Le deroghe alla direttiva rimpatri all'ombra del Patto: strumentalizzazione dei migranti e riforma del meccanismo di valutazione e monitoraggio di Schengen

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Abstract: Art. 2(2)(a) of the Directive 2008/115/EC (Return Directive) provides the conditions whereby the Member States can derogate from some provisions of the directive itself. An amendment to remove this clause is under discussion before the European Parliament, as part of the negotiations on the directive’s recast. Derogations from the scope of the directive challenge the monitoring of compliance with human rights obligations and the Charter of Fundamental Rights of the European Union. Meanwhile, the proposal on the reform of the Schengen Evaluation and Monitoring Mechanism (SEMM) aims for an effective monitoring of the respect of rights at external borders. This implies greater attention to the correct implementation of the Return Directive. However, in the new Pact for migration and asylum, the derogation clause is applicable to both the proposal for a Regulation on screening at external borders and the proposal for a common procedure for international protection. Derogations from the Return Directive are also contained in the proposals aimed at addressing situations of instrumentalisation of migration and asylum. The analysis of these provisions gives a picture of an incoherent normative system, whose antinomies may foster or further complicate the already troubled advancement of negotiations on the Return Directive and on the Pact.

Keywords: Return Directive – derogation – new Pact on migration and asylum – instrumentalisation – Schengen Evaluation and Monitoring Mechanism – external borders.

I. Premessa

I recenti mutamenti del panorama migratorio ai confini europei hanno creato i presupposti per la proposizione, da parte della Commissione, di nuove misure volte alla gestione delle frontiere esterne dell’Unione europea. Tra gli obiettivi comuni a tali misure vi è il rafforzamento dell’efficacia dei rimpatri, attualmente disciplinati dalla direttiva rimpatri 2008/115/CE,[1] la cui proposta di rifusione, dell’ottobre 2018, è ancora in fase di negoziazione.[2]

Il presente Insight si concentra sulla possibilità per gli Stati membri di derogare alle disposizioni della direttiva rimpatri, partendo dall’analisi dell’ambito di applicazione della clausola opzionale di cui all'art. 2(2)(a).[3] Questa permette agli Stati membri di non applicare la direttiva nel contesto di frontiera, in due situazioni. Nella prima, gli Stati sono autorizzati a disapplicare le disposizioni a cittadini di paesi terzi che sono oggetto di un rifiuto d'ingresso ai sensi dell'art. 14 del codice di frontiera Schengen,[4] cioè quando respinti in assenza delle condizioni d’ingresso previste dal codice stesso. Nella seconda, gli Stati possono sottrarre all’ambito di applicazione della direttiva le persone “che sono state fermate o intercettate dalle autorità competenti in relazione all'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro e che non hanno successivamente ottenuto un’autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro". Questa formulazione – frutto di un compromesso tra il Consiglio e il Parlamento – ha generato numerose incertezze interpretative.[5] In particolare, il riferimento “ai cittadini di paesi terzi che vengono intercettati o fermati al momento dell’attraversamento irregolare della frontiera, o subito dopo” poteva essere inteso come applicabile nei confronti di qualsiasi cittadino di un Paese terzo fermato in prossimità delle frontiere nazionali degli Stati membri ed il cui ingresso nel territorio nazionale fosse avvenuto irregolarmente. Tale interpretazione avrebbe lasciato alla disposizione un campo di applicazione molto ampio, potendo persino essere inteso nel senso di consentire la non applicabilità della direttiva a tutti i cittadini di paesi terzi entrati irregolarmente nell’UE.[6] Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), la deroga deve, invece, essere interpretata in modo restrittivo. Nella causa Sélina Affum la Corte ha specificato che tale esenzione può essere applicata esclusivamente con riguardo alle persone che sono state fermate o intercettate dalle autorità competenti “al momento stesso dell'attraversamento irregolare della frontiera o in prossimità di tale frontiera dopo il suo attraversamento”.[7] La stessa interpretazione è stata avallata nel Manuale comune sul rimpatrio, adottato dalla Commissione nel 2017, che chiarisce che non si ritiene rientrino nella condizione di cui sopra – in quanto non esiste più alcun legame diretto con l’atto di aver attraversato irregolarmente la frontiera – i cittadini di paesi terzi fermati nel territorio di uno Stato membro entro un determinato lasso di tempo successivo all’ingresso irregolare ovvero fermati in una regione di frontiera; così come i cittadini di paesi terzi, il cui soggiorno è irregolare, che stanno lasciando il territorio degli Stati membri e dei paesi associati Schengen.[8]

Nel testo presentato dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE), contenente gli emendamenti alla proposta di rifusione della direttiva rimpatri votata dal Consiglio, è presente un emendamento volto all’eliminazione di tale clausola, attualmente in fase di negoziazione in Parlamento europeo.[9] La relatrice Tineke Strik rappresenta, nella motivazione dell’emendamento, come l’esclusione di alcune categorie di cittadini di paesi terzi dal campo di applicazione della direttiva e la mancata applicazione di garanzie fondamentali sia problematica dal punto di vista della certezza giuridica e della non discriminazione, e sottolinea ancora una volta come le deroghe al campo di applicazione della direttiva rendano più complesso il monitoraggio del rispetto degli obblighi in materia di diritti umani e della Carta UE.[10]

Tuttavia, nonostante la discussione dell’emendamento sia ancora in corso in Parlamento, la Commissione inserisce la possibilità di deroga all'applicazione della direttiva 2008/115/CE nelle sue più recenti proposte. Questa si ritrova, infatti, nel nuovo Patto su migrazione e asilo,[11] così come nella proposta del Consiglio relativa a misure provvisorie di emergenza per Lettonia, Lituania e Polonia,[12] che già figurano tra i dieci dei quattordici Stati membri con frontiere terrestri esterne che hanno applicato la clausola opzionale di cui all'art. 2(2)(a). Una possibilità di deroga è prevista anche nella proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell'asilo.[13]

Le interrelazioni tra queste disposizioni e le loro conseguenze, anche alla luce della modifica del regolamento sul meccanismo di valutazione e monitoraggio (SEMM) di Schengen,[14] verranno approfondite nei paragrafi seguenti.

