degli appartenenti alla classe politica di uno Stato terzo e/o di persone fisiche o giuridiche, ad essa collegate, sono tipi di sanzioni che l’UE adotta a complemento di altre dirette contro lo Stato nel suo complesso, come ad esempio quelle consistenti in embarghi commerciali. Dal punto di vista giuridico, le misure restrittive si fondano su due atti distinti: una decisione PESC del Consiglio dell’UE, adottata ex art. 29 del Trattato sull’Unione europea (TUE), e una misura di attuazione (di solito si tratta di un regolamento), la cui base giuridica è costituita dall’art. 215[1] del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)[2].

Nella decisione PESC vengono individuate le ragioni a fondamento della misura restrittiva, la durata e l’elenco dei destinatari, nonché il tipo di misura restrittiva.[3] Il regolamento di cui all’art. 215 TFUE è necessario per poter attuare le misure di congelamento dei beni,[4] che ricadono nella sfera di applicazione del TFUE.[5]

Tra marzo e aprile 2014, l’UE ha adottato misure restrittive della durata di un anno e consistenti nel congelamento di tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a vari membri della classe politica al potere all’epoca del governo del Presidente dell’Ucraina Viktor Fedorovych Yanukovich. Nella sua versione più estesa questo elenco contemplava 21 persone, tra cui i due membri della famiglia del Presidente (i suoi due figli);[6] attualmente il numero si è ridotto a 17.[7]

Queste sanzioni sono state adottate con la decisione 119/2014/PESC del Consiglio, adottata il 5 marzo 2014, due giorni dopo la dichiarazione del Consiglio affari esteri con la quale veniva condannato l’uso della forza da parte delle forze armate russe in territorio ucraino ed espresso il sostegno politico al nuovo governo ucraino.[8] Nella medesima dichiarazione veniva annunciata l’adozione di misure di congelamento dei beni delle persone identificate come responsabili per appropriazione indebita di fondi statali ucraini e responsabili di violazioni dei diritti umani. Dal documento in questione è possibile evincere che il Consiglio, in prima battuta, avrebbe adottato le misure restrittive menzionate, con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina; in una fase successiva, ne avrebbe potute attuare altre. In effetti, sono stati stabiliti ulteriori forme di misure restrittive in relazione alla situazione dell’Ucraina. In particolare, un’ampia gamma di sanzioni sono state adottate in relazione alla violazione dell’integrità territoriale e alla minaccia alla stabilità dell’Ucraina da parte, da un lato, della Crimea e della città di Sebastopoli, proclamatesi indipendenti a seguito dell’esito di un referendum popolare (cui è seguita l’annessione alla Federazione russa il 20 marzo 2014)[9] e, dall’altro, da parte dei leaders delle regioni di Donetsk[10] e Luhansk[11] per la conduzione di “attività governative separatiste”.[12] Inoltre, misure restrittive sono state adottate nei confronti della Russia.[13]

Le persone elencate nella decisione di cui sopra comprendono sia i membri della leadership politica che i loro familiari. Tutte sono indagate a livello nazionale per distrazione di fondi pubblici.[14] Come recita il preambolo della decisione 119/2014/PESC, le misure restrittive in questione sono legate alla volontà dell’UE di sostenere lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani in uno degli Stati che rientrano nella politica di vicinato europea.[15] Esse sono simili, anche se non identiche, a quelle indirizzate contro i membri della classe politica (e/o i membri delle loro famiglie) di altri Paesi vicini. In particolare, nel 2011 l’UE aveva già adottato misure restrittive che andavano a colpire i responsabili di sviamento di fondi pubblici appartenenti alla leadership politica al potere prima della primavera araba in Tunisia[16] e in Egitto.[17]

Tuttavia, la finalità addotta dall’UE nell’imporre le sanzioni nei confronti dei leaders dei vicini meridionali era diversa rispetto a quella alla base delle misure ucraine del 2014: si trattava di colpire le persone identificate quali responsabili di distrazione di fondi pubblici egiziani o tunisini e che in tal modo, come recita il preambolo della decisione relativa alla situazione egiziana, “privano il popolo egiziano dei benefici dello sviluppo sostenibile della sua economia e della sua società e compromettono lo sviluppo della democrazia nel paese”.[18] Di conseguenza, queste misure restrittive intendevano sostenere i nuovi governi dei due Stati di cui sopra, aiutandoli a recuperare le somme di denaro di cui si erano appropriati gli ex membri della classe politica, Bel Alì e Mubarak.

