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Abstract: In 1996, the Court of Justice ruled out that prosecutors could refer questions for a preliminary ruling on the grounds that their task is not to settle a dispute in complete independence but to submit it to a court by means of criminal prosecution. In case C-66/20 XK ECLI:EU:C:2021:200, the Court was asked to deal with the same issue in the light of the peculiar EU and national rules governing the execution of European Investigation Orders. The divergent solutions proposed by the AG and the Court of Justice are here illustrated. Subsequently, some thoughts are devoted to prosecutors as European Investigation Order executing authorities, to establish whether they may ensure effective judicial protection. Besides, a potentially problematic aspect resulting from the Court’s ruling is highlighted, which may exclude the referral of preliminary questions by European Investigation Order executing authorities altogether.
Keywords: case XK – preliminary reference – court or tribunal of a Member State – public prosecutor – European Investigation Order – effective judicial protection.
I. Introduzione
Con la sentenza qui in commento,[1] i giudici di Lussemburgo sono tornati a occuparsi di una questione già affrontata in passato: può un pubblico ministero italiano fare rinvio pregiudiziale alla Corte?
Nella sentenza X del 1996, era stata data risposta negativa a tale interrogativo, sulla base del fatto che una Procura della Repubblica non ha il compito di dirimere con assoluta indipendenza una controversia, bensì di sottoporla al giudizio di un organo giurisdizionale tramite l’esercizio dell’azione penale.[2]
La situazione in esame, peculiare in ragione della disciplina di recepimento adottata dall’Italia con riferimento alla direttiva 2014/41 sull’ordine europeo di indagine penale (OEI),[3] ha spinto la Procura di Trento a formulare un rinvio, chiedendo alla Corte di giustizia di rivedere la propria impostazione.
Come noto, il rinvio pregiudiziale ha permesso di realizzare un’azione di supporto da parte della Corte di giustizia in favore dei giudici nazionali ai fini dell’interpretazione e applicazione del diritto dell’Unione,[4] promuovendo un dialogo tra l’una e gli altri che, ispirato a uno spirito di collaborazione,[5] è diventato fondamentale per permettere il funzionamento del sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione.[6] Al riguardo, uno dei temi di cui maggiormente si è occupata la Corte nel corso del tempo ha riguardato la legittimazione ad avviare questo dialogo e, quindi, a sollevare questioni pregiudiziali. L’art. 267 TFUE fa riferimento a “una giurisdizione di uno Stato membro” quale autorità competente a proporre il rinvio pregiudiziale. È risaputo che il concetto in parola si configura come una nozione autonoma di diritto dell’Unione, il cui significato è stato chiarito nel corso del tempo da parte della Corte di giustizia. Si è trattato di una sfida di non poco conto, se si considera che, per quanto l’organizzazione giudiziaria e amministrativa degli Stati membri sia ispirata in generale a principi comuni, essa ha subito “l'influsso di contingenze storiche e di concezioni giuridiche diverse”.[7] Dunque, risulta complicato elaborare un concetto di giurisdizione applicabile in maniera onnicomprensiva in relazione agli ordinamenti di tutti gli Stati membri.[8]
I criteri che hanno guidato l’approccio della Corte alla materia sono stati identificati nell'origine legale dell'organo, nel suo carattere permanente, nell'obbligatorietà della sua giurisdizione, nella natura contraddittoria del procedimento, nel fatto che applichi norme giuridiche e che sia indipendente.[9] Inoltre, è richiesto che sia pendente una lite dinanzi all’organo in parola e che esso sia stato chiamato a decidere nell’ambito di un procedimento destinato a concludersi con una pronuncia di carattere giurisdizionale.[10] In anni recenti, è stato notato che la Corte tende ad attribuire un valore particolare al fatto che il rinvio venga operato nel contesto di un procedimento destinato a concludersi con una decisione a carattere giurisdizionale.[11] Più in generale, è stato detto che, per quanto non sia necessario che tutti i criteri sopra menzionati vengano rispettati, “the Court needs to hear very good arguments to be persuaded of the judicial nature of a body which fails to meet one or more of those”.[12]
La controversia in discussione attiene proprio ai temi ora riassunti. Chiariti allora i termini della causa, si illustreranno le soluzioni divergenti proposte dall’AG e dalla Corte di giustizia, rispettivamente favorevole e contraria all’inclusione del pubblico ministero italiano nel novero dei soggetti abilitati a sollevare un rinvio pregiudiziale. In seguito, si cercherà di stabilire se la Procura quale autorità di esecuzione dell’OEI sia in grado di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva. Al riguardo, si evidenzierà la possibilità di procedere a una riforma della normativa di fonte comunitaria e di quella di recepimento, al fine di assicurare il coinvolgimento di autorità giurisdizionali. Inoltre, si sottolineerà come un profilo del ragionamento della Corte sia, almeno in potenza, estremamente problematico, visto che potrebbe condurre a escludere del tutto la proposizione di questioni pregiudiziali da parte delle autorità di esecuzione degli OEI.