II. La possibilità di deroga all'applicazione della direttiva 2008/115/CE nel nuovo Patto su migrazione e asilo

Il nuovo Patto su migrazione e asilo, presentato dalla Commissione il 23 settembre 2020, include diversi dossier legislativi, le cui proposte sono ancora in fase iniziale. Dalla sua complessiva lettura, il rafforzamento dell’efficacia dei rimpatri mostra un carattere prioritario e trasversale rispetto a tutti gli ambiti tematici affrontati.[15]

La possibilità di deroga alle disposizioni della direttiva 2008/115/CE rimpatri è presente nella proposta di regolamento sull’accertamento alle frontiere esterne,[16] e in quella di una procedura comune di protezione internazionale.[17] In entrambe le proposte, la possibilità di deroga trova il suo fondamento nella finzione giuridica del non ingresso sul territorio di cittadini di paesi terzi che sono presenti alla frontiera o nelle sue vicinanze. Alcuni Stati membri avevano già tentato l’utilizzo della finzione di non ingresso ai fini di gestione delle frontiere, ma questa era stata scartata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo come irrilevante nella sentenza N.T. e N.D. c Spagna, nella quale la Corte ha ribadito che i cittadini di paesi terzi entrano nella giurisdizione dello Stato non appena le autorità esercitano sugli stessi un controllo effettivo, indipendentemente dal luogo ove essi si trovano.[18] Ebbene, nelle proposte del Patto, la Commissione recupera e legittima la finzione di non ingresso, con la conseguenza di estendere l’applicazione della deroga di cui all’art. 2(2)(a) della direttiva rimpatri.

La proposta di regolamento sull’accertamento alle frontiere esterne,[19] nella sua relazione illustrativa, indica come obiettivo l’istituzione di uno strumento uniforme “per indirizzare alla procedura adeguata tutti i cittadini di paesi terzi presenti alla frontiera esterna che non soddisfano le condizioni d'ingresso o che sono sbarcati a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso”.[20] Tale procedura “può essere una procedura conforme alla direttiva rimpatri o, in caso di domanda di protezione internazionale, la procedura di asilo ordinaria, una procedura accelerata o la procedura di asilo alla frontiera, o ancora la ricollocazione in un altro Stato membro”.[21] I cittadini di paesi terzi sono dunque “presenti” alla frontiera esterna ma non autorizzati all’ingresso. La “procedura adeguata” a cui la proposta fa riferimento, potrebbe, quindi, essere una decisione di rimpatrio “conforme alla direttiva rimpatri”, o – nel soddisfacimento della doppia condizione in cui lo Stato membro si sia avvalso della clausola facoltativa di cui all'art. 2(2)(a) della direttiva 2008/115/CE e il cittadino di paese terzo sia stato fermato a seguito di attraversamento irregolare – un provvedimento di respingimento a norma dell'art. 14 del regolamento (UE) 2016/399.

La proposta di una procedura comune di protezione internazionale,[22] prevede la possibilità di deroga all'applicazione della direttiva 2008/115/CE, quando l’analisi della domanda di protezione avviene in frontiera. In questo caso, ai sensi dell’art. 41(7) della proposta di procedura comune[23] il richiedente non è autorizzato ad entrare nel territorio dello Stato membro.[24] Se, all’esito della procedura di frontiera, la domanda di protezione internazionale viene respinta, la persona potrebbe essere soggetta alla decisione di rimpatrio a norma della direttiva rimpatri o di un provvedimento di respingimento ex art. 14 del regolamento (UE) 2016/399.[25] A quali condizioni e in quali Stati membri la persona possa essere soggetta all’una o all’altra decisione, è sempre determinato dall’applicazione della clausola opzionale di cui all'art. 2(2)(a) della direttiva rimpatri. Anche il cittadino che ha chiesto protezione internazionale, la cui domanda è stata respinta, diventa quindi potenziale destinatario di un provvedimento di respingimento alla frontiera a norma dell'art. 14 del regolamento (UE) 2016/399.

L’attuale disciplina esclude tale applicazione della clausola opzionale di cui all’art. 2(2)(a) della Direttiva rimpatri. Nel Manuale comune sul rimpatrio, tra gli esempi pratici di casi rientranti nell'enunciato “e che non hanno successivamente ottenuto un’autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro”, ai quali non si applica la deroga, rinveniamo espressamente indicati “i migranti irregolari che sono stati fermati alla frontiera esterna e che successivamente hanno ottenuto un diritto di rimanere nel territorio dello Stato membro in qualità di richiedenti asilo: anche se il loro soggiorno, dopo che la domanda di asilo è stata definitivamente respinta, è diventato nuovamente ‘irregolare’, essi non devono essere esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva come ‘casi frontalieri’”.[26]

Diversamente, la previsione contenuta nella proposta per cui coloro ai quali è applicata la procedura di frontiera non sono autorizzati ad entrare nel territorio dello Stato membro impedisce, di fatto, di ottenere un'autorizzazione o un diritto di soggiorno, anche una volta acquisito lo status di richiedente asilo. All’impossibilità di ottenere tale autorizzazione o diritto consegue la finzione giuridica del non ingresso durante l’intera procedura d’asilo.