Le misure PESC che colpiscono le persone identificate come responsabili per lo sviamento (o distrazione) di fondi pubblici sono di nuovo genere e si affiancano a quelle più ‘classiche’ attuate, ad esempio, nei confronti di Stati che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, o violano gli obblighi di non proliferazione nucleare, oppure sono rivolte a gruppi di individui (o anche a Stati), che minacciano la stabilità di uno Stato o la sua integrità territoriale.[19]

Le prime sono adottate dall’UE poiché il consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto rientrano tra gli obiettivi dell’azione esterna, stabiliti dall’art. 21, par. 2, lett. b), TUE. Non si tratta di misure frequentemente utilizzate nella prassi. Esse si basano su una sorta di rapporto di cooperazione tra le istituzioni dell’UE e le autorità giudiziarie degli Stati terzi interessati al fine di rafforzarne i nuovi governi, impegnati, non sempre con successo, a mantenere la stabilità al loro interno e a consolidare la democrazia.[20] La decisione di cooperare con le autorità giudiziarie degli Stati del vicinato rientra nell’ambito della PESC ed è adottata in risposta a richieste avanzate dalle ambasciate di Stati terzi all’Alto Rappresentante dell’Unione. Per poter adottare le misure restrittive in questione, il Consiglio fa affidamento sugli organi giudiziari dei Paesi interessati; a tal riguardo, sono sufficienti delle mere indagini nei confronti di presunti responsabili di sviamento di fondi pubblici per giustificare l’adozione delle sanzioni. Ciò comporta, tuttavia, alcune criticità. In particolare, il Consiglio potrebbe essere portato, come avvenuto nella causa Azarov in esame, ad anticipare eccessivamente l’adozione delle misure restrittive nei confronti di persone oggetto di indagini, anche quando non ci sono fatti concreti che giustifichino effettivamente tale decisione. Solo un ricorso di fronte al Tribunale, ed eventualmente alla Corte di Giustizia, permette ai destinatari di misure restrittive di metterne in discussione la legalità.

La sentenza della causa Azarov si segnala perché precisa le circostanze che giustificano l’adozione di misure restrittive laddove queste sono legate alla mera esistenza di indagini collegate a sviamento di fondi pubblici e rafforza le garanzie giuridiche a favore delle persone colpite da tali misure. Parallelamente, impone al Consiglio l’obbligo di verificare che le autorità giudiziarie degli Stati terzi, che richiedono assistenza rispetto a procedimenti giudiziari, connessi ad indagini penali per fatti di “distrazione di fondi pubblici”, indichino i fatti concreti alla base delle loro indagini. Solo in questo caso il Consiglio potrà procedere con il congelamento delle risorse economiche di queste persone.

II. La giurisprudenza sulle misure restrittive per sviamento di fondi pubblici

Come è noto, la Corte di giustizia ha competenza a controllare “la legittimità delle decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2 del trattato sull'Unione europea”, sulla base dell’art. 275, par. 2, TFUE. Numerosi sono i ricorsi presentati dai destinatari delle misure per sviamento di fondi pubblici. Quattordici persone su ventidue appartenenti alla classe politica ucraina oggetto di misure restrittive hanno impugnato siffatte misure davanti al Tribunale dell’Unione europea.[21] Tra i destinatari di queste misure ci sono Portnov, il consigliere del Presidente Yanukovich, Azarov e Arbuzov, due primi ministri, Klymenko, ex ministro delle entrate e delle imposte, Stavytskyi, ex Ministro dei combustibili e dell’energia e Ivanyushchenko, membro del Parlamento. La prima sentenza del Tribunale, emessa nell’ottobre 2015, ha accolto il ricorso presentato da Portnov (consigliere del Presidente).[22] Nel gennaio 2016 altri cinque ricorrenti, tra cui i due ex primi ministri, Azarov[23] e Arbuzov[24], il figlio del primo (Oleksii Mykolayovych Azarov),[25] Stavytskyi[26] e Klyuyev (fratello dell’ex capo dell’amministrazione del Presidente ucraino)[27] hanno ottenuto l’annullamento delle misure impugnate per gli stessi motivi addotti nella causa Portov. Altri ricorsi, tra cui quelli dei figli dell’ex Presidente,[28] di Klymenko, ex ministro delle entrate e delle imposte,[29] e di Ivanyushchenko, membro del Parlamento,[30] sono ancora pendenti.