II. La causa XK: la normativa rilevante e il rinvio della Procura di Trento
Con la direttiva 2014/41 è stato portato ordine nella disciplina di diritto dell’Unione europea in materia di ricerca delle prove nei procedimenti penali. In precedenza, infatti, erano state adottate le decisioni quadro 2003/577/GAI e 2008/978/GAI. La prima riguardava, inter alia, il sequestro probatorio e dunque permetteva l’adozione di provvedimenti diretti a evitare che le prove venissero distrutte o alterate.[13] Con la seconda era stato introdotto il mandato europeo di ricerca delle prove, funzionale a ottenere oggetti, documenti e dati utilizzabili nell’ambito di un procedimento penale, purché si trattasse di prove già esistenti.[14]
Si è pertanto ritenuto opportuno intervenire attraverso una normativa che, avendo portata orizzontale, si applicasse a tutti gli atti di indagine connessi all’acquisizione di prove in un altro Stato membro, sostituendosi ai due atti sopra nominati. Ciò ha portato all’adozione della direttiva 2014/41,[15] che disciplina l’OEI. L’autorità giudiziaria di emissione emette l’OEI conformemente al modello riportato in allegato alla direttiva, indicando tutte le informazioni necessarie (in particolare, oggetto e motivi dell’OEI, informazioni sulla persona interessata o sulle persone interessate e descrizione dell'atto o degli atti di indagine richiesti e degli elementi di prova da ottenere). L’OEI viene trasmesso all’autorità giudiziaria di esecuzione la quale, nel rispetto del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, è tenuta a eseguirlo, a meno che non sussista un motivo di rifiuto tipizzato nella direttiva (artt. 5, 7, 9 e 11).
La direttiva definisce cosa si intende per autorità di emissione. Come tale, è identificato (art. 2(c)) un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente, un pubblico ministero o qualsiasi altra autorità che, nel caso di specie, agisca in qualità di autorità inquirente nel procedimento penale e sia competente a disporre l'acquisizione di prove in conformità del diritto nazionale. In quest’ultima ipotesi è richiesta la convalida, previo esame della conformità dell’OEI alle condizioni di emissione poste dalla direttiva, da una delle autorità precedentemente menzionate.
Nella causa qui in discussione, l’OEI era stato emesso dal Finanzamt Münster (ufficio delle imposte di Münster), il quale richiedeva alla Procura di Trento la perquisizione di alcuni locali commerciali nell’ambito di un’indagine per evasione fiscale. Mancando la convalida da parte di un’autorità giudiziaria, la Procura di Trento domandava al Finanzamt Münster di trasmettere una copia dell’OEI opportunamente convalidata, data la natura amministrativa dell’autorità emittente. Il Finanzamt Münster rispondeva che la convalida non era necessaria, dato che, a norma del codice tributario tedesco, il Finanzamt svolge le funzioni di pubblico ministero nei procedimenti per reati fiscali e rientra, pertanto, tra le autorità competenti a emettere OEI senza bisogno di convalida.
La Procura di Trento nutriva dei dubbi al riguardo e, pertanto, decideva di sollevare una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia, al fine di stabilire se la direttiva sull’OEI permetta a uno Stato membro di esonerare un’autorità amministrativa dall’obbligo di far convalidare l’OEI da un’autorità giudiziaria.
Alla base di tale iniziativa, evidentemente contrastante con la sentenza X di cui si è detto sopra, stava una caratteristica della normativa italiana in materia, ritenuta peculiare da parte della Procura di Trento. Infatti, ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 108/2017,[16] spetta al Procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel quale devono essere compiuti gli atti richiesti provvedere al riconoscimento dell'OEI. Avverso il decreto di riconoscimento è ammesso, ex art. 13 del decreto legislativo, che la persona sottoposta a indagini e il suo difensore propongano opposizione al giudice per le indagini preliminari. Nel caso in cui l’autorità di emissione richieda che l’OEI sia eseguito da un giudice oppure ove ciò sia previsto dalla legge italiana, l’art. 5 del decreto legislativo stabilisce che il Procuratore della Repubblica riconosce l’OEI e fa richiesta di esecuzione al giudice per le indagini preliminari. Secondo quanto previsto dall’art. 247 codice di procedura penale, le perquisizioni rientrano tra i mezzi di ricerca delle prove di competenza del pubblico ministero. Quindi, sulla base della disciplina italiana, solamente la Procura di Trento avrebbe potuto eseguire la perquisizione richiesta.
Non essendo così possibile un coinvolgimento del giudice per le indagini preliminari o di altra autorità giurisdizionale, la Procura di Trento riteneva di sollevare essa stessa la questione pregiudiziale. Pur essendo senza dubbio consapevole del precedente rappresentato dalla sentenza X, la Procura era dell’opinione che, in quel caso, si trattava di una questione sollevata da un pubblico ministero nell’ambito di un procedimento penale aperto davanti a sé. Nel caso dell’OEI, invece, la Procura di Trento non era parte del procedimento penale avviato in Germania, non poteva esercitare alcuna azione penale in Italia per il medesimo fatto e, come già precisato, non poteva investire il giudice per le indagini preliminari della questione. In ragione di ciò, si sarebbe dovuto individuare nella stessa Procura l’organo competente a dirimere la controversia e, pertanto, a riferire la questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.[17]
III. La causa XK: le conclusioni dell’AG e la sentenza della Corte di giustizia
L’AG e la Corte di giustizia hanno adottato due impostazioni differenti con riferimento alla ricevibilità del rinvio pregiudiziale.