Tuttavia, concordemente all'interpretazione della CGUE,[27] l’attraversamento irregolare dovrebbe essere caratterizzato, in ogni caso, da un legame temporale e spaziale diretto con il passaggio della frontiera. Legame che, nel caso dello svolgersi di una procedura d’asilo, verrebbe evidentemente meno nel suo elemento temporale: l’immediatezza dell’attraversamento. Quanto all’elemento spaziale, nella proposta di Regolamento la frontiera appare come un luogo ad espansione variabile, dal momento che la procedura di frontiera può svolgersi “in un luogo sito alla frontiera esterna o in prossimità della stessa ovvero in una zona di transito” ma in assenza di disponibilità in tali luoghi, “lo Stato membro può ricorrere ad altre sedi sul proprio territorio”.[28] Sedi che, in mancanza di ulteriori specifiche, potrebbero trovarsi all’interno del paese anche a chilometri di distanza dalla frontiera, e nelle quali il richiedente potrebbe essere condotto senza essere autorizzato all’ingresso nel territorio. Si potrebbe obiettare che a cambiare è solo il luogo di trattazione del caso scaturito alla frontiera, così che l’elemento frontiera continuerebbe a sussistere anche in tale circostanza. Tuttavia, la Commissione, nel Manuale comune sul rimpatrio, ribadisce in più punti la necessità non solo che sussista un legame spaziale con l’attraversamento della frontiera, ma anche che questo sia diretto.[29] Pertanto, se da una parte è vero che i due piani non sono sovrapponibili e l’elemento frontaliero persisterebbe anche nel caso di trasferimento del richiedente asilo in altre sedi fuori dall’area di frontiera, dall’altra il trasferimento interromperebbe il nesso che lega direttamente l’attraversamento alla frontiera, tale per cui il legame, pur continuando ad esistere, non potrebbe più considerarsi diretto.

Privo di un legame temporale e spaziale diretto con l’attraversamento della frontiera, l’ambito di applicazione della clausola derogatoria si sposta dal respingimento all’espulsione e la clausola opzionale si spoglia del suo carattere residuale, diventando, di fatto, sistematica nelle procedure di frontiera negli Stati membri che hanno scelto di avvalersene. Questo determina che in quei paesi con frontiere terrestri esterne che applicano la direttiva rimpatri (Croazia, Estonia, Finlandia e Slovacchia),[30] i cittadini stranieri la cui domanda di protezione viene respinta sono soggetti a una decisione di rimpatrio. Al contrario, nei paesi con frontiere terrestri che si sono avvalsi della clausola opzionale di cui all'art. 2(2)(a) della direttiva rimpatri (Bulgaria, Francia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovenia e Spagna),[31] i cittadini stranieri la cui domanda di protezione non viene accolta potrebbero essere soggetti ad una decisione di rimpatrio, o ad una decisione di respingimento basata sul codice frontiere Schengen. Questo comporta che le persone soggette a rifiuto d'ingresso beneficiano di protezioni minori rispetto a quelle che rientrano nel campo di applicazione della direttiva rimpatri, pur essendo state sottoposte alla medesima procedura d’asilo in frontiera. Sul punto, la Commissione si premura di sottolineare che:

“ai fini della parità di trattamento di tutti i cittadini di paesi terzi la cui domanda è respinta con procedura di frontiera, quando lo Stato membro decide di non applicare le disposizioni della direttiva rimpatri in virtù dell'articolo 2(2)(a), della stessa direttiva e non emana nei confronti della persona una decisione di rimpatrio, il richiedente, il cittadino di paese terzo o l'apolide dovrebbe godere del trattamento e del livello di protezione previsti all'articolo 4, paragrafo 4, di detta direttiva, equivalenti a quelli applicabili alla persona colpita da decisione di rimpatrio”.[32]

Segnatamente, ai sensi dell’art. 4(4) della direttiva, gli Stati che applicano la deroga sono tenuti a rispettare il principio di non respingimento, le limitazioni all'uso di misure coercitive,[33] il rinvio dell'allontanamento,[34] l’assistenza sanitaria di emergenza e presa in considerazione dei bisogni delle persone vulnerabili,[35] nonché le condizioni di detenzione.[36]

In conclusione, le proposte contenute nel Patto mirano a legittimare la finzione giuridica del non ingresso durante l’intera procedura d’asilo, la quale rimane però evidentemente frutto dell’esercizio di giurisdizione dello Stato membro, tale per cui la differenziazione di trattamento tra i richiedenti asilo non può che risultare priva di base giuridica. D’altronde, guardando da una prospettiva meramente teorica all’uso della finzione giuridica nelle proposte esaminate, se le zone di frontiera o di transito (si veda le transit zone in Ungheria) non sono parte dello Stato – dal momento che l’ingresso in esse non si configura (almeno limitatamente ai cittadini di paesi terzi) quale ammissione nello Stato – allora l’attraversamento della frontiera in assenza dei requisiti per l’accesso allo Stato non potrà mai essere irregolare. I requisiti richiesti sono, infatti, necessari per l’ingresso nel territorio dello Stato, e non nelle zone di frontiera.[37] Di conseguenza, non potrebbe mai verificarsi un attraversamento irregolare della frontiera, idoneo ad attivare la deroga di cui all’art. 2(2)(a) della direttiva rimpatri. D’altra parte, essendo l'esercizio della giurisdizione da parte dello Stato – e non la presenza sul territorio dello straniero – il criterio rilevante per determinare la responsabilità statale in ordine alla tutela dei diritti fondamentali e all’obbligo di non refoulement, lo Stato sarebbe comunque tenuto a processare la richiesta d’asilo. Questa interpretazione, seppur estrema, è utile a ribaltare la retorica del migrante cattivo – che oltrepassa il confine in maniera irregolare – finalizzata a stigmatizzare il comportamento dei migranti e criminalizzare i flussi migratori,[38] in un’evidente concessione alle pressioni degli Stati impegnati in controlli sempre più repressivi ai confini.[39] Guardare da questa prospettiva al concetto di extraterritorialità, tanto caldeggiato dalla Commissione, metterebbe pertanto in discussione la pericolosa tendenza – condivisa anche dalla Corte EDU – a spostare il suo giudizio dal comportamento degli Stati a quello dei ricorrenti.[40]

III. La possibilità di deroga all'applicazione della direttiva 2008/115/CE nelle proposte di risposta alla strumentalizzazione dei migranti

Accanto alle misure del Patto, anche la proposta del Consiglio relativa a misure temporanee di emergenza a beneficio di Lettonia, Lituania e Polonia[41] e quella di Regolamento volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell'asilo,[42] prevedono la possibilità di derogare all'applicazione della direttiva 2008/115/CE.