Nel proseguo del commento sarà esaminato il ricorso inoltrato dall’ex primo ministro Mycola Yanovych Azarov,[31] in carica dall’11 marzo 2010 al 28 gennaio 2014. Peraltro, gli altri quattro ricorsi sono stati accolti per gli stessi motivi.[32]

Tuttavia, prima di passare all’esame della sentenza menzionata, occorre presentare brevemente la posizione assunta fino ad oggi dal giudice dell’UE con riguardo alla legalità delle misure restrittive che hanno come criterio di designazione la responsabilità nello sviamento di fondi pubblici.

In ordine temporale, il genero dell’ex primo ministro tunisino, Ben Alì Fahed Mohamed Sakher Al-Matri, è il primo destinatario di misure restrittive (misure che avevano come criterio di designazione la responsabilità in una fattispecie di appropriazione indebita di fondi pubblici) ad aver presentato un ricorso di annullamento di fronte al Tribunale.[33] In questo caso, la domanda di annullamento della decisione di esecuzione 2011/79[34] è stata accolta. Infatti, l’iscrizione nella lista era collegata ad indagini per “riciclaggio del denaro sporco” per le quali le autorità tunisine avevano chiesto l’assistenza dell’UE; tuttavia, tale motivo non era conforme ai criteri di designazione delle misure restrittive adottate con la decisione 2011/72. Quest’ultima era intesa a colpire determinate persone ed entità in considerazione della situazione in Tunisia responsabili di distrazione di fondi pubblici tunisini.

Invece, in un secondo ricorso, inoltrato dal sig. Ezz, sia il Tribunale[35] che la Corte di giustizia in appello, avevano confermato la legalità dell’iscrizione nella lista del ricorrente, poiché non c’erano difformità, simili a quelle della causa Al Matri, tra il criterio di designazione delle misure restrittive e il motivo dell’iscrizione nella lista dei ricorrente.

Nella descrizione del contesto giuridico della sentenza Ezz emerge che l’ambasciata della Repubblica araba di Egitto a Bruxelles aveva chiesto all’Alto rappresentante dell’Unione di trasmettere alle “autorità giudiziarie competenti” una richiesta di assistenza giudiziaria proveniente dall’ufficio del Procuratore generale egiziano, diretta ad ottenere il congelamento, la confisca e il recupero dei beni di taluni ex ministri e ufficiali del governo di Mubarak. Infatti, il Ministero pubblico egiziano aveva aperto un’indagine avente ad oggetto reati di corruzione, usurpazione di beni pubblici e reati di riciclaggio di denaro commessi da taluni membri della leadership politica ed elencava 15 persone, tra gli indagati, ivi incluso il sig. Ezz, ex membro del Parlamento egiziano.

Anche i beni delle mogli del ricorrente erano oggetto di ordinanze simili e le autorità egiziane riconducevano i provvedimenti adottati agli obblighi discendenti per l’Egitto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.[36] Occorre sottolineare che la richiesta di assistenza giudiziaria, peraltro non datata e neppure firmata, era stata confermata da un giudice penale.[37] Come si dirà più avanti, quest’ultima circostanza risulta essere particolarmente importante e rileva anche per la sentenza in esame in questo commento.

Nella sentenza Portnov[38] – la prima sulle misure restrittive destinate ad ucraini – viene chiarito che il congelamento delle risorse economiche delle persone responsabili di sviamento di fondi pubblici costituisce una decisione autonoma dell’UE, intesa a realizzare i suoi obiettivi di politica estera.[39] Si noti che tale decisione non è sempre discrezionale.[40] Ad esempio, nelle circostanze della causa Ezz essa sembrerebbe legata all’obbligo di prestare assistenza giudiziaria da parte dell’UE sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione. La sentenza nella causa Ezz riguarda le misure restrittive adottate nel 2011, in considerazione della situazione in Egitto, nei confronti di determinate persone indagate per sviamento di fondi pubblici e i cui beni sono stati sottoposti a sequestro. L’accordo sulla corruzione, approvato dall’Unione nel 2008,[41] stabilisce obblighi di cooperazione internazionale,[42] tra i quali vi è l’obbligo di assistenza giudiziaria nello svolgimento delle indagini e delle fasi dei processi avviati per reprimere i reati collegati al fenomeno della corruzione,[43] nonché obblighi relativi al recupero dei beni indebitamente sottratti, sulla base di richieste formulate delle competenti autorità nazionali.[44]