L’AG Campos Sánchez-Bordona, ribadito che il concetto di giurisdizione degli Stati membri è da intendersi riferito a organi creati in via permanente in forza di una legge, che applicano norme giuridiche nell’ambito di un procedimento in contraddittorio e che sono espressione di una giurisdizione obbligatoria e indipendente, rileva che la Corte ha manifestato un approccio ondivago nel corso del tempo, assumendo infine un orientamento restrittivo.[18]
Richiamandosi alle conclusioni dell’AG Ruiz-Jarabo Colomer in Umweltanwalt von Kärnten, afferma che organi non qualificabili come giurisdizioni in senso stretto sono legittimati a proporre rinvio pregiudiziale ove si verifichi una di due situazioni: l’assenza di rimedi giurisdizionali o l’attribuzione di funzioni giurisdizionali ad organi paragiudiziari, attraverso una previsione di rango costituzionale.[19]
Nel caso concreto, l’AG ritiene che si versi nella prima di queste due eccezioni, atteso il fatto che, nell’ordinamento italiano, è previsto un rimedio giurisdizionale esperibile avverso la decisione della Procura di riconoscere l’OEI, ma non avverso la decisione di negare il riconoscimento. Dunque, solo nella prima ipotesi sarebbe possibile impugnare la decisione della Procura dinanzi a un organo giurisdizionale, ma anche tale circostanza non sarebbe decisiva. La Procura di Trento, infatti, dovrebbe assumere una decisione favorevole al riconoscimento che risulterebbe, a suo modo di vedere, evidentemente viziata, dato che l’OEI è stato emesso da un organo che, secondo la Procura, avrebbe dovuto richiedere la convalida. Dopodiché, bisognerebbe sperare in un’impugnazione da parte della persona sottoposta a indagini, cosa che non può essere in alcun modo garantita. A questo deve aggiungersi che il Finanzamt Münster, a sua volta, non potrebbe fare rinvio alla Corte, in quanto organo amministrativo. Si verrebbe così a creare “un punto cieco” nell’interpretazione del diritto dell’Unione europea, visto che nessun organo sarebbe legittimato a investire la Corte di giustizia della questione pregiudiziale.[20]
Pertanto, secondo l’AG, la Procura di Trento dovrebbe poter sollevare le questioni pregiudiziali dinanzi alla Corte, senza che ciò conduca a mettere in discussione la sentenza X, in quanto quel che assume rilievo non è “la qualità organica o istituzionale della Procura … bensì il ruolo che essa svolge, in qualità di autorità di esecuzione, nell’ambito del procedimento di cui alla direttiva 2014/41”.[21] La Procura, dunque, non sarebbe una parte di un procedimento penale, bensì l’organo “di applicazione nazionale definitiva di una norma europea”.[22]
Sulla base di ciò, l’AG conclude nel senso della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, la quale viene risolta riconoscendo che l’esercizio limitato a talune situazioni di funzioni istruttorie analoghe a quelle di un organo dell’accusa non fa venire meno la natura di organo amministrativo del Finanzamt Münster, che dunque non può emettere OEI senza convalida da parte di un’autorità giudiziaria.[23]
La Corte di giustizia, invece, dichiara irricevibile la domanda. Per quanto la Procura soddisfi i requisiti relativi all’origine legale, al carattere permanente, all’obbligatorietà della sua giurisdizione, all’indipendenza e all’applicazione di norme giuridiche, si ravvisa un problema insormontabile quanto all’esercizio della funzione giurisdizionale.[24]
Infatti, il procedimento in considerazione attiene allo svolgimento di atti di indagine che, per loro natura, sono provvisori. L’autorità di esecuzione non ha il compito di decidere la controversia – attività che spetta alle competenti autorità dello Stato membro di emissione – ma solo di eseguire l’OEI, nel caso in cui siano soddisfatte le condizioni previste dalla direttiva 2014/41. Quindi, quando agisce come autorità di esecuzione, la Procura non opera nel contesto di un procedimento destinato a concludersi con una pronuncia di carattere giurisdizionale.[25]
La mancata previsione di un rimedio esperibile avverso la decisione di non riconoscimento non mette in discussione tale conclusione, atteso il fatto che rimane la natura provvisoria degli atti di indagine.[26]
IV. Considerazioni critiche sul ruolo della Procura della Repubblica quale autorità giudiziaria di esecuzione dell’OEI e sulla risposta della Corte di giustizia
Nel caso qui in discussione, è innegabile che la Procura di Trento non svolga una funzione giurisdizionale, né in generale, né in relazione all’OEI, visto che il suo compito consiste, in questo caso, nell’eseguire atti di indagine, e non nel giudicare la controversia. La preoccupazione espressa dall’AG Campos Sánchez-Bordona quanto all’esistenza di un punto cieco nell’interpretazione del diritto dell’Unione europea è però sicuramente comprensibile. Il Finanzamt Münster non può sollevare quesiti pregiudiziali, in quanto organo amministrativo. La Procura di Trento parimenti non può procedere in tal senso, in quanto organo giudiziario non chiamato a svolgere una funzione giurisdizionale. Il controllo giurisdizionale nello Stato membro di esecuzione ha natura meramente eventuale e può essere attivato soltanto dalla persona sottoposta a indagini nel caso in cui intenda contestare il riconoscimento dell’OEI. Per il caso del mancato riconoscimento, nulla è previsto. Di conseguenza, dubbi quanto all’interpretazione del diritto dell’Unione europea che abbiano a sorgere in un simile contesto dovrebbero essere risolti autonomamente da parte dell’autorità di esecuzione, con il rischio di adottare una soluzione ermeneutica contrastante con quanto ha sostenuto o potrebbe eventualmente sostenere la Corte di giustizia.