Entrambe le proposte hanno come presupposto la strumentalizzazione dei migranti, la cui definizione è ripresa dalla proposta di modifica del codice frontiere Schengen, secondo il quale “una situazione di strumentalizzazione dei migranti può verificarsi quando un paese terzo istiga flussi migratori irregolari verso l'Unione [...] se tali azioni denotano l'intenzione del paese terzo di destabilizzare l'Unione o uno Stato membro e sono di natura tale da mettere a repentaglio funzioni essenziali dello Stato come la sua integrità territoriale, il mantenimento dell'ordine pubblico o la salvaguardia della sicurezza nazionale”.[43]

Il 1° dicembre 2021, la Commissione, preso atto che Lettonia, Lituania e Polonia “si trovano ad affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi strumentalizzati dalla Bielorussia a fini politici” presenta una proposta di decisione del Consiglio di misure temporanee di emergenza a norma dell'art. 78(3) del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).[44] Questo prevede che qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati.

Come anticipato nel primo paragrafo, Lettonia, Lituania e Polonia sono tra i dieci dei quattordici Stati membri con frontiere terrestri esterne che hanno applicato la clausola opzionale di cui all'art. 2(2)(a) della direttiva rimpatri. La proposta al Consiglio, al suo art. 4, prevede per questi tre paesi anche la possibilità di derogare all'applicazione della direttiva 2008/115/CE per i cittadini di paesi terzi e gli apolidi la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta conformemente alla procedura d’asilo in frontiera.[45] La conseguenza sarà, come già osservato nella proposta di una procedura comune di protezione internazionale contenuta nel nuovo Patto,[46] che le persone escluse dal campo di applicazione della direttiva rimpatri potranno essere soggette a respingimento ai sensi dell'art. 14 del codice frontiere Schengen. Anche in questo caso, la procedura d’asilo in frontiera (art. 2) prevede che le domande di tutti i richiedenti – eccetto quelli con gravi problemi di salute – vengano analizzate senza che sia autorizzato l'ingresso nel territorio.[47] Inoltre, la Lettonia, la Lituania e la Polonia potranno prorogare la durata della procedura di frontiera a sedici settimane, durante le quali i richiedenti non sono autorizzati all'ingresso.[48]

La deroga dell'articolo 4 della proposta sembra ricalcare quella dell’art. 2(2)(a) della direttiva rimpatri. È la stessa relazione illustrativa a sottolinearne il nesso, puntualizzando che la proposta “mira a istituire un meccanismo simile alla deroga di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a)” ed allo stesso tempo a specificare che questa previsione, in ogni caso, “lascia impregiudicata per la Lettonia, la Lituania e la Polonia la possibilità di derogare all'applicazione della direttiva 2008/115/CE in virtù dell'art. 2(2)(a), della medesima direttiva, in relazione ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare fermati in occasione dell'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro e che non hanno successivamente ottenuto un'autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro”.

Ciò che contraddistingue le due deroghe è, evidentemente, la diversità dei presupposti di applicabilità. La deroga della proposta in oggetto – diversamente da quella di cui all'art. 2(2)(a) direttiva 2008/115/CE – non prevede nessuna condizione necessaria alla disapplicazione della direttiva rimpatri, se non quella, alla base dell’intera misura emergenziale, dell’esistenza di una strumentalizzazione. Il fine della deroga è esplicitamente indicato nell’ “affrontare meglio la situazione di emergenza caratterizzata dagli attuali flussi irregolari di cittadini di paesi terzi. Sulla necessità di una deroga ulteriore, e sul nesso tra la soppressione di parte delle garanzie previste dalla direttiva rimpatri e una migliore gestione dei flussi, non viene fornita spiegazione alcuna, apparendo, evidentemente, implicita alla Commissione. La Commissione si esprime invece sulla proporzionalità della proposta in generale, sottolineando che la durata delle misure è limitata nel tempo a quanto è strettamente necessario per consentire agli Stati membri interessati di affrontare la situazione che mette a repentaglio la loro sicurezza o integrità territoriale e queste debbano essere intese come provvedimenti di carattere straordinario ed eccezionale, limitati nel tempo.

Alla proposta del Consiglio relativa a misure temporanee di emergenza a beneficio di Lettonia, Lituania e Polonia, segue la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell'asilo, del 14 dicembre 2021.[49] Le misure ivi contenute integrano e rafforzano le proposte avanzate nel quadro del nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo.

La Commissione specifica che tale proposta non pregiudica la possibilità che il Consiglio adotti, su proposta della Commissione, misure ai sensi dell'art. 78(3) TFUE, ma ritiene necessario un quadro permanente sul quale l'Unione possa fare costantemente affidamento, che consentirebbe di mantenere il carattere eccezionale delle misure temporanee ai sensi dell'art. 78(3) TFUE, e di rendere superfluo il ricorso a tale articolo del trattato per affrontare le situazioni di strumentalizzazione che rientrano nella proposta. Al suo art. 4, la proposta introduce una procedura di emergenza per la gestione dei rimpatri in una situazione di strumentalizzazione dei migranti. Questa prevede la possibilità, per lo Stato membro, di derogare all'applicazione della direttiva rimpatri per i cittadini di paesi terzi o gli apolidi la cui domanda di protezione internazionale è stata respinta sulla base della procedura di emergenza per la gestione dell'asilo alla frontiera ai sensi dell'art. 2(1)(b) e (c) della direttiva stessa.

Similmente alla proposta del Consiglio relativa a misure temporanee di emergenza a beneficio di Lettonia, Lituania e Polonia, è la stessa relazione illustrativa a ribadire che “la deroga di cui alla presente proposta mira a istituire un meccanismo simile alla deroga stabilita all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva rimpatri, comparabile alle disposizioni proposte a beneficio di Lettonia, Lituania e Polonia”.

Come già osservato in relazione alle disposizioni cui si fa rimando, la proposta non prevede nessuna condizione ulteriore necessaria alla disapplicazione della direttiva rimpatri, se non quella, alla base dell’intera misura emergenziale, dell’esistenza di una strumentalizzazione. Al considerando 12 della proposta, la Commissione spiega infatti, a fondamento di tale decisione, che "in una situazione di strumentalizzazione di migranti, è fondamentale dotare lo Stato membro interessato degli strumenti giuridici necessari per garantire un rapido rimpatrio di coloro che non sono ammissibili alla protezione internazionale”. Anche in questo caso, non appare chiaro il nesso tra un detrimento delle garanzie in fase di rimpatrio e la situazione di strumentalizzazione. Necessariamente tenuta ad esprimersi sulla proporzionalità della misura, la Commissione dichiara apoditticamente che “le deroghe specifiche alla rifusione della direttiva rimpatri sono proporzionate al fine di garantire il rapido rimpatrio di coloro che non soddisfano i requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale, aspetto essenziale in una situazione di strumentalizzazione di migranti per impedire ulteriori arrivi”.