In Portnov, il Tribunale ha accolto per inosservanza dei criteri di designazione la domanda di annullamento contro la stessa decisione PESC impugnata dal sig. Azarov.[45] In particolare, viene contestata la mancanza di corrispondenza tra l’iscrizione nella lista dovuta al fatto che il ricorrente era indagato per reati connessi alla distrazione di fondi pubblici (e trasferimento illegale dei fondi al di fuori dell’Ucraina) e il criterio di designazione delle misure restrittive, intese a colpire “le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini”. Per il Tribunale, il Consiglio ha erroneamente considerato che il ricorrente fosse sottoposto a un’investigazione o a un’indagine preliminare poiché la lettera del Procuratore, sulla quale tale iscrizione si basava, faceva un generico riferimento ad indagini condotte nei confronti del ricorrente, senza tuttavia fornire sufficienti precisazioni quanto ai fatti alla base di tali indagini.[46]

III. La sentenza del Tribunale nella causa Azarov

Come nella causa Al Matri, il ricorso proposto dal sig. Azarov viene accolto, ma per motivi diversi da quelli che sono stati sollevati con successo dal ricorrente tunisino. Le misure impugnate sono la decisione 2014/119[47] e il regolamento (UE) n. 208/2014.[48] Con tali atti sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a esse associati, elencati nell’allegato dei due atti.

Il nome del ricorrente, così come quello degli altri 17 destinatari delle sanzioni in esame, è inserito nell’elenco in quanto “persona sottoposta a procedimento penale in Ucraina allo scopo di indagare (enfasi aggiunta) su reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina”.

Il Tribunale considera il ricorso ammissibile nonostante entrambi gli atti del 2014 impugnati non siano più in vigore e siano stati sostituiti da altri a loro volta impugnati dal ricorrente.[49] Il giudice dell’Unione riconosce che il sig. Azarov mantiene l’interesse ad agire in relazione all’annullamento degli “atti originari”, di cui sopra, poiché i provvedimenti restrittivi sono suscettibili di ledere la reputazione di uomo politico e di uomo d’affari, principio stabilito per la prima volta nella causa Abdulrahim c. Consiglio e Commissione.[50] Non è chiaro se queste considerazioni si applicherebbero anche a ricorrenti che non siano uomini politici e uomini d’affari. In linea di principio, tutte le persone i cui beni vengono congelati avrebbero diritto ad ottenere la stessa tutela.

Nel merito, il ricorrente contesta la motivazione del suo inserimento nella lista, nonché la violazione dei suoi diritti umani. Il Tribunale accoglie il ricorso sulla base del primo motivo di impugnazione. La tesi del ricorrente è che i fatti alla base della designazione sono scollegati ai criteri di designazione della decisione. Infatti, quando il sig. Azarov è stato inserito nella lista non era stato ancora aperto alcun procedimento penale nei suoi confronti. Dunque, la decisione del Consiglio difetterebbe di motivazione. Il Consiglio ha infatti inserito il ricorrente nella lista sulla base di una lettera dell’ufficio del Procuratore generale dell’Ucraina all’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, datata 3 marzo 2014. In questa lettera, non si faceva riferimento ad indagini sul sig. Azarov che riguardavano lo sviamento di fondi pubblici. È solo successivamente all’inserimento nella lista del ricorrente che una seconda lettera della medesima autorità ucraina indicava che erano state aperte indagini relative alla commissione del reato di sviamento di fondi pubblici.