Si pone così un problema attinente al principio di tutela giurisdizionale effettiva, sancito dall’art. 19(1) secondo alinea TUE.[27] Come noto, esso costituisce un principio generale di diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, riconosciuto dalla CEDU e affermato all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.[28] Detto principio è intrinsecamente connesso alla tutela dello Stato di diritto, quale valore fondativo dell’Unione ex art. 2 TUE, e da esso consegue che gli Stati membri devono garantire che gli organi rientranti nel sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva.[29] In particolar modo, nella causa Commissione v Polonia (Indipendenza della Corte Suprema), i giudici di Lussemburgo hanno avuto modo di rilevare che, per quanto spetti alla competenza degli Stati membri definire l’organizzazione della giustizia nei loro ordinamenti, comunque gli Stati membri sono tenuti a rispettare gli obblighi posti dal diritto dell’Unione.[30]
Così, per quel che riguarda la causa qui in discussione, emerge un tema che, a opinione di chi scrive, attiene non tanto alla nozione di giurisdizione nazionale ai fini dell’art. 267 TFUE, quanto piuttosto a quella di autorità di esecuzione, come sembra lasciare intendere lo stesso AG, pur senza dedicare molto spazio a ciò. Nelle conclusioni dell’AG Campos Sánchez-Bordona si legge infatti che “il fatto che la Procura di Trento agisca materialmente o funzionalmente come giurisdizione potrebbe rivelare alcune disfunzionalità del diritto nazionale, poiché, in linea di principio, tutti i procedimenti pubblici devono essere soggetti al controllo giurisdizionale”.[31]
Al fine di meglio comprendere a cosa stia facendo riferimento l’AG, giova ricordare la nozione di autorità di esecuzione posta all’art. 2(d) della direttiva sull’OEI. Come tale si intende un'autorità competente a riconoscere un OEI e ad assicurarne l'esecuzione conformemente alla direttiva e alle procedure applicabili in un caso interno analogo. Si specifica che tali procedure potrebbero comportare l'autorizzazione di un organo giurisdizionale nello Stato membro di esecuzione, ove previsto dal diritto nazionale di quest'ultimo.
In ossequio, dunque, al principio di autonomia procedurale degli Stati membri,[32] la direttiva non fornisce indicazioni rispetto a quali autorità debbano essere competenti a eseguire gli OEI, rimettendo la scelta agli Stati. La scelta in favore delle Procure della Repubblica operata nell’ordinamento italiano è allora sicuramente coerente con tale impostazione, oltre che con il fatto che, tradizionalmente, è il pubblico ministero a svolgere attività di indagine.
Tuttavia, deve darsi conto di un orientamento giurisprudenziale emerso in materia di mandato d’arresto europeo (MAE) che potrebbe mettere in discussione tale assunto. Negli ultimi anni, infatti, la Corte di giustizia ha chiarito la nozione di autorità giudiziaria di emissione e, in seguito, ha utilizzato il concetto così elaborato per attribuire significato a quello di autorità giudiziaria di esecuzione. È proprio quest’ultimo concetto che può fornire alcune indicazioni rilevanti ai fini della causa in discussione.
Per completezza, si ricorda che, con riferimento alla nozione di autorità giudiziaria di emissione dei MAE, nelle sentenze Poltorak, Özçelik e Kovalkovas, la Corte di giustizia ha affermato che deve trattarsi di un’autorità chiamata a partecipare all’amministrazione della giustizia nell’ordinamento nazionale e che detta autorità deve svolgere un controllo giudiziario adeguato anteriormente all’emissione del MAE, così da giustificare l’elevato livello di fiducia intercorrente tra gli Stati membri.[33]
In seguito, nella causa OG (Parquet de Lübeck), la Corte, confermando quanto detto ora, ha specificato che, nell’ipotesi in cui la normativa nazionale attribuisca la competenza a emettere un MAE ad autorità che, pur partecipando all’amministrazione della giustizia, non siano giudici od organi giurisdizionali, comunque la decisione di emettere un MAE deve potere formare oggetto di un ricorso giurisdizionale che soddisfi appieno i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva.[34]
È interessante notare che, in forza di quanto affermato dalla Corte in quest’ultimo caso, il controllo assicurato semplicemente da parte di un’autorità giudiziaria non è sufficiente. L’autorità emittente deve essere o un giudice, o un’autorità giurisdizionale, oppure può essere un’autorità giudiziaria avverso le cui decisioni, però, sia comunque prevista una forma di controllo giurisdizionale.
Successivamente, la Corte ha chiarito la nozione di autorità di esecuzione dei MAE, riprendendo l’impostazione di cui si è ora dato conto e affermando che tale è un giudice, un organo giurisdizionale o un’autorità giudiziaria, come per esempio la procura di uno Stato membro, che partecipa all’amministrazione della giustizia di tale Stato membro e gode dell’indipendenza richiesta rispetto al potere esecutivo. Nel caso in cui la normativa dello Stato membro di esecuzione attribuisca la competenza a eseguire un MAE a un’autorità del genere, essa deve svolgere la sua funzione nell’ambito di una procedura che rispetti i requisiti derivanti da una tutela giurisdizionale effettiva.[35]
Ci si può chiedere se la definizione ora richiamata possa essere validamente usata al fine di interpretare la nozione di autorità giudiziaria di esecuzione di un OEI. Da un lato, può notarsi che sia la decisione quadro sul MAE, sia la direttiva sull’OEI sono atti relativi alla cooperazione giudiziaria in materia penale, fondati pertanto sul principio del reciproco riconoscimento. Dall’altro, è vero che la Corte di giustizia, nella sentenza Staatsanwaltschaft Wien (Ordres de virement falsifiés), ha avuto modo di sottolineare l’esistenza di differenze tra i due strumenti per quanto attiene sia alla formulazione di specifiche previsioni,[36] sia alle garanzie che accompagnano l’emissione, la convalida e l’esecuzione di un OEI,[37] sia agli obiettivi perseguiti.[38]
Tuttavia, anche volendo ammettere che la nozione di autorità di esecuzione di un MAE non possa essere utilizzata sic et simpliciter per chiarire cosa sia un’autorità di esecuzione di un OEI, non pare possibile prescindere dal fatto che quest’ultima, nello svolgimento della sua funzione, debba assicurare il rispetto del principio di tutela giurisdizionale effettiva. In particolar modo – si ritiene –, ciò dovrebbe essere garantito con riferimento al fatto che, ai sensi dell’art. 11(1)(f) della direttiva, l’autorità di esecuzione può rifiutare il riconoscimento o l’esecuzione di un OEI se sussistono seri motivi per ritenere che l'esecuzione dell'atto di indagine richiesto sia incompatibile con gli obblighi dello Stato membro di esecuzione come risultanti dall’art. 6 TUE e dalla Carta dei diritti fondamentali.[39]
Viene quindi spontaneo chiedersi come possano essere pienamente garantiti una tutela giurisdizionale effettiva e un controllo quanto alla tutela dei diritti fondamentali se l’autorità di esecuzione non può sollevare rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia.