In conclusione, lo Stato membro che decide di non applicare le disposizioni della direttiva rimpatri non lo fa più in virtù dell'art. 2(2)(a) direttiva 2008/115/CE, nel rispetto del vincolo del legame temporale e spaziale diretto con l’attraversamento irregolare della frontiera, che nella formulazione delle misure provvisorie di emergenza scompare. La possibilità di disapplicazione della direttiva 2008/115/CE non è più legata alle condizioni previste dalla direttiva stessa per la sua deroga, e gli Stati interessati la possono disapplicare tout court, sulla base dell’esistenza di una strumentalizzazione. Questa, definita nella proposta di modifica del codice frontiere Schengen esclusivamente in termini di finalità,[50] e formulata in modo da lasciare aperte varie possibili interpretazioni (non c'è un limite numerico, la strumentalizzazione può avvenire anche solo con tre migranti ma strumentalizzati? Strumentalizzati, sulla base di cosa?), non appare sufficiente a spiegare perché – in tali casi – una deroga tout court alla direttiva 2008/115/CE sia necessaria, né è in grado di offrire elementi utili a valutare la proporzionalità di tale deroga. Mentre questa deroga tout court potrebbe trovare giustificazione nel carattere eccezionale delle misure temporanee ai sensi dell'art. 78(3) TFUE, l’inserimento in una proposta in un quadro permanente sul quale l'Unione possa fare costantemente affidamento appare particolarmente preoccupante.

Non può nascondersi che tali misure legislative andrebbero a soddisfare istanze portate avanti già da tempo – sotto le mentite spoglie della difesa degli interessi dell’Unione – dai paesi alle frontiere esterne, che hanno trovato nella crisi provocata dalla Bielorussia la loro legittimazione. Esemplificativa sul punto è la posizione del governo polacco nella causa M.K. e altri c Polonia secondo cui, essendo il confine polacco-bielorusso anche confine esterno dell’Unione europea, le autorità dovevano agire in conformità anche agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea (in particolare dal codice frontiere Schengen), enfatizzando che la loro principale responsabilità era quella relativa alla “la protezione delle frontiere e il controllo del traffico di frontiera, così come la prevenzione dell'immigrazione illegale”.[51] Pur avallando, di fatto, tale interpretazione, entrambe le proposte non si sono potute sottrarre all'obbligo di preservare quel nucleo di garanzie minime prescritte dall'art. 4(4) della direttiva 2008/115/CE, come indicate nel paragrafo precedente, anche in attuazione della deroga.

IV. La possibilità di deroga alla direttiva 2008/115/CE a fronte della modifica del regolamento sul meccanismo di valutazione e monitoraggio di Schengen (SEMM)

Il 2 giugno 2021, la Commissione ha presentato una proposta di modifica del regolamento sul meccanismo di valutazione e monitoraggio di Schengen (SEMM).[52] La proposta fa parte di un più vasto progetto di riforma del sistema Schengen, che comprende anche la pubblicazione di una nuova strategia per il futuro di Schengen e una prossima proposta di modifica del codice frontiere Schengen.[53]

Il SEMM, istituito nel 2013, è un meccanismo di revisione tra pari volto a verificare che gli Stati membri attuino correttamente le norme Schengen, basato su un programma pluriennale (5 anni) concordato tra la Commissione e gli Stati membri. La Commissione è responsabile del coordinamento generale e dell'organizzazione della valutazione e del monitoraggio. Sulla base della sua relazione di revisione per il 2020,[54] la Commissione ha proposto di modificare il regolamento SEMM al fine di “ampliare l'orientamento strategico del meccanismo e garantire un uso più proporzionato dei diversi strumenti di valutazione; abbreviare e semplificare le procedure per rendere il processo più efficace ed efficiente e aumentare la pressione tra pari; ottimizzare la partecipazione degli esperti degli Stati membri e la cooperazione con istituzioni, organi e organismi dell'Unione; rafforzare la valutazione del rispetto dei diritti fondamentali nel quadro dell'acquis di Schengen“.[55]

Il 15 giugno 2022 è stato pubblicato il nuovo regolamento SEMM.[56] La maggior parte degli emendamenti alla modifica del SEMM proposti dal Parlamento[57] riguardanti il rafforzamento delle tutele dei diritti fondamentali alle frontiere, sono stati inclusi nel testo finale. Esemplificativo è il considerando 11, il quale richiama come sia opportuno “prestare particolare attenzione alla verifica del rispetto dei diritti fondamentali” e “prevedere la possibilità che nella programmazione e progettazione delle valutazioni siano presi in considerazione, di propria iniziativa, gli elementi di prova resi pubblici o trasmessi tramite meccanismi di monitoraggio indipendenti o da terzi interessati, quali difensori civici, autorità che monitorano il rispetto dei diritti fondamentali e organizzazioni non governative e internazionali”.[58] Il testo definitivo prevede, inoltre, all’art.10, che nella valutazione si possano utilizzare i risultati di meccanismi e organismi di monitoraggio nazionali indipendenti,[59] nonché, all’art. 11, che nella programmazione la Commissione può tenere conto delle informazioni relative all’attuazione dell’acquis di Schengen trasmesse da terzi, comprese autorità indipendenti, organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali.[60]

È chiaro che l’attenzione mostrata nel nuovo regolamento con l’introduzione di valutazioni nel SEMM circa il rispetto della dei diritti fondamentali nell'attuazione dell'acquis di Schengen e l’operato delle Agenzie dell’Unione in frontiera, anche sulla base di prove fornite da organizzazioni che si occupano di diritti umani, miri a limitare le violazioni che avvengono tanto nelle frontiere interne quanto in quelle esterne a danno di cittadini di paesi terzi. Nei contesti delle operazioni di rimpatrio direttamente dalle frontiere esterne, questo non può che implicare una maggiore attenzione alla corretta attuazione della direttiva rimpatri. Di contro, le previsioni presenti nel Patto, nella proposta relative a misure d’emergenza per Lettonia, Lituania e Polonia e nella proposta di regolamento volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell'asilo, che offrono la possibilità di derogare all'applicazione della direttiva 2008/115/CE, ostacolano la realizzazione di sufficienti garanzie procedurali alla frontiera esterna.