Il Consiglio, da parte sua, giustifica l’iscrizione nella lista sostenendo che la decisione impugnata aveva “l’obiettivo di consolidare e sostenere lo stato di diritto [...] in Ucraina” e, in particolare, di aiutare le autorità di questo Paese a combattere la corruzione e l’appropriazione indebita di fondi appartenenti allo Stato. Imporre al Consiglio di rispettare criteri più rigorosi di quelli osservati nella designazione del ricorrente potrebbe nuocere all’efficacia delle misure restrittive adottate a seguito di un’appropriazione indebita di fondi pubblici. L’UE si presta ad adottare misure urgenti di congelamento dei capitali proprio per evitare che coloro che sottraggono fondi pubblici possano trasferire rapidamente i fondi detenuti nell’Unione fuori dal suo territorio.

Il Tribunale riconosce la sua competenza a valutare se i fatti alla base della decisione del Consiglio siano tali da giustificare l’adozione di misure restrittive. Cita a sostegno Anbouba c. Consiglio.[51] Gli atti impugnati vengono annullati nella misura in cui riguardino il ricorrente poiché la lettera del 3 marzo del 2014, anche se proveniente da un’alta autorità giudiziaria, contiene “solo un’affermazione generale e generica che legava il nome del ricorrente, tra quelli di altri ex alti funzionari, a un’indagine che, sostanzialmente avrebbe accertato fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici. Infatti, la lettera non fornisce alcuna precisazione sull’accertamento dei fatti che l’indagine condotta dalle autorità ucraine stava verificando né tantomeno sulla responsabilità individuale, quant’anche presunta, del ricorrente al riguardo”.[52]

Il Tribunale mantiene fermo il principio, stabilito in Ezz, sulla base del quale, nell’ambito dell’applicazione di misure restrittive, “l’identificazione di una persona come responsabile di un reato non comporta […] necessariamente una condanna per tale reato”.[53] Se si dovesse attendere la pronuncia del giudice, evidentemente risulterebbe impossibile recuperare i fondi pubblici poiché la persona che si sospetta aver distolto le risorse statali farebbe in tempo a spostarli altrove.

Tuttavia, la lettera del Procuratore generale non viene ritenuta sufficiente a giustificare l’iscrizione nella lista del sig. Azarov. Il Tribunale distingue le circostanze del ricorso in esame da quelle presenti nella causa Ezz in cui sia il Tribunale, che la Corte di giustizia avevano confermato la legalità delle misure restrittive adottate. Infatti, nella causa riguardante il cittadino egiziano, “i ricorrenti erano stati quantomeno oggetto di un’ordinanza del Procuratore generale del paese terzo interessato diretta al sequestro dei loro beni, la quale era stata approvata da un giudice penale. Di conseguenza, l’applicazione delle misure restrittive nei confronti dei ricorrenti di cui trattasi in dette cause si basava su concreti elementi di fatto, di cui il Consiglio aveva preso conoscenza”.[54]

La conclusione del Tribunale è che “il Consiglio non disponeva di informazioni sui fatti o sui comportamenti specificamente contestati al ricorrente dalle autorità ucraine e, dall’altro, che la lettera del 3 marzo 2014 da esso invocata, anche esaminandola nel contesto in cui essa si inserisce, non può costituire una base fattuale sufficientemente solida ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 43 ai fini dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco a motivo che era stato identificato ‘come responsabile’ di appropriazione indebita di fondi pubblici”.[55]

Il Tribunale prosegue: “Indipendentemente dalla fase in cui si trovava il procedimento di cui si riteneva che il ricorrente fosse oggetto, il Consiglio non poteva adottare misure restrittive nei suoi confronti senza conoscere i fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici che gli erano specificamente contestati dalle autorità ucraine. Infatti, è solo avendo conoscenza di tali fatti che il Consiglio sarebbe stato in grado di dimostrare che essi potevano, da un lato, essere qualificati come appropriazione indebita di fondi pubblici e, dall’altro, rimettere in discussione lo stato di diritto in Ucraina, il cui consolidamento e il cui sostegno costituiscono, come ricordato al precedente punto 44, l’obiettivo perseguito dall’adozione delle misure restrittive di cui trattasi”.[56]