Il problema è da ricondursi, in primis, alla formulazione della direttiva, tanto ampia da permettere di ricomprendere di sicuro il pubblico ministero italiano tra le autorità di esecuzione. Si registra qui una tensione tra autonomia procedurale e tutela giurisdizionale effettiva nella misura in cui, appunto, il rinvio pregiudiziale non può essere effettuato da un organo di questo tipo nella situazione sopra descritta.
In seconda battuta, la questione riguarda la scelta del legislatore italiano di attribuire la competenza a eseguire gli OEI alle Procure. Pur essendo comprensibile perché ciò sia stato fatto – in ragione sia della formulazione ora ricordata, sia delle funzioni svolte dal pubblico ministero ai fini delle indagini –, è evidente che l’impossibilità di fare rinvii alla Corte si configura come una mancanza significativa.
Sul punto, va notato che, ancorché per ragioni diverse, pronunce rese da parte della Corte di giustizia hanno portato a modifiche importanti quanto alla normativa nazionale di recepimento del MAE. Infatti, a seguito della sentenza OG (Parquet de Lübeck), i MAE tedeschi non vengono più emessi dai pubblici ministeri, bensì da corti. Anche a seguito della pronuncia Poltorak, si è assistito a una riforma in Svezia, dove i MAE vengono ora emessi dai pubblici ministeri.[40] Dunque, i chiarimenti interpretativi offerti da parte della Corte di giustizia, fondati su esigenze di tutela giurisdizionale effettiva, sono stati effettivamente forieri di cambiamenti nelle scelte che, originariamente, si riteneva ricadessero appieno nell’ambito dell’autonomia procedurale degli Stati membri.
Allora, per quanto improbabile, un intervento di riforma sarebbe auspicabile, sia a livello di fonte comunitaria, sia nell’ordinamento italiano, per quanto attiene all’autorità di esecuzione degli OEI, prevedendosi che tale compito sia attribuito a organi giurisdizionali.
Al tempo stesso, si ravvisa nel ragionamento della Corte un elemento che può lasciare perplessi. Si riportano di seguito i par. 41-42 e un passaggio del par. 45 della sentenza XK:
“Come risulta dal considerando 34 della direttiva 2014/41, gli atti di indagine previsti da un ordine europeo di indagine hanno per loro natura carattere provvisorio. La loro esecuzione ha come unico scopo di ottenere delle prove e, qualora siano soddisfatte le condizioni necessarie a tal fine, di trasmetterle all’autorità di emissione, contemplata dall’articolo 2, lettera c), di tale direttiva. In tali circostanze, l’autorità di esecuzione, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), di detta direttiva, che procede al riconoscimento e all’esecuzione di un ordine europeo di indagine, non può essere considerata incaricata di «emanare una sentenza», ai sensi dell’articolo 267 TFUE. A tal riguardo, spetta esclusivamente alle autorità giudiziarie competenti dello Stato membro di emissione pronunciarsi definitivamente su tali prove nell’ambito del procedimento penale avviato in quest’ultimo… le decisioni dirette al riconoscimento e all’esecuzione di un siffatto ordine europeo di indagine non sono pertanto assimilabili a decisioni di carattere giurisdizionale”.
Per via della loro formulazione, può ritenersi che le affermazioni qui operate siano suscettibili di un’applicazione generalizzata, nei confronti, quindi, di qualunque autorità di esecuzione di un OEI. Tale autorità compie atti di indagine aventi carattere provvisorio e non spetta a essa decidere sulle prove nell’ambito del procedimento penale. La conseguenza dovrebbe essere, allora, che nessuna autorità di esecuzione di OEI è mai legittimata a sollevare questioni pregiudiziali, perché il compito spetta solo all’autorità dello Stato membro di emissione incaricata di decidere della controversia.
Stando così le cose, viene spontaneo chiedersi perché la Corte abbia dichiarato ricevibili le questioni pregiudiziali nella già menzionata causa Staatsanwaltschaft Wien (Ordres de virement falsifiés), sollevate dal Landesgericht für Strafsachen Wien (Tribunale del Land in materia penale di Vienna) quale autorità alla quale si era rivolta la Procura di Vienna al fine di autorizzare l’atto di indagine, funzionale a ottenere la trasmissione di copie di estratti conto, richieste tramite l’OEI. Anche in tale caso, infatti, l’atto da eseguire era un atto di indagine avente natura provvisoria e l’autorità di esecuzione non era chiamata a decidere sulle prove nell’ambito del procedimento penale principale.
Il problema di fondo sembra riguardare la differenza tra natura giurisdizionale dell’autorità rimettente e natura giurisdizionale del procedimento che si svolge dinanzi a essa. Come riconosciuto nella sentenza X, il pubblico ministero italiano non svolge una funzione giurisdizionale e, per questo, non è legittimato a sollevare questioni pregiudiziali. Nella sentenza XK, la Corte sembra sostenere che l’esecuzione di atti di indagine richiesti tramite l’OEI non possa avere mai natura giurisdizionale, per via della natura provvisoria degli atti in parola. Allora, la conseguenza dovrebbe essere che, a prescindere dalla natura degli organi competenti nei diversi Stati membri quanto all’esecuzione degli OEI, detti organi non potrebbero mai ricorrere allo strumento del rinvio pregiudiziale.