È evidente, anche alla luce del nuovo regolamento SEMM, che una applicazione obbligatoria della direttiva rimpatri nelle zone di frontiera sarebbe più in linea con la caratterizzazione della direttiva rimpatri come parte dell'acquis di Schengen, e renderebbe il SEMM più effettivo.[61]

V. Considerazioni critiche e conclusioni

A ridosso della pubblicazione del nuovo regolamento SEMM, e mentre ancora si discute degli emendamenti alla proposta di rifusione della direttiva rimpatri, mirati a rafforzare il sistema di tutele al rimpatrio da questi previste, assistiamo allo smantellamento del sistema di garanzie prescritte dalla direttiva 2008/115/CE ad opera di altri strumenti di gestione del controllo delle frontiere e delle migrazioni proposti da Commissione e Consiglio.

Un primo atto di questo silenzioso e discreto smantellamento è stato svincolare la possibilità di deroga alla direttiva 2008/115/CE dalle condizioni che la direttiva stessa aveva stabilito. Le disposizioni contenute nella proposta di una procedura comune di protezione internazionale nel Patto, non possono che essere interpretate nel senso di introdurre una deroga all’ambito di applicazione della direttiva 2008/115, che si aggiungerebbe a quelle previste all’art. 2(2)(a) della medesima. Queste, invero, legittimano un uso estensivo e al di fuori delle casistiche previste dalla direttiva e restrittivamente interpretate dalla CGUE.

Il secondo atto è consistito nell’eliminare del tutto il richiamo all’art. 2(2)(a) della direttiva 2008/115 nella proposta del Consiglio relativa a misure temporanee di emergenza a beneficio di Lettonia, Lituania e Polonia. Mentre questa deroga tout court potrebbe trovare giustificazione nel carattere eccezionale delle misure temporanee ai sensi dell'art. 78(3) TFUE, il suo inserimento nella proposta di Regolamento volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell'asilo, quindi in un quadro permanente sul quale l'Unione possa fare costantemente affidamento, rimane priva di ogni giustificazione, conformandosi come una importante limitazione di diritti fondamentali.

Invero, sebbene in entrambe le proposte sia stato preservato un nucleo minimo di diritti, altre importanti garanzie vengono meno. Tra queste, l'applicazione di misure alternative non coercitive al trattenimento o il diritto a un ricorso effettivo. Il rischio è già stato vagliato dalla Corte di giustizia nella causa relativo alle transit zones di Röszke e Tompa, situate al confine tra Serbia e Ungheria nel quale la Corte ha ribadito che un diritto intrinsecamente collegato all’adozione di una decisione di rimpatrio, posto anche a tutela del rispetto sostanziale del principio di non refoulement, è quello ad un ricorso effettivo, disciplinato dall’art. 13 della direttiva 2008/115/CE, cui fornisce una lettura conforme all’art. 47 della Carta.[62]

Se l’emendamento proposto dalla Commissione LIBE fosse approvato, l’eliminazione della clausola opzionale art. 2(2)(a) direttiva rimpatri travolgerebbe anche tutte le disposizioni contenuta nel Patto sopra esaminate, che alla clausola stessa fanno esplicito rimando. Pertanto, l’eliminazione nel testo della direttiva rimpatri avrebbe un effetto diretto ed immediato anche nella procedura di rimpatrio alla frontiera come previsto nel Patto. L’introduzione di una deroga espressa e autonoma nella proposta del Consiglio relativa a misure temporanee di emergenza a beneficio di Lettonia, Lituania e Polonia e nella proposta di Regolamento volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell'asilo mette invece in salvo la possibilità di non applicare la direttiva rimpatri nelle situazioni di strumentalizzazione, rendendo ininfluente l’eventuale eliminazione della clausola opzionale.

Alla luce di questa prima, approssimativa, disamina comparata delle disposizioni relative alle garanzie sui rimpatri, ci troviamo di fronte ad una frammentazione del quadro normativo che rende complesso un monitoraggio effettivo dei diritti in frontiera. Questi appaiono cambiare a seconda di situazioni talvolta non chiaramente definibili, le quali innalzano e abbassano, al limite dell’arbitrario, le tutele previste. In questo contesto, nonostante il nuovo Patto continui formalmente ad individuare la direttiva 2008/115/CE quale principale strumento su cui costruire lo sviluppo di un sistema europeo comune per i rimpatri, è evidente che nelle proposte più recenti della Commissione questo strumento appaia obsoleto, poco flessibile a piegarsi a dinamiche emergenziali e di strumentalizzazione.

Il rischio è che la Commissione riesca ad introdurre direttamente ulteriori possibilità di deroghe alla direttiva 2008/115/CE, svincolate dalle condizioni previste dalla direttiva stessa. Se infatti il Parlamento sta provando ad arginare il degenerare delle logiche della frontiera, la Commissione ed il Consiglio mirano ad espandere ancora di più il campo di derogabilità della direttiva rimpatri. La schizofrenia del sistema non potrà che, inevitabilmente, portare ad un rallentamento se non addirittura ad uno stallo nei negoziati sulla direttiva rimpatri, e data la centralità dei rimpatri nel nuovo Patto, nell’adozione delle proposte del Patto stesso.

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European Papers, Vol. 7, 2022, No 2, European Forum, Insight of 28 July 2022, pp. 545-560
ISSN 2499-8249 - doi: 10.15166/2499-8249/577

* Dottoranda in Diritto dell’Unione europea e ordinamenti nazionali, Università degli Studi di Ferrara, marilu.porchia@unife.it.