IV. La portata della sentenza Azarov

Riconoscendo al Consiglio la possibilità di decidere se adottare o meno misure restrittive di fronte ad un’indagine aperta per sviamento di fondi pubblici nei confronti di appartenenti alla leadership politica di uno Stato terzo, il Tribunale conferma la discrezionalità politica di cui gode questa istituzione in materia di PESC. Tuttavia, il giudice dell’Unione impone al Consiglio di valutare se i fatti alla base delle indagini sono, in effetti, tali da giustificare l’adozione di misure restrittive o meno. Infatti, le motivazioni che spingono ad aprire indagini nei confronti dei membri di un regime governativo rovesciato potrebbero essere pretestuose e giustificate da mere considerazioni di tipo politico, soprattutto in Paesi in cui la corruzione è un fenomeno diffuso anche all’interno dell’apparato giudiziario. Così disponendo, il Tribunale precisa un punto della sentenza della Corte di giustizia nella causa Ezz in cui essa aveva stabilito che “al Consiglio o al Tribunale non competeva verificare la fondatezza delle indagini alle quali i ricorrenti erano sottoposti, ma unicamente verificare la fondatezza della decisione di congelamento dei fondi alla luce della richiesta di assistenza giudiziaria”.[57] Così disponendo, il Consiglio sembrava quasi legittimato automaticamente ad accogliere la richiesta di assistenza giudiziaria. Invece, nel presente ricorso il Tribunale impone in sostanza al Consiglio di verificare se esistano prove sufficienti per l’avvio delle indagini da parte delle autorità dello Stato terzo. Si tratta di un obbligo non facilmente assolvibile dal Consiglio ma che è comunque funzionale alla protezione dei diritti delle persone, ivi incluse quelle appartenenti alla leadership politica statale, che sono meramente indagate per sviamento di fondi pubblici.

La posizione del Tribunale in Azarov presenta similitudini con quella adottata in relazione all’iscrizione di Hamas nella lista di organizzazioni terroristiche. Nel ricorso inoltrato da quest’ultimo il Tribunale ha annullato l’iscrizione nella lista poiché questa non si basava su elementi concretamente esaminati e valutati dalle autorità nazionali, ma su elementi estrapolati dalla stampa e internet.[58]

Come spesso accade, le misure annullate dal Tribunale nella causa Azarov sono state sostituite nel 2015 da altre che hanno specificato il criterio di designazione. Sulla base della decisione 2015/143,[59] le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini comprendono persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine: “a) per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici ucraini o per essersi rese complici di tale appropriazione, o b) per abuso d’ufficio in qualità di titolari di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesse o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni pubblici ucraini, o per essersi rese complici di tale abuso”.[60] Nella prima categoria rientrerebbe il sig. Azarov nei confronti del quale, nel frattempo, è stato aperto un procedimento penale. Con una nuova decisione,[61] Azarov e altri 3 ricorrenti, che hanno visto accolto il loro ricorso nel gennaio 2016, sono stati iscritti di nuovo nella lista dei destinatari di misure restrittive nel 2015 in quanto persone sottoposte a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali. In tre casi su cinque i ricorrenti hanno inoltrato un nuovo ricorso[62] e attendono un nuovo giudizio del Tribunale;[63] evidentemente, qualora la legalità delle misure impugnate sia confermata, il successo dei primi ricorsi risulterebbe una vittoria di Pirro.[64]

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European Papers, Vol. 1, 2016, No 2, European Forum, Insight of 9 May 2016, pp. 715-726
ISSN
2499-8249 - doi: 10.15166/2499-8249/47

* Professore associato di Diritto dell'Unione europea, Università di Pisa, poli.sara@gmail.com.

[1] Vedi commento a questa disposizione di E. Bartoloni, in A. Tizzano (a cura di) Trattati dell’Unione europea, Milano: Giuffré, 2013, p. 1752 et seq.

[2] Il primo comma di questa disposizione riguarda le misure contro Stati terzi mentre il secondo concerne attori non statali. Nella prassi non sempre viene specificato sulla base di quale dei due commi dell’art. 215 le misure sono adottate. Nel caso di misure indirizzate alla leadership politica dovrebbe essere il primo e non il secondo comma il fondamento giuridico a cui l’UE può ricorrere. Tuttavia, la Corte di Giustizia non ha mai avuto occasione di esaminare l’esatta attribuzione della competenza dell’UE in relazione alle misure restrittive adottate nei confronti di attori statali e non statali.

[3] La decisione PESC può anche prevedere divieti di ammissione delle persone che si intende sanzionare e che figurano negli allegati della decisione, oltre che misure di congelamento delle risorse economiche.

[4] I divieti di viaggio sono attuati direttamente da misure adottate dagli Stati membri.