Alla luce della prassi precedente, sembra potersi escludere che la Corte abbia voluto sostenere una simile interpretazione, che si porrebbe in patente contrasto con il principio di tutela giurisdizionale effettiva. È indubbio, però, che il riferimento al carattere provvisorio degli atti di indagine sia un argomento la cui gestione può essere foriera di difficoltà.
V. Conclusioni
È stato attraverso sentenze rese in via pregiudiziale che la Corte ha potuto rendere la maggior parte dei suoi grands arrêts, definendo “gradualmente la fisionomia di un «ordinamento giuridico di nuovo genere», caratterizzato da una marcata autonomia e da un proprio sistema di principi e di valori”.[41] Riprendendo le parole dei giudici di Lussemburgo, il rinvio pregiudiziale si configura come “la chiave di volta del sistema giurisdizionale […] il quale, instaurando un dialogo da giudice a giudice proprio tra la Corte e i giudici degli Stati membri, mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione […], permettendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati”.[42] Da Van Gend en Loos e Costa v ENEL ad Åkerberg Fransson, da Stauder ad Aranyosi e Căldăraru e Taricco,[43] il rinvio pregiudiziale è stato (quasi) sempre il meccanismo mediante il quale la Corte è giunta a rendere le sue pronunce più significative, riuscendo così a trasformare un diritto di matrice internazionalistica in un diritto sovranazionale.[44]
L’importanza di tale strumento permette di comprendere l’esigenza di definire e applicare attentamente i criteri sulla base dei quali valutare se un organo nazionale possa essere considerato una giurisdizione di uno Stato membro e possa, pertanto, investire la Corte di giustizia di questioni pregiudiziali. Tuttavia, come si diceva in precedenza, l’applicazione di detti criteri non è sempre stata uniforme, il che ha portato all’emersione di critiche nei confronti dell’approccio della Corte. La più nota di queste è quella dell’AG Ruiz-Jarabo Colomer nella causa De Coster. Secondo l’AG, la giurisprudenza della Corte in materia è “eccessivamente flessibile”, “priva della necessaria coerenza, con la mancanza di certezza del diritto che ciò comporta” e “casistica, molto elastica e poco scientifica, con contorni così sfumati che potrebbe rendere ricevibile una questione pregiudiziale proposta da Sancho Panza in qualità di governatore dell'isola di Baratteria”.[45]
La sentenza resa nella causa XK si pone in linea di continuità rispetto alla sentenza X quanto all’esito, ossia quanto al fatto che il pubblico ministero italiano non possa riferire questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia. Ciò può essere salutato con favore in quanto esprime un approccio coerente e invariato al tema. Tuttavia, vi sono degli aspetti relativi a questa controversia che sollevano dei dubbi e che portano a ritenere che saranno necessari in futuro degli ulteriori interventi, di matrice normativa o giurisprudenziale.
Da un lato, infatti, andrebbero riviste la formulazione adottata a livello di fonte comunitaria quanto alla nozione di autorità di esecuzione e la scelta compiuta nell’ordinamento italiano di attribuire alla Procura il compito di autorità di esecuzione di OEI. Pur essendo queste coerenti con il principio di autonomia procedurale, vi sono delle difficoltà connesse alla tenuta del principio di tutela giurisdizionale effettiva che imporrebbero una nuova riflessione.
Dall’altro lato, è probabile che il ragionamento della Corte si spinga troppo in là al fine di escludere la natura della Procura quale giurisdizione. Mentre, nella sentenza X, i giudici di Lussemburgo avevano fondato il loro convincimento sulla considerazione di come la Procura non abbia il compito di dirimere con assoluta indipendenza una controversia, in XK hanno ritenuto che l’esecuzione degli atti di indagine non integri lo svolgimento di una funzione giurisdizionale, visto che quegli atti sarebbero provvisori. Tuttavia, tale affermazione, resa in termini generali e dunque riferibile a qualunque caso di esecuzione di OEI, rischia di escludere qualunque autorità di esecuzione dalla possibilità di fare rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Ciò si porrebbe in contrasto sia con il fatto che la Corte abbia dichiarato ricevibili questioni pregiudiziali formulate in passato da autorità di esecuzione, sia con la possibilità di assicurare una tutela effettiva nel sistema dell’OEI. Sembra dunque che chiarimenti ulteriori siano necessari.
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European Papers, Vol. 7, 2022, No 1, European Forum, Insight of 22 March 2022, pp. 1-14
ISSN 2499-8249 - doi: 10.15166/2499-8249/541
* Docente a contratto di Diritto internazionale e Diritto dell'Unione europea, Università della Valle d'Aosta, a.rosano@univda.it.
[1] Causa C-66/20 XK ECLI:EU:C:2021:670.
[2] Cause riunite C-74/95 e C-129/95 X ECLI:EU:C:1996:491 par. 18-19.
[3] Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa all'ordine europeo di indagine penale.
[4] A Tizzano, ‘Il rinvio pregiudiziale e la prassi dei giudici italiani’ (2018) Il Diritto dell’Unione europea 403.
[5] Causa C-244/80 Foglia v Novello ECLI:EU:C:1981:302 par. 20.
[6] Sul tema del dialogo, T von Danwitz, ‘Le dialogue de juge a juge – considérations sur les devoirs réciproques des juges dans le cadre de la coopération juridictionnelle instaurée par l’article 267 du TFUE’ in K Lenaerts e A Tizzano (a cura di), Liber amicorum Vassilios Skouris. La Cour de justice de l’Union européenne sous la présidence de Vassilios Skouris (2003-2015) (Bruylant 2015) 717-719.