[1] Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

[2] G Caggiano, Scritti sul diritto europeo dell’immigrazione (Giappichelli 2020) 5.

[3] Direttiva 2008/115/CE cit., art. 2(2)(a).

[4] Regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone.

[5] L’art. 2(2) della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 1° settembre 2005 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, prevedeva che gli Stati membri potessero decidere di non applicare la direttiva ai cittadini di Paesi terzi cui sia stato rifiutato l’ingresso in una zona di transito di uno Stato membro.

[6] UNHCR, Position on the Proposal for a Directive on Common Standards and Procedures in Member States for Returning Illegally Staying Third-Country Nationals (2008) www.unhcr.org.

[7] Causa C-47/15 Sélina Affum ECLI:EU:C:2016:408 par. 72. Si veda anche S Peers, EU Justice and Home Affairs Law (OUP 2016) 504 e I Majcher, The European Union Returns Directive and its Compatibility With International Human Rights. An Analysis of Return Decision, Entry Ban, Detention and Removal (Brill 2020) par. 1.1.1.2.

[8] Raccomandazione C(2017) 6505 final della Commissione del 16 novembre 2017 che istituisce un manuale comune sul rimpatrio che le autorità competenti degli Stati membri devono utilizzare nell’espletamento dei compiti connessi al rimpatrio, par. 2.1.

[9] Progetto (2018/0329(COD)) della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del 21 febbraio 2020 di relazione sull'attuazione della direttiva rimpatri, emendamento n. 40.

[10] Ibidem, giustificazione all’emendamento n. 40.

[11] Comunicazione COM/2020/609 final della Commissione del 23 settembre 2020 “Un nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo”.

[12] Comunicazione COM(2021) 752 final del Consiglio del 1° dicembre 2021 relativa alla proposta di decisione sulle misure temporanee di emergenza a beneficio di Lettonia, Lituania e Polonia.

[13] Comunicazione COM(2021) 890 final del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2021 relativa alla proposta di regolamento volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell'asilo.

[14] Comunicazione COM(2021) 278 final del Consiglio del 2 giugno 2021 relativa alla proposta di regolamento sull’istituzione e sul funzionamento di un meccanismo di valutazione e monitoraggio per verificare l'applicazione dell'acquis di Schengen, che abroga il regolamento (UE) n. 1053/2013.

[15] Di fatto, ogni proposta presentata dalla Commissione insieme al Patto contiene delle previsioni relative ai rimpatri. Sul punto, R Palladino, ‘Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo: verso nuove regole sui rimpatri’ (18 novembre 2020) Annali AISDUE www.aisdue.eu.

[16] Comunicazione COM(2020) 612 final della Commissione del 23 settembre 2020 relativa alla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce accertamenti nei confronti dei cittadini di paesi terzi alle frontiere esterne e modifica i regolamenti (CE) n. 767/2008, (UE) 2017/2226, (UE) 2018/1240 e (UE) 2019/817.

[17] Comunicazione COM(2020) 611 final della Commissione del 23 settembre 2020 relativa alla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell’Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE.

[18] Corte europea dei diritti dell’uomo N.D. e N.T. c Spagna ricorsi n. 8675/15 e 8697/15 [13 febbraio 2020] par. 209.

[19] Comunicazione COM(2020) 612 final cit.

[20] Ibidem, relazione illustrativa, 2.

[21] Ibidem.

[22] Comunicazione COM(2020) 611 final cit.

[23] Art. 41(7) comunicazione COM(2020) 611final cit.

[24] Ibidem, art. 41(7): Fatti salvi i par. 9 e 11, il richiedente cui è applicata la procedura di frontiera non è autorizzato ad entrare nel territorio dello Stato membro“; par. 9: “Lo Stato membro in cui il richiedente è ricollocato a norma dell'articolo [x] del regolamento (UE) XXX/XXX [regolamento sulla gestione dell'asilo e della migrazione] può applicare, anche nei casi di cui al paragrafo 1, lettera d), la procedura di frontiera se le condizioni per applicarla sono soddisfatte nello Stato membro dal quale il richiedente è ricollocato”; par. 11: “In deroga all'articolo 28 del presente regolamento, la domanda cui è applicata la procedura di frontiera è presentata entro cinque giorni dalla prima registrazione o, in caso di ricollocamento a norma dell'articolo [x] del regolamento (UE) XXX/XXX [regolamento sulla gestione dell'asilo e della migrazione], entro cinque giorni dall'arrivo del richiedente nello Stato membro competente a seguito di un trasferimento a norma dell'articolo 56, paragrafo 1, lettera e), di detto regolamento”; par. 14 della proposta: “il richiedente non è autorizzato ad entrare nel territorio dello Stato membro quando: (a) il suo diritto di rimanere è stato revocato a norma dell'articolo 9, paragrafo 3,lettera a); (b) non ha diritto di rimanere a norma dell'articolo 54 e non ha chiesto entro il termine applicabile l'autorizzazione a rimanere ai fini di una procedura d'impugnazione; (c) non ha diritto di rimanere a norma dell'articolo 54 e il giudice ha stabilito che non è autorizzato a rimanere nelle more dell'esito della procedura d'impugnazione”.

[25] Ibidem, art. 41 bis (8): ”lo Stato membro che, a seguito del rigetto della domanda con procedura richiamata all'articolo 41, dispone il respingimento a norma dell'articolo 14 del regolamento (UE) 2016/399 e che ha deciso di non applicare in tali casi la direttiva rimpatri a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della stessa direttiva, provvede affinché il cittadino di paese terzo o l'apolide colpito dal provvedimento di respingimento goda di un trattamento e di un livello di protezione conformi all'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva rimpatri ed equivalenti a quelli previsti ai paragrafi 2, 4 e 7 del presente articolo”.

[26] Raccomandazione C(2017) 6505 final cit. par.2.1.

[27] Sélina Affum cit. punto 72.

[28] Art. 41a(2) Comunicazione COM(2020) 611 final cit.

[29] Raccomandazione C(2017) 6505 final cit., allegato 1, 16.