[5] Il regolamento serve a precisare la portata delle misure restrittive in modo uniforme per tutti gli Stati membri.

[6] Decisione 2014/119/PESC del Consiglio relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina.

[7] In alcuni casi le misure restrittive non sono state confermate. Ad esempio, si segnala che uno dei membri del governo Yanukovich, la sig.ra Raisa Vasylivna Bohatyriova, è stato depennato dalla lista dei destinatari di misure restrittive poiché ha restituito i fondi pubblici di cui si era appropriata. Vedi il regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/311 del Consiglio che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina.

[8] Conclusioni del Consiglio affari esteri del 3 marzo 2014 sull’Ucraina.

[9] Decisione 2014/145/PESC del Consiglio concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina.

[10] Decisione 2014/499/PESC del Consiglio che modifica la decisione 2014/145/PESC, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina.

[11] Decisione 2014/455/PESC del Consiglio che modifica la decisione 2014/145/PESC, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina.

[12] Nel novembre 2014 sono stabilite altre sanzioni legate all’organizzazione delle elezioni che hanno portato all’autoproclamazione dell’indipendenza delle due Regioni.

[13] Per una panoramica delle misure restrittive adottate nei confronti dell’Ucraina e della Russia vedi EU sanctions against Russia over Ukraine crisis, su European Union Newsroom. Più in generale sulle misure restrittive vedi Commissione europea, European Union Restrictive measures (sanctions) in force, 20 aprile 2016.

[14] Peraltro, questo è l’unico motivo delle indagini. Non ci sono riferimenti alle violazioni dei diritti umani compiute negli ultimi giorni del governo Yanukovich.

[15] La politica di vicinato europea riguarda i rapporti tra l’UE e i gli Stati rientranti nel vicinato europeo che includono gli Stati terzi collocati a sud delle frontiere dell’UE (Marocco, Algeria, Libia, Tunisia, Giordania, Libano, Israele, Autorità palestinese) e quelli situati ad est (Bielorussia, Ucraina, Azerbaijan, Armenia, Moldavia).

[16] Decisione 2011/72/PESC del Consiglio concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità in considerazione della situazione in Tunisia.

[17] Decisione 2011/172/PESC del Consiglio concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto.

[18] Vedi considerando n. 2 della decisione 2011/172/PESC, cit. Parole simili riguardano il testo della decisione 2011/72/PESC relativa alla situazione in Tunisia.

[19] Una categoria a se stante di misure restrittive riguarda poi i gruppi terroristici.

[20] Certamente, gli esiti di questo impegno politico, soprattutto nel caso dell’Egitto, non hanno prodotto i risultati sperati.

[21] Non si può fare a meno di sottolineare quanto sia paradossale come gli stessi membri del governo che ha rifiutato di ratificare l’accordo di associazione con l’Unione europea nel novembre 2013 abbiano anche cercato giustizia davanti ai giudici dell’organizzazione che proponeva al governo la ratifica dell’accordo.

[22] Tribunale, sentenza del 26 ottobre 2015, causa T-290/14, Portnov c. Consiglio.

[23] Tribunale, sentenza del 28 gennaio 2016, causa T-331/14, (Mykola Yanovych) Azarov c. Consiglio.

[24] Tribunale, sentenza del 28 gennaio 2016, causa T-434/14, Arbuzov c. Consiglio.

[25] Tribunale, sentenza del 28 gennaio 2016, causa T-332/14, (Oleksii Mykolayovych) Azarov c. Consiglio.

[26] Tribunale, sentenza del 28 gennaio 2016, causa T-486/14, Stavytskyi c. Consiglio.

[27] Tribunale, sentenza del 28 gennaio 2016, causa T-341/14, Klyuyev c. Consiglio.

[28] Causa T-347/14, Viktor Viktorovych Yanukovych (figlio dell’ex Presidente ucraino) c. Consiglio; causa T-348/14, Oleksandr Viktorovych Yanukovich (figlio dell’ex Presidente ucraino) c. Consiglio, pendente. Si segnala che Viktor Viktorovych è deceduto nel marzo 2015.

[29] Causa T-245/15, Klymenko c. Consiglio, pendente.

[30] Causa T-246/15, Ivanyushchenko c. Consiglio, pendente.