[7] Si veda, per esempio, causa C-246/80 Broekmeulen v Huisarts Registratie Commissie ECLI:EU:C:1981:150, conclusioni dell’AG Reischl.
[8] Cause riunite C-58/13 e C-59/13 Torresi ECLI:EU:C:2014:265, conclusioni dell’AG Wahl, par. 27.
[9] Ex multis, causa C-54/96 Dorsch Consult Ingenieursgesellschaft v Bundesbaugesellschaft Berlin ECLI:EU:C:1997:413 par. 23 e giurisprudenza ivi citata.
[10] Ex multis, causa C-53/03 Syfait e a. ECLI:EU:C:2005:333 par. 29 e giurisprudenza ivi citata.
[11] M Broberg, ‘Preliminary References by Public Administrative Bodies: When Are Public Administrative Bodies Competent to Make Preliminary References to the European Court of Justice?’ (2009) EPL 215.
[12] N Wahl e L Prete, ‘The Gatekeepers of Article 267 TFEU: On Jurisdiction and Admissibility of References for Preliminary Rulings’ (2018) CMLRev 524.
[13] Decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio.
[14] Decisione quadro 2008/978/GAI del Consiglio del 18 dicembre 2008 relativa al mandato europeo di ricerca delle prove diretto all’acquisizione di oggetti, documenti e dati da utilizzare nei procedimenti penali. Ai sensi dell’art. 4(2), il mandato non era ammesso allo scopo di richiedere all’autorità di esecuzione di condurre interrogatori, raccogliere dichiarazioni o avviare altri tipi di audizioni di indiziati, testimoni, periti o di qualsiasi altra parte; procedere ad accertamenti corporali o prelevare materiale biologico o dati biometrici direttamente dal corpo di una persona, ivi compresi campioni di DNA o impronte digitali; acquisire informazioni in tempo reale, ad esempio attraverso l’intercettazione di comunicazioni, la sorveglianza discreta dell’indiziato o il controllo dei movimenti su conti bancari; condurre analisi di oggetti, documenti o dati esistenti; ottenere dati sulle comunicazioni conservati dai fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico o di una rete pubblica di comunicazione.
[15] Sulla quale, M Caianiello, ‘La nuova direttiva UE sull’ordine europeo di indagine penale tra mutuo riconoscimento e ammissione reciproca delle prove’ (2015) Processo penale e giustizia 1; M Daniele, ‘La metamorfosi del diritto delle prove nella direttiva sull’ordine europeo di indagine penale’ (2015) Diritto penale contemporaneo 86; S Montaldo, ‘A Caccia di… Prove. L’ordine europeo di indagine penale tra complesse stratificazioni normative e recepimento nell'ordinamento italiano’ (2017) Giurisprudenza penale 1; e F Ruggeri, ‘Le nuove frontiere dell’assistenza penale internazionale: l’ordine europeo di indagine penale’ (2018) Processo penale e giustizia 131.
[16] Decreto legislativo del 21 giugno 2017 n. 108 recante “Norme di attuazione della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo di indagine penale”.
[17] Si veda il provvedimento di rinvio disponibile nel sito della Corte di giustizia curia.europa.eu.
[18] Causa C-66/20 XK ECLI:EU:C:2021:200, conclusioni dell’AG Campos Sánchez-Bordona, par. 30-33 e 43-44.
[19] Ibid., par. 49, con riferimento a causa C-205/08 Umweltanwalt von Kärnten ECLI:EU:C:2009:397, conclusioni dell’AG Ruiz-Jarabo Colomer, par. 40-49.
[20] XK, conclusioni dell’AG Campos Sánchez-Bordona, cit. par. 55-56 e 61.
[21] Ibid., par. 52-53, 61 e 63.
[22] Ibid., par. 64.
[23] Ibid., par. 93.
[24] XK cit. par. 35-36.
[25] Ibid., par. 41-43.
[26] Ibid., par. 44-45.
[27] Nella vastissima produzione dottrinale sul tema, si possono vedere A Arnull, ‘The Principle of Effective Judicial Protection in EU law: An Unruly Horse?’ (2011) ELR 51; P Piva, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale nel diritto dell’Unione europea (Jovene editore 2012); M Safjan e D Düsterhaus, ‘A Union of Effective Judicial Protection: Addressing a Multi-level Challenge through the Lens of Article 47 CFREU’ (2014) Yearbook of European Law 3; ME Bartoloni, ‘La natura poliedrica del principio della tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’art. 19, par.1, TUE’ (2019) Il Diritto dell’Unione europea 245; e S Prechal, ‘Effective Judicial Protection: Recent Developments – Moving to the Essence’ (2020) Review of European Administrative Law 175.
[28] Il legame tra art. 19 TUE e art. 47 della Carta è da ricondursi al fatto che, per garantire la tutela giurisdizionale effettiva, si rende necessario preservare l’indipendenza degli organi di giustizia, come confermato dall’art. 47, che pone l’accesso a un giudice indipendente tra i requisiti connessi al diritto fondamentale a un ricorso effettivo (causa C-64/16 Associação Sindical dos Juízes Portugueses ECLI:EU:C:2018:117 par. 41).
[29] Ibid., par. 34-37. Per un commento alla sentenza, si rinvia ad A Miglio, ‘Indipendenza del giudice, crisi dello stato di diritto e tutela giurisdizionale effettiva negli Stati membri dell’Unione europea’ (2018) Diritti umani e diritto internazionale 421; e M Parodi, ‘Il controllo della corte di giustizia sul rispetto del principio dello stato di diritto da parte degli Stati membri: alcune riflessioni in margine alla sentenza Associação Sindical dos Juízes Portugueses’ (2018) European Papers 985 www.europeanpapers.eu.