[30] European Union Agency for Fundamental Rights, ‘Migration and Fundamental Rights: Issues at Land Borders’ (FRA Report 2020) 8.

[31] Ibidem.

[32] Comunicazione COM(2020) 611 final cit., considerando 40 octies.

[33] Direttiva 2008/115/CE cit., art. 8(4) e (5).

[34] Ibidem, art. 9(2)(a).

[35] Ibidem, art. 14(1)(b) e (d).

[36] Ibidem, art. 16 e 17.

[37] Regolamento (UE) 2016/399 cit., art. 6.

[38] A Fazzini, ‘ “Buoni” e “cattivi” alle frontiere terrestri: la progressiva definizione del divieto di espulsioni collettive a margine della sentenza M.K.’ (2021) Diritti Umani e Diritto Internazionale 534.

[39] Sul punto, si veda: M Pichl and D Schmalz, ‘Unlawful may not mean rightless’ (14 febbraio 2020) Verfassungsblog verfassungsblog.de e C Oviedo Moreno, ‘A Painful Slap from the ECtHR and an Urgent Opportunity for Spain’ (14 febbraio 2020) Verfassungsblog verfassungsblog.de; D Thym, ‘A Restrictionist Revolution? A Counter Intuitive Reading of the ECtHR’s N.D. & N.T. Judgment on Hot Expulsions’ (17 febbraio 2020) EU Migration Law Blog eumigrationlawblog.eu; R Wissing, ‘Push backs of “badly behaving” migrants at Spanish border are not collective expulsions (but might still be illegal refoulements)’ (25 febbraio 2020) Strasbourg Observers strasbourgobservers.com; F Mussi, ‘La sentenza N.D. e N.T. della Corte Europea dei diritti umani: uno schiaffo ai diritti dei migranti alle frontiere terrestri?’ (9 marzo 2020) SIDI Blog www.sidiblog.org; L Leboeuf, ‘Interdiction des expulsions collectives et measures d’expulsion simmédiates et systématiques: la Cour européenne des droits de l’homme entre équilibrisme et contorsions’ (1 aprile 2020) CeDIE uclouvain.be; N Markard, ‘A Hole of Unclear Dimensions: Reading N.D. and N.T. v. Spain’ (1 aprile 2020) EU Migration Law Blog eumigrationlawblog.eu; M Di Filippo, ‘Walking the (barbed) wire of the prohibition of collective expulsions: An assessment of the Strasbourg case law’ (2020) Diritti umani e diritto internazionale 29; S Carrera, ‘The Strasbourg Court Judgment N.D. and N.T. v. Spain: A Carte Blanche to Push Backs at EU External Borders?’ (EUI Working Paper RSCAS 2020/21); E Zaniboni, ‘Contenimento dei flussi migratori e tutela dei diritti fondamentali tra effettività e mito: il divieto di espulsione collettiva di stranieri dopo il caso N.T. e N.D.’ (2020) Studi sull’integrazione europea 711.

[40] A Fazzini, ‘ “Buoni” e “cattivi” alle frontiere terrestri: la progressiva definizione del divieto di espulsioni collettive a margine della sentenza M.K.’ cit. 534.

[41] Comunicazione COM(2021) 752 final cit.

[42] Comunicazione COM(2021) 890 final cit.

[43] Comunicazione COM(2021) 891 final della Commissione del 14 dicembre 2021 relativa alla proposta di modifica del regolamento (UE) 2016/399 che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone.

[44] Comunicazione COM(2021) 752 final cit.

[45] Ibidem art. 4: “La Lettonia, la Lituania e la Polonia possono decidere di non applicare la direttiva 2008/115/CE ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi la cui domanda di protezione internazionale è stata respinta e a cui è stato applicato l'articolo 2”.

[46] Comunicazione COM(2020) 611 final cit.

[47] La proposta consente, nell'ambito della specifica procedura d'asilo, alla Lettonia, alla Lituania e alla Polonia di applicare la procedura di frontiera accelerata per decidere circa l'ammissibilità e il merito di tutte le domande, salvo nei casi in cui non sia possibile fornire un sostegno adeguato ai richiedenti con particolari problemi di salute (Comunicazione COM (2021) 752 final cit., considerando 22).

[48] Comunicazione COM(2021) 752 final cit., art. 2(5): “In deroga all'articolo 43, paragrafo 2, della direttiva procedure, il termine che precede la concessione dell'accesso al territorio può essere esteso a 16 settimane, durante le quali è presa una decisione sulla domanda, anche per quanto riguarda il ricorso”.

[49] Comunicazione COM(2021) 890 final cit.

[50] Comunicazione COM(2021) 891 final cit.

[51] Corte europea dei diritti dell’uomo M.K. e altri c Polonia ricorsi n. 40503/17, 42902/17 e n. 43643/17 [23 luglio 2020] par. 158.

[52] Comunicazione COM(2021) 278 final cit.

[53] Comunicazione COM(2021) 277 final della Commissione del 2 giugno 2021 “Strategia per uno spazio Schengen senza controlli alle frontiere interne pienamente funzionante e resiliente” e Comunicazione COM(2021) 891 final cit.

[54] Risoluzione del Parlamento europeo sulla relazione annuale sul funzionamento dello spazio Schengen (2017/2256(INI) punto 7.

[55] Comunicazione COM(2021) 278 final cit., relazione illustrativa.

[56] Regolamento (UE) 2022/922 del Consiglio del 9 giugno 2022 sull’istituzione e sul funzionamento di un meccanismo di valutazione e di monitoraggio per verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen, che abroga il regolamento (UE) 1053/2013.

[57] Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 7 aprile 2022 sulla proposta di regolamento del Consiglio sull'istituzione e sul funzionamento di un meccanismo di valutazione e monitoraggio per verificare l'applicazione dell'acquis di Schengen, che abroga il regolamento (UE) n. 1053/2013.

[58] Regolamento (UE) 2022/922 cit. considerando 11.

[59] Regolamento (UE) 2022/922 cit. art. 10.

[60] Regolamento (UE) 2022/922 cit. art. 11.

[61] Ibidem par. 3.1.

[62] Causa C-924/19 FMS e altri ECLI:EU:C:2020:367.

 

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