[31] (Mykola Yanovych) Azarov c. Consiglio, cit.

[32] Vedi comunicato stampa del Tribunale n. 7/2016 del 28 gennaio 2016.

[33] Tribunale, sentenza del 28 maggio 2013, causa T-200/11, Al Matri c. Consiglio.

[34] Decisione di esecuzione 2011/79/PESC del Consiglio che attua la decisione 2011/72/PESC concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità in considerazione della situazione in Tunisia.

[35] Tribunale, sentenza del 27 febbraio 2014, causa T-256/11, Ezz e a. c. Consiglio.

[36] La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la Convenzione) è stata adottata mediante la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 58/4 del 31 ottobre 2003, ed è entrata in vigore il 14 dicembre 2005.

[37] Tribunale, Ezz e a. c. Consiglio, cit.; Corte di giustizia, sentenza del 5 marzo 2015, causa C-220/14 P, Ezz e a. c. Consiglio.

[38] Corte di giustizia, Ezz e a. c. Consiglio, cit.

[39] La posizione circa l’autonomia delle misure era già stata sostenuta dal Consiglio e dalla Commissione in Corte di giustizia, Ezz e a. c. Consiglio, cit., par. 36 e 39 ma la Corte ha confermato la tesi in modo esplicito in Portnov c. Consiglio, cit., punto 45.

[40] Ci sono naturalmente altri casi in cui l’UE non ha discrezione nell’adozione di misure restrittive: ad esempio laddove le misure siano stabilite attraverso una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che l’UE deve attuare per permettere agli Stati membri di adempiere agli obblighi discendenti dalla Carta delle Nazioni Unite.

[41] La Convenzione è stata approvata dall’Unione europea con la decisione 2008/801/CE del Consiglio.

[42] Art. 43 della Convenzione.

[43] Art. 46 della Convenzione.

[44] Art. 55 della Convenzione.

[45] Portnov c. Consiglio, cit.

[46] Portnov c. Consiglio, cit., par. 40-44.

[47] Decisione 2014/119/PESC del Consiglio, cit.

[48] Regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina.

[49] Causa T-215/15, Mycola Azarov c. Consiglio, pendente. Vedi comunicato stampa del Tribunale n. 7/2016, cit.

[50] Corte di giustizia, sentenza del 28 maggio 2013, causa C-239/12 P, Abdulrahim c. Consiglio e Commissione.

[51] Corte di giustizia, sentenza del 21 aprile 2015, causa C-605/13 P, Anbouba c. Consiglio.

[52] Anbouba c. Consiglio, cit., par. 51.

[53] Corte di giustizia, Ezz e a. c. Consiglio, cit., par. 72.

[54] (Mykola Yanovych) Azarov c. Consiglio, cit., par. 53.

[55] Ivi, par. 54.

[56] Ivi, par. 55.

[57] Corte di giustizia, Ezz e a. c. Consiglio, cit., par. 77.

[58] Vedi Tribunale, sentenza del 17 dicembre 2014, causa T-400/10, Hamas c. Consiglio, par. 110-111.

[59] Decisione 2015/143/PESC del Consiglio che modifica la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina.

[60] Art. 1 della decisione 2015/143/PESC.

[61] Decisione 2015/364/PESC del Consiglio che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina.

[62] Si tratta di Azarov, Arbuzov e Klyuyev mentre il sig. Stavytskyi non ha proposto alcun ricorso. Vedi comunicato stampa del Tribunale n. 7/2016, cit.

[63] Causa T-215/15, Mycola Yanovych Azarov c. Consiglio; causa T-221/15, Sergej Arbuzov c. Consiglio; causa T-731/15, Klyuyev c. Consiglio, pendenti. Vedi comunicato stampa del Tribunale n. 7/2016, cit.

[64] Si segnala, infine, che non sempre le misure restrittive vengono confermate dalle istituzioni dell’UE. Ciò vale anche per il particolare tipo di misura oggetto del presente commento. Ad esempio, il figlio di Azarov non è stato più re-inserito nell’elenco e quindi le sue risorse economiche non risultano più congelate. Neanche il sig. Portnov, che per primo ha promosso e vinto il ricorso di fronte al Tribunale contro le misure restrittive del 2014, figura più nella lista dei destinatari di sanzioni.

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