[30] Causa C-619/18 Commissione v Polonia (Indipendenza della Corte Suprema) ECLI:EU:C:2019:531 par. 52.
[31] XK, conclusioni dell’AG Campos Sánchez-Bordona, cit. par. 66. I corsivi sono dell’AG.
[32] Per delle prime indicazioni su questo vasto tema, CM Kakouris, ‘Do the Member States Possess Judicial Procedural “Autonomy”?’ (1997) CMLRev 1389; DU Galetta, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione Europea: «Paradise Lost?» (Giappichelli 2009); e G Vitale, Diritto processuale nazionale e diritto dell’Unione europea. L’autonomia procedurale degli Stati membri in settori a diverso livello di “europeizzazione” (Editpress 2010).
[33] Si vedano causa C-452/16 PPU Poltorak ECLI:EU:C:2016:858; causa C-453/16 Özçelik ECLI:EU:C:2016:860 e causa C-477/16 Kovalkovas ECLI:EU:C:2016:861.
[34] Cause riunite C-508/18 e C-82/19 OG (Parquet de Lübeck) ECLI:EU:C:2019:456 par. 70 e 75. Inoltre, è stata sottolineata l’esigenza di prevedere regole statutarie e organizzative che tutelino l’indipendenza delle autorità di emissione.
[35] Causa C-510/19 Openbaar Ministerie (Faux en écritures) ECLI:EU:C:2020:953 par. 54.
[36] Causa C-584/19 Staatsanwaltschaft Wien (Ordres de virement falsifiés) ECLI:EU:C:2020:1002 par. 50. Si pensi, per esempio, al fatto che il Pubblico Ministero è espressamente contemplato tra le autorità emittenti nella direttiva sull’OEI.
[37] Ibid., par. 57, 59 e 60-61. L’emissione dell’OEI o la sua convalida sono subordinate al fatto che siano necessarie e proporzionate alle finalità dei procedimenti, tenuto conto dei diritti della persona sottoposta a indagini o dell’imputato, e al fatto che l’atto o gli atti di indagine avrebbero potuto essere disposti alle stesse condizioni in un caso interno analogo. Inoltre, deve essere garantito il rispetto dei diritti previsti dalla Carta dei diritti fondamentali, in particolare per quel che riguarda il diritto alla presunzione di innocenza e i diritti della difesa, ed eventuali limitazioni devono rispettare i requisiti posti dall’art. 52, par. 1, della Carta. Infine, mezzi di impugnazione almeno equivalenti a quelli disponibili in un caso interno analogo devono essere applicabili agli atti di indagine richiesti e le persone interessate dall’OEI devono disporre di informazioni sufficienti al riguardo.
[38] Ibid., par. 70-71. La direttiva sull’OEI mira a introdurre una cooperazione semplificata ed efficace tra gli Stati membri con riferimento a provvedimenti provvisori funzionali all’acquisizione di prove, a differenza della decisione quadro sul MAE, che mira a permettere la consegna di soggetti al fine di sottoporli a processo o di eseguire una pena privativa della libertà personale o una misura di sicurezza parimenti privativa della libertà personale inflitta nei loro confronti.
[39] Assumendo il punto di vista della persona interessata dall’OEI, è evidente che il problema si pone nel momento in cui il rifiuto dell’esecuzione riguardi prove a discarico. È presumibile che il medesimo soggetto non avrebbe ragione di protestare per l’assenza di rimedi giurisdizionali esperibili nel caso in cui il rifiuto dell’esecuzione attenga ad atti di indagine che porterebbero all’acquisizione di prove a carico.
[40] Per le informazioni necessarie quanto alle autorità di emissione dei MAE si veda db.eurocrim.org.
[41] A Adinolfi, ‘I fondamenti del diritto dell’UE nella giurisprudenza della Corte di giustizia: il rinvio pregiudiziale’ (2019) I Post di AISDUE www.aisdue.eu 197.
[42] Avis 2/13 Adhésion de l’Union à la CEDH ECLI:EU:C:2014:2454 par. 176
[43] Causa C-32/84 Van Gend & Loos v Inspecteur des Invoerrechten en Accijknzen ECLI:EU:C:1985:104; causa C-6/64 Costa v ENEL ECLI:EU:C:1964:66; causa C-617/10 Åkerberg Fransson ECLI:EU:C:2013:280; causa C-29/69 Stauder v Stadt Ulm ECLI:EU:C:1969:57; cause riunite C-404/15 e C-659/15 Aranyosi e Căldăraru ECLI:EU:C:2016:198; causa C-105/14 Taricco e Altri ECLI:EU:C:2015:555.
[44] KJ Alter, Establishing the Supremacy of European Law: The Making of an International Rule of Law in Europe (Oxford University Press 2003) e AF Miller, ‘The Preliminary Reference Procedure of the Court of Justice of the European Communities: A Model for the ICJ’ (2009) HastingsIntl&CompLRev 669.
[45] Causa C-17/00 De Coster ECLI:EU:C:2001:366, conclusioni dell’AG Ruiz-Jarabo Colomer, par. 14. Si segnala anche la causa C-363/11 Epitropos tou Elegktikou Synedriou ECLI:EU:C:2012:584, conclusioni dell’AG Sharpston, par. 31, in cui l’AG ha affermato che la Corte di giustizia potrebbe avere elaborato una posizione intermedia tra il formalismo tipicamente mediterraneo e l’assenza di formalismo caratteristica del mondo anglo-scandinavo.